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Tag: successo

Consigli alle startup: come gestire il lancio di un nuovo prodotto sul mercato

Janine Popick è founder e CEO della “VerticalResponse”, una società di commercializzazione specializzata in web-based marketing software con sede a San Francisco. Recentemente Inc.com ha pubblicato un suo post, nel quale racconta la sua esperienza della più grande release fatta dalla società negli ultimi 13 anni.

Di recente, infatti, la VerticalResponse ha affrontato un’esperienza di totale riscrittura da zero del codice, allo scopo di poter offrire ai suoi clienti un prodotto totalmente nuovo, che andasse ad integrare tutte le più recenti innovazioni tecnologiche.
Il progetto di innovazione della VerticalResponse, inoltre, è stato affidato ad un team totalmente nuovo: si tratta quindi di una situazione che può essere d’esempio sia per una startup che per un’azienda già avviata che decide di implementare un’innovazione di prodotto.

Ecco alcuni degli insegnamenti utili che Janine Popick ha ricavato dalla sua esperienza per la release di VerticalResponse:

1) I team vogliono lavorare insieme. Hanno solo bisogno che gli si dia un motivo per farlo.

Il team di VerticalResponse voleva offrire ai propri clienti il miglior prodotto possibile, ed era impossibile farlo con le tecnologie esistenti in azienda. Volevano anche creare un prodotto gratuito per piccole imprese in fase di startup.

Per farlo, il team si è riunito e ha iniziato a confrontarsi per capire chi erano i clienti, di cosa avevano bisogno e come la VerticalResponse poteva risolvere i loro problemi.
E’ stato fatto un piano con le attività da completare, a breve e a lungo termine.

Al termine della riunione, ciascun componente del team sapeva cosa avrebbe dovuto fare, di quali competenze aveva bisogno, quale era la vision aziendale e come comportarsi per raggiungerla. Il risultato è stato una strategia concreta su come e quando il nuovo software sarebbe stato lanciato sul mercato.

2) Tutti vogliono raggiungere il successo, ma come?

Qual è il successo che vogliamo ottenere? Quali indicatori chiave di performance utilizzeremo per monitorarlo e misurarlo? Occorre avere dati e informazioni facilmente accessibili e comprensibili per tutti i livelli aziendali.

Dare accesso ai risultati di ciò che si sta facendo è importante. Il team deve essere informato ed aggiornato sull’evolversi dei processi aziendali e del piano nel suo complesso. Occorre quindi far circolare le informazioni in maniera efficace e trasparente.

VerticalResponse ha deciso di tenere informati i componenti del team attraverso un sistema di comunicazione che invia a tutto il team una mail ogni volta che qualcuno acquista il nuovo prodotto: può sembrare eccessivo, ma sapere che i clienti rispondono positivamente al lavoro fatto riesce a strappare un sorriso a tutti.

3) Bisogna dire alle persone che hanno fatto un buon lavoro.

L’intera squadra aziendale lavora per costruire il successo dell’impresa, ed è importante riconoscere regolarmente gli sforzi di ognuno. Questo fa sentire le persone soddisfatte del modo in cui contribuiscono al risultato dell’azienda e aiuta a tenere alto il livello di entusiasmo per il lavoro.

Nell’esperienza di VerticalResponse, le persone hanno lavorato di notte, hanno fatto il doppio delle ore di lavoro, hanno contribuito in ogni modo possibile al lancio del nuovo prodotto: è stato un lavoro duro ed incredibile, ed era fondamentale che le persone coinvolte lo sapessero.

4) Quando tutto è finito, in realtà è appena iniziato.

Il post di Janine Popick si chiude con questa consapevolezza: quando tutto il lavoro per il lancio è finito, e il prodotto è finalmente sul mercato, il team si trova di fronte al vero banco di prova. Ci saranno nuove metriche da misurare, nuovi risultati da raggiungere: tutto è più facile se si riesce a prenderla come un’avventura.

Per leggere il post originale da Inc.com: http://www.inc.com/janine-popick/4-things-i-learned-from-the-biggest-software-release-in-our-history.html

Napoli, 09/04/2014

Consigli a startup e imprese – Semplicità e cambio di prospettiva: i segreti per l’innovazione di successo

Serve davvero un’idea rivoluzionaria per avere successo nel mondo imprenditoriale? A questa domanda prova a rispondere Stephen Key, inventor e co-founder di InventRight, società americana specializzata nel sostenere gli imprenditori nel lancio di nuove idee sul mercato, con un recente post pubblicato da Entrepreuner nella sezione dedicata alle startup.

Secondo l’autore, la maggior parte degli imprenditori è convinta che sia necessario avere una grande idea rivoluzionaria per avere davvero successo sul mercato: in realtà, Key sostiene che questa concezione è molto lontana dalla verità, e motiva la sua convinzione basandosi sulla naturale tendenza umana ad evitare il cambiamento, soprattutto quando si tratta di un cambiamento comportamentale.

Inoltre, le idee davvero disruptive, che portano a cambiamenti epocali (Key utilizza come esempio l’I-Phone) sono davvero poche e rare: ecco perché il motto cui Key si è sempre affidato, nei suoi 20 anni di esperienza come imprenditore ed innovatore, è “keep it simple”. Le idee semplici sono sempre le più facili da lanciare sul mercato, anche perché le idee rivoluzionarie sono particolarmente costose in termini di risorse e tempi richiesti per la realizzazione. Ecco quindi che, nella maggior parte dei casi, può essere molto più semplice e remunerativo per un imprenditore concentrarsi sul miglioramento di un’idea già esistente.

Il vantaggio del concentrare la propria attività sul miglioramento di un prodotto già esistente sta nel fatto che si può contare sulla presenza del prodotto sul mercato: un vantaggio che Key definisce enorme. Questo perché, anche se si può contare su un’idea creativa ed innovativa, l’unico vero modo per sapere se ci sono potenziali clienti disposti a pagare per il vostro prodotto è testarlo ampiamente sul mercato. Testare un’idea può essere un lavoro costoso, che richiede inoltre molto tempo: ecco perché è vantaggioso concentrarsi sull’innovazione di un prodotto già esistente. Come afferma l’autore del post, “in poche parole, c’è un rischio minore”.

Spesso si sente dire che, per essere creativi, è necessario “think outside the box”. Il “guru” americano del marketing Seth Godin afferma invece che bisogna “think next the box”. Stephen Key è convinto che a volte basta semplicemente “girare la scatola”, guardare le cose da una diversa prospettiva, per farsi venire in mente un’idea brillante e innovativa.

Il post prosegue con un esempio di idea semplice di successo: nel 1991, Paul Brown ebbe un’idea molto smart che verrà poi utilizzata dal colosso americano Heinz. Il problema da risolvere era quello di modificare le bottiglie di ketchup in modo da far fuoriuscire il prodotto senza gocciolare. L’idea vincente fu quella di adattare alle bottiglie di ketchup il sistema utilizzato per le bottiglie di shampoo, con una valvola in silicone con fessure che si aprono quando si schiaccia la bottiglia e si chiudono quando si smette di fare pressione, evitando la fuoriuscita del prodotto. Nel 1995, l’idea fruttò a Brown circa 13 milioni di dollari.

L’idea è nata traendo ispirazione dall’osservazione di ciò che è intorno a ciascuno di noi: è proprio questo, secondo Key, uno dei modi più semplici ed affidabili per ottenere un’innovazione di successo.

Per leggere il post originale: http://www.entrepreneur.com/article/231466

Napoli, 13/02/2014

Consigli per startup e imprese: Quali sono gli elementi di una cultura aziendale vincente?

Il blog della Harvard Business Review ha recentemente pubblicato un interessante contributo firmato da Michael C. Mankins, partner di una delle più importanti società di consulenza manageriale a livello globale: Bain & Company, organizzazione con base a San Francisco e sedi dislocate in tutto il mondo.

Il post riguarda il tema della Cultura aziendale, e di quali siano le basi e gli elementi indispensabili per costruire una cultura vincente per un’azienda: secondo Mankins, infatti, la cultura aziendale può rappresentare una fonte duratura di vantaggio competitivo, essendo al tempo stesso il collante che tiene unita l’azienda e la cosa più difficile da replicare per la concorrenza.

Mankins inizia elencando alcuni esempi rappresentantivi in materia:
Kent Thiry con DaVita (compagnia statunitense leader nel mercato HealthCare), che ha trasformato il business da inseguitore a principale fornitore di servizi per la dialisi a livello globale attraverso la costruzione di una cultura values-focused;

Alan Mulally con Ford Motor Company, che grazie allo spirito working–together è riuscito a riportare la casa automobilistica ad un livello elevato sul mercato internazionale dopo alcuni anni di continuo calo delle quote di mercato;

Herb Kelleher di Southwest Airlines, che ha permesso alla compagnia di diventare uno dei migliori vettori del mondo basandosi su una cultura di empowerment dei dipendenti ed una politica di contenimento dei costi;

Steve Jobs, che ha trasformato la Apple nell’azienda più redditizia del mondo con una cultura stimolante basata sugli slogan “reality is suspended” e “anything is possible”.

Secondo l’autore del post è però fondamentale mettere in chiaro che non sempre la cultura aziendale è fonte di successo: secondo una ricerca effettuata da Bain & Company su un campione di 400 grandi aziende, infatti, meno di uno su quattro dirigenti dichiarano che la cultura sia stata un elemento efficace per le prestazioni di business dell’azienda. Anzi, nella maggioranza dei casi, i dirigenti dichiarano che la cultura della società spessò non è collegata a ciò che effettivamente serve all’azienda per ottenere risultati sul mercato.

A parere di Mankins questa disconnessione nasce dal fatto che spesso le aziende pensano alla cultura aziendale come a un elemento che debba far sentire i dipendenti a proprio agio nel luogo in cui lavorano e non come un modo per aiutare i dipendenti (e di conseguenza la società) ad ottenere un rendimento migliore. In realtà bisogna sempre tenere ben presente il fatto che le culture vincenti non possono basarsi solo sul senso di appartenenza, ma devono essere assolutamente focalizzate sui risultati.

Partendo da questo punto di vista, e dai risultati della ricerca di Bain & Company, Mankins arriva alla conclusione che una cultura aziendale vincente si basa su due elementi connessi tra loro, che si rinforzano a vicenda in un circolo virtuoso.

In primo luogo, tutte le aziende ad alte prestazioni si contraddistinguono per un’identità unica, per una serie di caratteristiche peculiari che la differenziano dalle altre società. Queste caratteristiche conferiscono ai dipendenti un senso di unicità per la sola appartenenza alla società, che si traduce nella passione per ciò che fanno.

L’esempio riportato da Mankins è ancora una volta quello di Southwest Airlines: sotto la guida del già citato Herb Kelleher, la compagnia divenne ben presto nota per il suo senso dell’umorismo, la sua irriverenza e la sua attitudine a concentrarsi sui dipendenti. Questa identità unica e distintiva ha fatto ben presto di Southwest Airlines una compagnia famosa per aver reso il volo un’attività divertente per i passeggeri, ma ha anche aumentato la produttività della forza lavoro. Gli stessi dipendenti si sono adoperati per migliorare le prestazioni e i servizi dell’azienda, lavorando ad esempio alla pulizia degli aerei, riducendo i tempi di attesa, rendendo più efficace il sistema di manutenzione: il risultato è che Southwest Airlines è oggi il vettore low-cost più grande del mondo ed è costantemente in cima alle classifiche delle compagnie aeree più redditizie.

Ma la cultura aziendale non può basarsi esclusivamente su un’identità unica: il secondo elemento di cui parla Mankins è un insieme di attributi di performance che si allineano alla strategia aziendale e rafforzano i comportamenti positivi dei dipendenti. La ricerca di Bain & Company ne ha evidenziati sette:

Onestà: elevata integrità in tutte le interazioni tra dipendenti, clienti, fornitori e altri soggetti interessati;

Performance-focused: e attività di sviluppo e di gestione dei talenti sono in sintonia con i drivers della prestazione;

Responsabili e proprietà: ruoli, responsabilità e autorità sono tesi a rafforzare la proprietà e ciò incide positivamente sul lavoro e dei risultati;

Collaborazione: è risaputo che le migliori idee nascono dallo scambio e la condivisione di idee tra individui e gruppi, e questa modalità è abitualmente utilizzata in aziende ad elevate prestazioni;

Flessibilità e adattività: l’azienda è in grado di cambiare rotta quando necessario e adattarsi ai cambiamenti dell’ambiente esterno;

Innovatività: i dipendenti si muovono verso modi di pensare nuovi.

Orientata verso il successo: vi è una forte ambizione e orientamento al successo, sia rispetto alla concorrenza che verso alcuni standard di assoluta eccellenza.

Mankins specifica però che sono poche le aziende in possesso di tutti gli attributi elencati, ma tipicamente le aziende con le migliori performance spiccano in almeno tre o quattro di questi fattori critici per il successo.

Ancora una volta Mankins riprende un esempio tra quelli elencati in apertura: Alan Mulally, CEO della Ford dal 2006, ha concentrato una produzione dispersiva su un solo modello di automobile lavorando con un metodo fondato sulla collaborazione, l’innovazione e il desiderio di tornare ad essere leader di mercato. In soli tre anni, Ford ha ricominciato a crescere in termini di fatturato e di quote di mercato, invertendo la rotta rispetto alla situazione di calo degli anni precedenti.

In conclusione, Mankins afferma che una cultura vincente ha un ruolo fondamentale per le prestazioni aziendali, e che questo tipo di cultura genera risultati migliori non solo nei dipendenti, ma anche per i clienti, i fornitori e gli azionisti.

Per leggere il post originale, il link di riferimento è: http://blogs.hbr.org/2013/12/the-definitive-elements-of-a-winning-culture/

Napoli, 20/12/2013

Consigli alle startup: Quali sono le skills che un imprenditore di successo deve possedere?

Sujan Patel è founder e CEO di Single Grain, una delle più importanti agenzie di Digital Marketing con sede a San Francisco: con un post recentemente apparso sul sito Business2Community prova a delineare l’identikit del perfetto imprenditore, attraverso le skills che caratterizzano alcuni tra i migliori imprenditori della storia.

Secondo Patel, non esiste probabilmente un lavoro al mondo che richieda maggiori skills di quello dell’imprenditore: bisogna occuparsi di ogni aspetto dell’azienda, essere sì un visionario (come pensava Steve Jobs) ma anche un team leader, un project manager, un assistente amministrativo, un venditore e molto altro ancora.

Quali sono, quindi, le skills indispensabili per essere un buon imprenditore?

1. Never Be Satisfied

I migliori imprenditori non si accontentano mai dei risultati raggiunti: cercheranno sempre di migliorare e di innovare sè stessi e il proprio business. Mentre il resto del mondo pensa che i risultati raggiunti lo rendano un uomo di successo, l’imprenditore sta già pensando ai prossimi progetti da realizzare, che saranno più innovativi e sicuramente migliori di quelli già realizzati.

Esempio scelto da Patel per spiegare questa skill è Milton Hershey, fondatore della Hershey’s, la più grande azienda statunitense nella produzione del cioccolato. Fondata oltre un secolo fa, oggi vende i suoi prodotti sul mercato globale: ma non è da qui che è partito il suo fondatore. Nel 1900, infatti, Hershey ha venduto la sua prima azienda, The Lancaster Caramel Company, nonostante avesse un grosso successo. Secondo Patel, gli startuppers ed imprenditori dei giorni nostri dovrebbero imparare dal suo esempio proprio il fatto di non essere mai appagato dai risultati raggiunti, allo scopo di far raggiungere il top alla propria azienda.

2. Be Ambitious

Gli imprenditori non cambiano il mondo con piccole azioni: lo fanno attraverso progetti ambiziosi, che cambiano radicalmente lo status quo del mercato. Ecco perchè Patel definisce il “santo Graal” dell’imprenditore il prodotto/servizio definibile come “disruptive”, quello che cambia la visione del mondo delle persone.

Per spiegare questa skill, l’autore sceglie l’esempio di Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook. Patel spiega che, con grossa probabilità, Zuckerberg non ha iniziato con il proposito di cambiare del tutto il mondo delle interazioni sociali trasportandole su internet. Ciò non toglie che, una volta intravisto il potenziale del suo progetto, l’ideatore di Facebook è stato ambizioso fino a trasformare il suo piccolo social network in un colosso che conta oggi milioni di iscritti.

3. Be Fearless

La paura non è d’aiuto a chi vuole iniziare il proprio business e portarlo al successo: certo, Patel ammette che a volte guidare un’azienda (soprattutto in fase di startup) può intimorire, ma bisogna assolutamente superare ogni timore per poter anticipare e cogliere le occasioni che porteranno un’azienda al successo.

E’ Sara Blakely, founder di Spanx (azienda di successo globale che ha rivoluzionato il mercato dell’intimo femminile), la scelta di Patel per dare un esempio reale ai lettori: quando la prima volta le è venuta in mente l’idea del suo prodotto principale, Sara non sapeva nulla di manifattura tessile, di processi produttivi e ancor meno di retail. Ma non ha lasciato che la paura la fermasse ed oggi è la più ricca e giovane imprenditrice nella storia.
Patel consiglia, quando si ha paura di qualcosa, di trovare un modo per superarla: la paura, infatti, può seriamente impedire al business di decollare, se non viene gestita correttamente.

4. Take Risks

Non è certamente una novità affermare che un imprenditore deve assumersi dei rischi: ma il punto che Patel vuole affermare, è che i migliori imprenditori non si assumono rischi a caso. Essi analizzano le situazioni e si assumono rischi dopo averli ben calcolati e considerati, senza esporre il proprio business a rischi inutili ma scegliendo solo le situazioni che possono portarli al successo.

E’ ciò che ha fatto Mark Pincus, founder di Zynga, famosa social gaming company milionaria: prima di fondare Zynga, Pincus si è assunto il rischio di rifiutare un finanziamento garantito per la sua prima azienda, Freeloader. Pincus ha preso questa decisione rischiosa perchè, acconsentendo, avrebbe dovuto assumere un CEO scelto dall’investitore. Il founder ha preferito assumersi il rischio di rifiutare il finanziamento, mandando a monte l’affare.

Alla fine, la scelta di Pincus si è rivelata vincente: è riuscito ad ottenere un finanziamento da un’altra fonte per Freeloader e in seguito a vendere la società per finanziare la startup Zynga.

5. Follow Your Intuition

Sicuramente chi ha una sorta di “sesto senso” innato è facilitato, ma ciò non toglie che gli imprenditori di maggior successo sono quelli che sanno seguire il proprio istinto, facendosi guidare nelle decisioni di business.

L’esempio più importante in questo caso è sicuramente Steve Jobs, una figura affascinante, che ha realizzato prodotti di successo ottenendo dei numeri impressionanti in termini di vendite. Secondo Patel è indubbio che il successo di Jobs dipenda in larga parte dalla sua capacità di affidarsi all’istinto, da cui dipende anche la sua famosa capacità di sviluppare prodotti che i clienti non avevano ancora realizzato di voler acquistare.

E’ il caso dell’iPad: prima del suo lancio sul mercato, il settore dei tablet si trovava in un momento di stagnazione. Ciò nonostante, Jobs ha lavorato duramente al suo prodotto, scatenando la curiosità dei clienti che inizialmente non erano interessati.
Lo stesso Jobs ha riconosciuto il ruolo fondamentale che le capacità intuitive hanno rivestito nel suo successo imprenditoriale: in un’intervista al New York Times, attribuiva lo sviluppo del suo intuito ad un viaggio in India quando aveva 19 anni.

“The people in the Indian countryside don’t use their intellect like we do, they use their intuition instead … Intuition is a very powerful thing, more powerful than intellect, in my opinion. That’s had a big impact on my work.”

6. Know Your Vision

Ultima skill fondamentale per l’imprenditore di successo è quella che permette, secondo Patel, di avere una propria visione del mondo e la voglia di trasformare la realtà secondo questa visione. Non accettano le cose così come sono, e lavorano per cambiarle.

Uno dei più grandi esempi di vision imprenditoriale è, secondo l’autore del post, Bill Gates: l’uomo che, assieme al suo socio Paul Allen, ha rivoluzionato il mondo dei computer lanciando il personal computer e il suo software.

Sarebbe stato impossibile fare una cosa del genere, senza una visione diversa e rivoluzionaria del computer rispetto a come era allora concepito: probabilmente, conclude Patel, non tutti gli aspiranti imprenditori e startuppers hanno una vision rivoluzionaria come la sua, ma ciò non significa che non debba essere una vision importante per sè stessi e per il proprio business.

Bisogna imparare a vedere ciò che ancora non c’è: si tratta probabilmente della più importante tra le skills che un imprenditore deve possedere per arrivare al successo.

Napoli, 21/11/2013

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