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Tag: startup

Digital Magics: un POC di 3 milioni di euro per il progetto di quotazione in Borsa

Digital Magics, venture capitalist ed incubatore di startup digitali ad alto contenuto innovativo e tecnologico, presente, tra l’altro, a Fisciano (SA) con 56cube, ha chiuso il processo per il collocamento di un Prestito Obbligazionario Convertibile (POC) di 3 milioni di euro e annuncia il progetto di quotazione in Borsa.

Digital Magics è un Venture Capitalist e Incubator che opera in Italia dal 2008: ha all’attivo l’avvio di 30 startup (di cui 6 exit) e l’investimento di circa 10 milioni di euro tra risorse proprie e fondi da exit. All’interno del Digital Magics LAB lavorano attualmente 11 professionisti, che seguono a 360° le startup incubate nel loro percorso di sviluppo.

Nel dicembre 2012 Digital Magics ha avviato un progetto per la quotazione all’Alternative Investment Market (AIM), la piazza finanziaria che Borsa Italiana ha costituito per le Piccole e Medie Imprese Italiane.
Oggi, grazie all’emissione del POC, il progetto di quotazione di Digital Magics fa un passo avanti: si tratta del primo incubatore in Italia che lavora a un progetto di questo tipo, finalizzato al rafforzamento del posizionamento di Digital Magics sul mercato italiano dei Venture Incubator. Grazie alle nuove risorse a disposizione, Digital Magics potrà ampliare il proprio modello di business, incrementare i propri investimenti e dar vita a nuove startup innovative nel settore internet e digitale.

La cifra di 3 milioni di euro del POC è stata raggiunta grazie alla collaborazione di 70 investitori privati ed istituzionali, tra i quali figurano il Gruppo Intesa Sanpaolo (attraverso il Fondo Atlante Seed), Banca Sella e Tamburi Investimenti Partners: tutti gli investitori avranno la possibilità di esercitare la conversione in occasione della quotazione, ma soprattutto entrano di diritto a far parte dell’Angel Network di Digital Magics. In questo modo, collaboreranno alle attività di selezione, mentorship e co-investimento delle startup incubate di Digital Magics.
Grazie ai nuovi capitali e ai nuovi angels, Digital Magics si prepara a far nascere nuove startup tra gli oltre 500 pitch che riceve e visiona ogni anno: lo scopo, come dichiarato dal Fondatore e Presidente di Digital Magics Enrico Gasperini, è infatti quello di continuare a contribuire “alla nascita di molte nuove imprese nel settore internet e digital, che ha conosciuto negli ultimi anni una crescita senza precedenti e che in Italia crescerà a doppia cifra nei prossimi anni“.

Napoli, 14/05/2013

I prossimi eventi in Agenda per gli innovatori napoletani

I prossimi giorni saranno ricchi di eventi per startupper e innovatori di Napoli e dintorni: dal Convegno di Vertis sul Venture Capital al GDG Campania, passando per la tappa napoletana dello Startup Revolutionary Road Tour, riepiloghiamo le date più importanti.

15/16/17 Maggio: GDG Campania – Google I/O Extended

Con il patrocinio morale del Comune di Napoli, si terrà una tre giorni in contemporanea con l’evento annuale di Google a San Francisco dedicato alla presentazione delle ultime novità sulle tecnologie. GDG Campania sarà ospitato presso l’Università degli Studi di Napoli Parthenope (Sede del Centro Direzionale, Isola C4).
Si tratta di un evento gratuito dedicato a studenti, professionisti, startup, aziende e appassionati del settore che rappresenta l’occasione per scambiare esperienze ed impressioni sulle tecnologie Google. E’ inoltre un’occasione importante per costruire una rete di relazioni professionali.

Durante la tre giorni, sarà proiettata in live streaming la Conferenza di San Francisco e saranno presentati i progetti di alcuni studenti dell’Università Parthenope.

Per tutte le informazioni: http://googleioextendedcampania.tk/

16 Maggio: Behance Portfolio Reviews

L’evento riservato a creativi e designer giunge alla sua terza edizione ed approda a Napoli giovedì 16 maggio presso l’Istituto Superiore di Design di Via Duomo a Napoli. Organizzato da Behance, la piattaforma online di presentazione di lavori creativi (grafica, design, fotografia, video, illustrazione ecc.) con oltre 8 milioni di utenti attivi, da qualche anno anima le comunità creative a livello locale favorendone l’incontro con un evento che si snoda in sedi diverse in tutto il mondo.

La giornata prevede innanzitutto la presentazione dei lavori con successivo confronto: i creativi presenteranno il proprio lavoro alla platea di partecipanti, ogni presentazione sarà seguita da un dibattito moderato dall’organizzatore. Un ruolo molto ampio è offerto anche al pubblico, che fornirà le proprie opinioni sui lavori. Inoltre quest’anno fra gli ospiti ci saranno anche docenti ed esperti con cui interagire durante una tavola rotonda a tema. I lavori più votati saranno gratificati con un premio simbolico messo a disposizione da Behance.net

Per tutte le informazioni: https://www.facebook.com/events/481172555282824/

17/18 Maggio: Convegno “Il ruolo del venture capital nello sviluppo economico del Mezzogiorno

Si tratta di un Convegno organizzato dal Fondo di Venture Capital “Vertis SGR” presso il Grand Hotel Vesuvio (Via Pattenope 45, 80121 Napoli).
Nella due giorni si susseguiranno tra tavole rotonde dedicate a temi importanti per le startup innovative e saranno dedicati ampi spazi alla presentazione delle startup partecipate dal Fondo Vertis Venture.

L’evento prevede la collaborazione, tra gli altri, di Startup Business e di Campania Innovazione ed è un’occasione per chiunque voglia avviare un’attività imprenditoriale avvalendosi dello strumento del Venture Capital.

Per tutte le informazioni: http://www.campaniainhub.it/area-stampa/eventi/il-ruolo-del-venture-capital-nello-sviluppo-economico-del-mezzogiorno

20/21 Maggio: Startup Revolutionary Road Tour 2013 – Tappa di Napoli

Nell’ambito del progetto lanciato da Microsoft YouthSpark e realizzato in collaborazione con TechGarage, approda per la prima volta a Napoli il Barcamper di dPixel: la prima giornata, come vi avevamo anticipato in questo post qualche giorno fa, sarà ospitata dal CSI – Incubatore Napoli Est (20 maggio) e dal Dipartimento di Ingegneria Elettrica e Tecnologie dell’Informazione dell’Università degli Studi di Napoli Federico II (21 maggio).

Si tratta di un evento di due giorni dedicato alla ricerca delle migliori idee innovative campane in cui si alterneranno momenti di scouting e momenti formativi, con la previsione di un Lab a cura di Microsoft (“How to build your first Windows 8 APP“) e di un workshop condotto dal team dPixel e da esperti Microsoft. Lo scouting è invece affidato al Barcamper, che offre agli aspiranti innovatori la possibilità di prenotare un appuntamento di venti minuti con il team dPixel per presentare la propria idea.

Anche AppCampus entra a far parte del tour, e mette a disposizione per la finale di TechGarage, due grant del valore di 20.000 euro e 50.000 euro: un’interessante oportunità per le startup che sviluppano applicazioni mobile su Windows Phone e Nokia platform e che potranno partecipare al percorso di incubazione nato dalla collaborazione tra Nokia e Microsoft.

Per tutte le informazioni e per il programma dettagliato: http://barcamper.it/doppia-tappa-barcamper-a-napoli-con-startuprr/

Se vuoi segnalarci altri eventi, commenta l’articolo o scrivici a info@incubatorenapoliest.it

Napoli, 13 maggio 2013

Cosa rende una startup un “Hidden Champion”?

L’espressione Hidden Champion s riferisce alle piccole e medie imprese leader del mercato globale che, pur essendo quasi sconosciuti al grande pubblico e ai media, dominano il settore economico di appartenenza con alti livelli di innovazione e di redditività: ne parla in un suo recente articolo su Whiteboard Hermann Simon, grande esperto di marketing, strategia e pricing presso la “Simon-Kucher & Partners Strategy & Marketing Consultants“, nonchè docente universitario presso le più famose Università di business americane.

Le imprese Hidden Champion si caratterizzano nella maggior parte dei casi per posizionarsi tra le prime tre aziende nel loro settore di appartenenza a livello globale, sono spesso al n. 1 nel loro Paese ed hanno un fatturato inferiore ai 5 miliardi di dollari.

Per diventare Hidden Champion ed arrivare ad essere leader del mercato a livello globale, bisogna essere in grado di creare un nuovo mercato offrendo ai clienti qualcosa che nessun altro abbia mai offerto prima: vediamo quali sono i consigli di Simon per provare a fare di una startup un Hidden Champion.

1. Tenere costantemente alta l’attenzione
Focus, focus, focus“, scrive Simon. Bisogna saper concentrare tutte le risorse sul punto focale: il cliente. E’ fondamentale focalizzare tutte le attenzioni e il lavoro per costruire un prodotto in grado di soddisfare il cliente e le sue esigenze meglio dei concorrenti.

2. “Keep at it: resistere!
Indispensabili affinchè un’azienda possa diventare un Hidden Champion, sono la resistenza e perseveranza. Naturalmente, ogni founder ha bisogno di resistenza per avviare e portare al successo la sua startup. Ma per costruire una organizzazione globale e la leadership del mercato mondiale spesso è necessario lavorare il doppio.

3. Globalizzare
Concentrarsi su un unico Paese riduce i margini di crescita rispetto all’aprirsi al mercato globale. La globalizzazione è indispensabile perchè una startup possa fare le cose in grande: qualsiasi mercato su scala globale diventa grande. Il pensiero di Simon sull’argomento è molto chiaro: la globalizzazione è la formula di successo per i founder più ambiziosi. Naturalmente è necessario che sia affiancata dall’innovazione continua, dall’attenzione ai clienti e da un valido team , ma il focus e la globalizzazione sono, secondo Simon, i pilastri indispesabili su cui costruire tutta l’azienda.

FONTE: http://www.whiteboardmag.com/

Napoli, 10/05/2013

 

I consigli di Robert Siegel per un incontro di successo con gli investitori

Robert Siegel è General Partner di XSeed Capital, ed è una voce molto importante nell’approccio innovativo alla definizione delle strategie, dell’execution e del marketing per piccole e medie imprese in America. E’ anche docente presso la Stanford Graduate School of Business, e co-autore di svariati articoli pubblicati dalla California Management Review. Di recente ha pubblicato un post nel suo blog con alcuni interessanti consigli su come affrontare un incontro con potenziali investitori, anche senza servirsi di un pitch.

La prima questione da affrontare, infatti, è la seguente: è davvero indispensabile avere un pitch (con il supporto di diapositive, grafici e tabelle) per presentarsi ad un potenziale investitore? Secondo Siegel il pitch è un valido supporto, ma ciò non vuol dire che sia indispensabile. Ciò che conta davvero per raggiungere lo scopo è riuscire a comunicare in modo efficace gli elementi più importanti del proprio progetto.

Se uno startupper decide di presentarsi all’incontro con un VC senza utilizzare una presentazione con slides, deve comunque assicurarsi di riuscire a comunicare in maniera rapida ed efficace una serie di punti chiave:

  1. per prima cosa, è fondamentale spiegare in maniera dettagliata quale prodotto state costruendo;
  2. è necessario fornire esempi su chi sono i vostri clienti, quanti di loro potrebbero acquistare il vostro prodotto, perchè dovrebbero preferire la vostra soluzione (ne consegue l’importanza di spiegare quale problema specifico risolve il vostro prodotto)
  3. indicare chiaramente chi sono i vostri competitors e perchè il vostro prodotto risolve il problema meglio del loro prodotto;
  4. spiegare attentamente quanto è grande la vostra opportunità di business e quantificare i ricavi attesi in futuro (nello specifico, nei prossimi 3-5 anni);
  5. comunicare in che stato si trova attualmente il processo di produzione (prototipo, demo, alpha, beta, revenues, etc).

Anche senza l’ausilio delle slides, comunicare questi cinque punti deve richiedere dai 15 ai 30 minuti, comprensivi anche delle interruzioni per le domande dei potenziali investitori. A tal proposito, Siegel consiglia di costruire un vero e proprio backup degli incontri con i VC cui poter fare riferimento per prepararsi al meglio agli incontri futuri: le domande degli investitori, infatti, sono solitamente sempre le stesse.

Un altro consiglio è quello di tenere sempre ben presente il fatto che un VC incontra centinaia di startup ed ascolta altrettanti progetti: il vostro obiettivo è convincerli che vale la pena per loro separarsi dal proprio denaro e investirlo proprio su di voi.

In conclusione, secondo Siegel è possibile avere un incontro di successo con gli investitori anche senza l’ausilio di un pitch (per quanto egli lo ritenga uno strumento fondamentale): l’importante è riuscire a comunicare in maniera convincente i cinque punti di cui sopra.

Bisogna sempre ricordare, infine, che i VC apprezzano gli imprenditori consapevoli, sicuri di sè e riflessivi: attenzione quindi a non presentarsi con l’atteggiamento di chi “vuole fare due chiacchiere“, ma dimostratevi preparati per rispondere a tutte le loro domande.

L’articolo di Siegel è disponibile anche a questo link: http://venturebeat.com/2013/05/07/before-you-try-improvising-your-vc-pitch-read-this/

Napoli, 09/05/2013

 

 

 

Il CSI ospita lo Startup Revolutionary Road Tour: appuntamento il 20 maggio!

Il CSI – Centro Servizi Incubatore Napoli Est ospiterà il 20 maggio la tappa napoletana dello Startup Revolutionary Road Tour: l’incubatore del Comune di Napoli è teatro dell’iniziativa che offre un’imperdibile opportunità agli aspiranti startupper e ai talenti creativi ed innovativi partenopei (e campani in generale) per trasformare le proprie idee in progetti imprenditoriali concreti.

Lo Startup Revolutionary Road Tour è un’iniziativa promossa da Microsoft Italia, Fondazione Cariplo e Fondazione Filarete allo scopo di offrire ai giovani italiani una concreta opportunità di formazione tecnica e di business, con l’ambizioso obiettivo di supportare la strategia occupazionale del sistema Paese contribuendo alla riduzione del digital divide e alla creazione di nuovi posti di lavoro. I promotori hanno affidato a Barcamper, in collaborazione con l’Associazione TechGarage, le attività di scouting e di accelerazione.

Si tratta di un tour nazionale partito da Milano lo scorso marzo, che prevede 20 tappe in tutta Italia alla ricerca di idee innovative da trasformare in imprese ad alto impatto.

Per partecipare basta prenotare gratuitamente sul sito www.barcamper.it un appuntamento di venti minuti con il team di venture capital di dpixel: le migliori idee identificate con il Barcamper Tour parteciperanno a Settembre ai TechMeeting, due giorni full immersion cui seguiranno, per le idee selezionate, quattro TechWeek a Ottobre. Le TechWeek sono settimane di formazione e mentoring, durante le quali i team completeranno il business plan da presentare agli investitori professionali.

Ai dieci migliori team scelti tra i partecipanti alle TechWeek sarà offerta una grande opportunità: saranno presenti infatti al TechGarage, l’evento previsto per Novembre 2013 che da anni permette agli aspiranti startupper di incontrare i principali attori del venture capital. Durante il TechGarage è prevista, inoltre, l’assegnazione di grant da parte di AppCampus Nokia per i migliori progetti in ambito Mobile App.

La tappa partenopea dello Startup Revolutionary Road Tour è anche la prima visita a Napoli del Barcamper: per la prima volta gli aspiranti startupper campani avranno la possibilità di salire sul camper ospitato prima dal CSI – Centro Servizi Incubatore Napoli Est e poi dalla Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Napoli.

La tappa di Napoli si concluderà il  21 maggio con un workshop presso il Dipartimento di Ingegneria elettrica e delle Tecnologie dell’Informazione – Università degli Studi di Napoli, Via Claudio, 21 – Napoli.

Scarica qui il programma completo (StartupRR_AgendaNapoli).

AFFRETTATI I POSTI SONO LIMITATI!

Napoli, 08 maggio 2013

Startup italiane a New York allo Spring Symposium 2013

Il 2 maggio si è tenuto a New York lo Spring Sympsium organizzato dall’Italian Business & Investment Initiative, iniziativa nata nel 2010 per presentare le idee innovative di business nate in Italia (ma dall’aspirazione globale) alla comunità statunitense di investitori, fondi e venture capitalist.

Grazie all’iniziativa di IB&II circa 100 tra i migliori investitori americani sono entrati in contatto con un’Italia grintosa ed imprenditoriale animata dalla voglia di conquistare il mercato high-tech negli USA: l’evento del 2 maggio, giunto alla sua seconda edizione, si è caratterizzato anche per la presenza delle migliori startup provenienti non soltanto dal nostro Paese, ma da tutto il Sud Europa. In questi ultimi due anni, infatti, l’ecosistema nato in Italia è stato caratterizzato da una crescita che ha coinvolto startup provenienti dalla Spagna e dalla Grecia, oltre che dall’Israele.

Tra i partner dell’iniziativa, Mind the Bridge da San Francisco, Intesa San Paolo con la sua Start Up Initiative, la società napoletana di venture capital Vertis, Italia Camp, i protagonisti milanesi del venture capital di Innogest.

Un segnale del crescente interesse degli investitori americani per le startup italiane era già stato dato a settembre 2012, con la nascita del primo fondo di venture capital made in USA dedicato al Sud Europa, “Mind the Seed“: l’obiettivo del fondo è quello di far incontrare l'”intelligence” tipica italiana con gli strumenti commerciali e finanziari americani.
Mentre a febbraio 2013 si è tenuto (ancora a New York) il primo summit annuale “Italy Meets the United States of America“, nato anch’esso grazie a IB&II: un incontro tra rappresentanti del governo, imprenditori, banche organizzato allo scopo di creare una piattaforma di collaborazione tra Italia e Stati Uniti. Anche in questo caso, lo scopo è quello di mostrare agli americani il lato innovativo ed imprenditoriale dell’Italia, presentandola come un’opportunità di investimento.

Grazie allo Spring Symposium e alle altre iniziative di IB&II sono già 60 le aziende italiane che fino ad oggi hanno avuto l’opportunità di volare oltreoceano: alcune hanno ottenuto finanziamenti, altre hanno anche aperto filiali commerciali negli USA.

Le startup presenti quest’anno allo Spring Symposium sono state:

Atooma, che consente di creare mini-app senza l’ausilio di competenze Code;
Bad Seed Entertainment, specializzata nello sviluppo di giochi e App per mobile;
Hyperfair, start-up che rivoluziona il modo di fare fiera grazie alle più recenti tecnologie web;
Italianbox, piattaforma web che offre prodotti made in Italy;
Map2App, piattaforma dedicata alla creazione di guide ed itinerari di viaggio per mobile;
Myze, app che consente agli utenti di ottenere sconti e offerte vantaggiose per i propri acquisti.

In conclusione, iniziative di questo tipo rappresentano un’ottima opportunità per le startup italiane di avere accesso al sistema di Venture Capital statunitense: l’immagine che ne risulta è infatti quella di un ecosistema italiano per startup giovane, in continua crescita, vitale e creativo.

Fonti:

Napoli, 07/05/2013

Tecniche di marketing per le startup: il Growth Hacking

The Next Web ha pubblicato di recente un post di Gagan Biyani incentrato sulle specificità del marketing per le startup, il cosiddetto Growth hacking. Biyani è un imprenditore e growth hacker che ha organizzato insieme a Erin Turner la Growth Hackers Conference.

L’espressione “growth haking” è stata coniata per differenziare il marketing “tradizionale”, adatto alle esigenze di aziende già affermate, dal marketing specifico per le startup: queste ultime, infatti, hanno delle esigenze e delle sfide da affrontare molto diverse dalle altre aziende e, pertanto, devono utilizzare strumenti di marketing specifici.

Ma quali sono le differenze principali tra il marketing di un’azienda già avviata e una startup? Biyani ne elenca tre:

1. L’incertezza è un aspetto caratterizzante le startup: non sanno da chi sarà composta la clientela, quali sono le motivazioni d’acquisto dei clienti, quali sono i canali di marketing più adatti. Le società già avviate, al contrario, hanno già tutte queste informazioni e sulla base di queste cercano di migliorare le performance aziendali.
2. La crescita cui una startup aspira è molto impegnativa: si parla del 20% al mese, mentre un’azienda già avviata può dirsi soddisfatta di una crescita pari al 5% all’anno. Una startup deve essere in grado di crescere in maniera molto significativa partendo da una base molto più piccola rispetto a quella di un’azienda già esistente sul mercato.
3. Le startup non possono vantare certezze in termini di capitale e di brand equity: hanno meno soldi di un’azienda avviata e, di conseguenza, un budget differente da dedicare all’acquisizione e al mantenimento del cliente.

Da queste differenze si comprende quanto sia importante per una startup improntare la propria strategia di marketing in maniera differente rispetto alle aziende avviate, e il growth hacking è la strategia che meglio si adatta alle esigenze tipiche di una società in fase di avvio: è importante quindi capire cos’è e come funziona.

Il termine growth tenere una crescita virale della startup e del suo prodotto; dall’altro lato va inteso in senso più figurativo come uno stile di vita proprio di una persona in grado di pensare fuori dagli schemi, che scopre nuovi modi per risolvere i problemi.

La crescita “haking è una strategia di marketing particolarmente adatta alle startup per diversi motivi:

– si basa su strumenti propri delle tecnologie digitali, web e mobile;
– ha costi molto contenuti, fattore fondamentale per una startup in cui spesso scarseggiano i capitali;
– se ben utilizzata, è una strategia con grosse potenzialità in termini di ROI (Return on Investment);
– è utilizzabile con un prodotto in fase di progettazione, prestandosi quindi all’approccio basato su pivot e iterazione (vedi approccio “Lean Startup“);
– consente di ottenere consistenti ritorni in termini di feedback da parte di clienti e/o potenziali clienti;
– aiuta il processo di conversione da visitatori a utenti/clienti.

Tra le tecniche e gli strumenti di marketing più adatti alla crescita “hacking” ritroviamo prima di tutto la Viral Acquisition: in questa tecnica, si sfruttano le caratteristiche di un prodotto in fase di costruzione per incoraggiare gli utenti a condividere il prodotto con nuovi utenti.
E’ una tecnica particolarmente adatta alle esigenze di una start up perchè attraverso pochi contatti iniziali si propaga il messaggio in maniera esponenziale ad un numero crescente di potenziali clienti. Ciò a cui bisogna fare attenzione è proprio la necessità di controllare il messaggio, vista la velocità con cui esso si diffonde.

Una startup può, in misura spesso minore, utilizzare anche strategie di Acquisizione a pagamento: parliamo di strumenti come Google AdWords, gli annunci di Facebook, i display ads, gli annunci per cellulari, radio, TV, etc. Sono tutti strumenti molto validi, ma spesso un’azienda in fase di start up non ha a disposizione ingenti capitali da destinare a questo tipo di costi.

Anche l’outsourcing attraverso l’istituzione di call center o la creazione di un Team di vendita può essere visto come uno strumento di growth hacking: spesso le startup utilizzano questi mezzi affidandosi a personale a basso costo (esternalizzando in paesi dove il costo del lavoro è più accessibile o affidandosi a stagisti universitari), i quali si occupano di inviare e-mail ai potenziali clienti o di creare centinaia di pagine SEO-friendly: da questo punto di vista, call center e team di vendita diventano uno strumento di growth hacking perchè finalizzate all’acquisizione di potenziali clienti.

Un altro importante strumento a disposizione delle start up è il Content marketing: con questa tecnica si sceglie un detertecnica molto utile alle esigenze di una start up che deve costruire il proprio bacino di clienti ed utenti. Per attuarla, bisogna sfruttare i post sul blog, le infografiche e i video virali per aumentare la notorietà del brand e il traffico del proprio sito. In questo modo, si cerca di trasformare i visitatori in utenti.

Anche l’E-Mail marketing è particolarmente utile in fase di start up: l’obiettivo di crescita infatti non sempre è quello di aumentare il bacino di clienti/utenti, ma può essere anche quello di coinvolgerli o incoraggiarli a spendere di più. In questi casi, l’e-mail marketing è uno strumento molto utile e significativo, essendo poco costoso e altamente personalizzabile, con un grande potenziale in termini di ROI.

Anche le tecniche SEO per startup sono diverse da quelle delle aziende già avviate: le start up hanno infatti la necessità di costruire un’infrastruttura scalabile che sia applicabile a decine di migliaia o milioni di pagine, mentre la maggior parte della teoria SEO di cui si parla sul web e nei libri è focalizzata sulla graduatoria di sole 5-10 parole chiave. Ne consegue che il SEO deve essere adattato alle esigenze di una start up per poter essere utilizzato in maniera proficua: è importante valutare accuratamente l’indicizzazione del proprio sito, focalizzarsi sulle parole chiave più adatte al proprio settore, lavorare su un numero elevato di backlink per accrescere le visite al sito e scegliere i contenuti in maniera tale da incuriosire i visitatori al punto tale da iscriversi alla landing page (fonte: pmiservizi.it).

Un ultimo accenno va fatto sugli A/B Test e l’analisi multivariata: pur non trattandosi di un metodo di acquisizione vero e proprio, non vi è dubbio che l’analisi dei dati sensibili e i test A/B aiutano una growth hacking a migliorare l’acquisizione e le conversioni visitatore/utente. La tecnica consiste nel presentare due versioni (A e B) della pagina o del prodotto o, nel caso dell’analisi multivariata, diverse combinazioni da valutare: ciò consente di ottenere una serie di feedback dai potenziali clienti, utilissimi alla start up per lavorare ad eventuali modifiche da apportare al prodotto (fonte: aboutuser.com).

Napoli, 06/05/2013

Le potenzialità del crowdsourcing per il mercato italiano

Il crowdsourcing è un nuovo modello di business aziendale con cui un’impresa affida la progettazione, la realizzazione o lo sviluppo di un progetto, un’idea o un bene immateriale ad un insieme indefinito di persone (dall’inglese “crowd“, folla). Si tratta quindi di una forma di esternalizzazione delle attività, resa possibile dalla diffusione di internet: il meccanismo è infatti basato sull’esistenza di portali on-line che organizzano delle open call presentate alla community di iscritti. La community vede da un lato volontari, intenditori del settore e freelance, interessati ad offrire i propri servizi sul mercato globale, e dall’altro le aziende (grandi marchi, piccole e medie imprese, startup) che intendono affidare all’esterno parte delle proprie attività.

In materia di crowdsourcing, si segnala la risposta del Ministero del Lavoro all’interpello n. 12/2013 del 27 marzo 2013 avanzato da Confindustria, incentrato sulla questione dell’autorizzazione preventiva prevista dagli articoli 4 e 6 del D. Lgs n. 276 del 10 settembre 2003: il quesito è finalizzato a capire se tale autorizzazione debba essere richiesta o meno dai gestori di portali che svolgono attività di crowdfunding.
L’autorizzazione prevista dall’art. 4 riguarda le Agenzie del Lavoro, che svolgono attività di somministrazione, intermediazione, ricerca e selezione del personale e supporto alla ricollocazione del personale; mentre l’art. 6 si riferisce ai gestori di siti internet che svolgono attività di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro.

La risposta del Ministero del Lavoro si basa sul presupposto che il crowdsourcing si differenzia dal tradizionale outsourcing perchè nella prima ipotesi la realizzazione del progetto o la soluzione del problema viene affidata ad un gruppo indeterminato di persone e non ad uno specifico soggetto, come accade invece nel secondo caso.
Sulla base di tale presupposto, la scelta di affidare l’attività non si basa sulla valutazione dell’individuo e delle competenze in possesso di quest’ultimo, bensì sulla soluzione che l’individuo offre all’azienda in risposta alle esigenze di quest’ultima: il parere del Ministero è che l’attività di crowdsourcing porta in genere alla conclusione di contratti di natura commerciale (come la compravendita o l’appalto), e non di contratti di lavoro (siano essi di natura subordinata, autonoma o parasubordinata).

Per cui, la conclusione è che l’attività di crowdsourcing che comporti la stipula di contratti di natura commerciale non rientra nei casi in cui è necessario richiedere l’autorizzazione prevista dagli art. 4 e 6 del D. Lgs n. 276/2003.
Il Ministero specifica anche quando tali autorizzazioni sono invece necessarie: si tratta di quei casi in cui la piattaforma di crowdsourcing svolge attività di ricerca e selezione del personale che portano alla conclusione di contratti di lavoro. In tal caso sono inoltre previste due condizioni: che l’attività di ricerca e selezione sia svolta senza finalità di lucro, e che il sito renda pubblici i dati identificativi del legale rappresentante.

La risposta del Ministero del Lavoro è un passo avanti nella risoluzione dei dubbi e delle problematiche relative ai portali di crowdsourcing gestiti da società italiane, anche se non tocca in alcun modo i portali esteri che svolgono tale attività in Italia.

In ogni caso, il crowdsourcing come modello di esternalizzazione è un argomento molto interessante per le startup: è strettamente connesso alle tecnologie digitali, è basato sulla filosofia open source e può rappresentare un metodo di recruiting veloce ed economico che consente alle aziende di incontrare un gran numero di potenziali collaboratori. Si tratta inoltre di un mercato in fase di crescita in Italia, che può offrire possibilità non solo sotto forma di nascita di nuovi portali ma anche con lo sviluppo di app per il crowdsourcing.

In materia di portali, ultimo nato nel settore è Starbytes.it, la piattaforma di Reply dedicata a freelance e professionisti del digitale (in particolare creativi e designer). Il portale, attivo da aprile 2013, raccoglie tre categorie di progetti: Grafica e creatività, Prodotti e servizi digitali, Prodotti integrati. Il vantaggio di rivolgersi ad un portale italiano che opera esclusivamente sul territorio nazionale sta nel fatto che riduce la concorrenza: sono escluse le proposte provenienti da paesi in cui il costo della vita è più basso, che richiedono compensi inferiori.

Tra i portali di crowdsourcing italiani che mettono in contatto freelance e aziende ricordiamo anche altri esempi:

Zooppa, nata nel 2007 come startup incubata in H-Farm. Lavora soprattutto con contest lanciati da grandi marchi, in cui è la community stessa a decretare il vincitore.

UserFarm, marketplace per videomakers, nasce a Roma nel 2009. Tra le società che propongono i contest ci sono top brand, grandi aziende, network televisivi, organizzazioni di beneficenza e agenzie di comunicazione digitale.

BestCreativity, nata nel maggio 2010, dedicata alla community di designer e creativi. I progetti rientrano in categorie come Disegno grafico, Disegno web, Disegno industriale e Cpywriting.

Come accennato, negli ultimi tempi stanno nascendo anche sul mercato italiano delle app riguardanti il crowdsourcing. I due esempi più recenti sono AppJobber e Be My Eye. Entrambe le app offrono agli utenti la possibilità di accedere ad un elenco di microlavori da svolgere nel tempo libero via smartphone: alcuni possibili esempi sono convalidare indirizzi/orari di apertura di esercizi commerciali, fotografare luoghi ed eventi specifici, confrontare prezzi esposti, attività di mistery shopping, controllo di affissioni pubblicitarie, ecc.
Le app di crowdsourcing per microlavori sono un fenomeno in crescita in Europa: ApJobber, ad esempio, funziona in Germania già dal 2011 ed è attualmente presente, oltre che in Italia, anche in Austria, Svizzera e Finlandia.

Napoli, 03 maggio 2013

Startup innovative: chiarimenti sulle assunzioni

Il Decreto legge Sviluppo bis, n. 179/2012, ha introdotto, con decorrenza dal 20 ottobre, le startup innovative. Per questo tipo di società è prevista una serie di benefici fiscali, cui è possibile accedere solo se in possesso dei requisiti previsti dalla legge vigente in materia di startup.

Il regime fiscale agevolato prevede che la startup innovativa sia esonerata dall’imposta di bollo, dai diritti di segreteria e dal diritto annuale alla Camera di Commercio. E’ previsto inoltre un regime particolare per le assunzioni, allo scopo di adattare la normativa generale alle particolari esigenze di un’azienda in fase di lancio. Il punto di partenza è che anche le startup, come le altre società, possono stipulare contratti di lavoro a tempo determinato per una durata minima di 6 mesi e massima di 36, in cui il lavoratore sia impiegato nello svolgimento di attività “inerenti o strumentali all’oggetto sociale“.

Il Decreto 179/2012 prevede però delle regole ad hoc in materia di assunzioni per le startup innovative: a differenza delle altre società, la startup può infatti assumere un lavoratore con contratto a termine senza applicare il cosiddetto “causalone“. La stipula di un contratto di lavoro a tempo determinato prevede infatti, per tutte le altre forme societarie, di dover indicare (e, laddove richiesto, di provare) le “ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo” che giustificano l’apposizione del termine: le startup innovative sono esonerate da tale obbligo.

La disciplina in favore delle startup innovative prevede un’ulteriore possibilità: entro i 36 mesi, è possibile stipulare ulteriori contratti a tempo determinato senza l’osservanza dei termini previsti dalla disciplina generale: l’art. 5 comma 3 del D. Lgs 368/2001 prevede infatti che un contratto si trasformi automaticamente in indeterminato quando il lavoratore viene riassunto con un altro contratto a termine entro un periodo di tempo pari a 10 giorni, se il contratto precedente ha durata inferiore a 6 mesi, o pari a 20 giorni, se il contratto precedente ha durata superiore a 6 mesi.

Al termine dei 36 mesi, per le startup innovative sarà inoltre possibile stipulare un ulteriore contratto a tempo determinato con il lavoratore, fino al raggiungimento dei quattro anni di beneficio. Per usufruire di questa possibilità è necessario rispettare la seguente condizione: la stipula del contratto successivo ai 36 mesi deve avvenire presso la Direzione provinciale del lavoro competente per il territorio.

Anche riguardo alla stipula di contratti collettivi sono previste regole particolari, adatte alle esigenze delle startup e alle particolari necessità in termini di promozione, sviluppo e stabilità di un’azienda in fase di avvio: è prevista infatti la possibilità di identificare dei criteri minimi tabellari e per la definizione della parte variabile specifici per le startup. E’ prevista infine la possibilità di istituire delle ulteriori disposizioni utili per adattare le regole generali in materia di rapporto di lavoro alle esigenze tipiche delle fasi di avvio do una startup innovativa.

Come accennato, per poter beneficiare del regime fiscale e in materia di assunzione descritto, è necessario che l’azienda sia in possesso dei requisiti previsti per le startup innovative.

Le startup innovative possono costituirsi in forma di società di capitali o cooperativa. Riguardo ai requisiti, prima di tutto, i soci di una startup innovativa devono essere persone fisiche.
L’oggetto sociale esclusivo o prevalente di una startup innovativa è lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti innovativi ad alto valore tecnologico.
La startup innovativa deve avere la propria sede principale in Italia e deve essere costituita da non oltre 48 mesi. Non può nascere per effetti di fusione, scissione, cessione di azienda o di ramo di azienda.

Per avere accesso al regime di benefici previsto per le startup innovative, inoltre, i soci fondatori non devono distribuire utili per i primi quattro anni, e devono mantenere, per 24 mesi dalla costituzione della società, la maggioranza del capitale sociale e dei diritti di voto nell’assemblea ordinaria dei soci.
A partire dal secondo anno di attività, inoltre, il totale del valore della produzione annua di una startup innovativa deve essere non superiore a 5 milioni di euro, come risultante dall’ultimo bilancio approvato entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio.

Sono previsti inoltre dal Decreto Sviluppo bis tre “requisiti ulteriori“:

  • sostenere spese di ricerca e sviluppo per almeno il 20% del maggiore valore fra costo e valore totale della produzione;
  • impiegare, per almeno un terzo della forza lavoro complessiva, personale con un titolo di dottorato di ricerca o che stia svolgendo un dottorato di ricerca o, ancora, che sia in possesso di laurea e abbia svolto attività di ricerca certificata per almeno tre anni;
  • essere titolare o depositaria o licenziataria di almeno una privativa industriale, che riguardi direttamente l’oggetto sociale e l’attività di impresa.

Per costituirsi come startup innovativa, la società deve essere in possesso di almeno uno di questi tre requisiti.

Infine, per beneficiare del regime specifico per startup, è previsto l’obbligo di iscrizione alla Sezione Speciale del Registro delle Imprese come startup “attiva“: i benefici saranno concessi a partire dall’adempimento di tale obbligo.

Fonte: Il Sole 24 Ore

Napoli, 02 Maggio 2013

 

Approfondimenti: il Crowdfunding in Italia

 Il crowdfunding  è un sistema di finanziamento “dal basso” che prevede il ricorso alla collaborazione della “folla” (crowd) per la raccolta di fondi finalizzata a sostenere la realizzazione di progetti, idee ed iniziative di vario genere. La raccolta viene effettuata attraverso appositi portali on line, delle vere e proprie piattaforme destinate all’incontro tra coloro che richiedono finanziamenti e coloro che li erogano.

Quello del crowdfunding è un tema di grande attualità: proprio oggi si chiudono infatti le consultazioni aperte un mese fa dalla Consob, sulla base delle quali verrà emanato il Regolamento in materia di crowdfunding previsto dal Decreto Sviluppo bis (argomento al centro di questo articolo pubblicato qualche settimana fa nel nostro blog).
Il Regolamento della Consob sul Crowdfunding farà dell’Italia il primo Paese europeo a dotarsi di una normativa nel settore, nella quale si prevede di dare grande rilevanza all’Equity crowdfunding: si tratta di un’occasione molto importante per dare un quadro di riferimento ai finanziamenti di nuove idee imprenditoriali. L’Equity crowdfunding è infatti il sistema di finanziamento dedicato alla partecipazione di investitori nel capitale delle startup: l’auspicio è che la normativa preveda un sistema chiaro, accessibile a tutti e che vada a preservare gli investitori meno esperti, garantendo al tempo stesso un quadro di riferimento che possa aumentare l’accesso ai finanziamenti per le nuove startup del panorama imprenditoriale nazionale.

Per capire meglio di cosa si tratta, analizziamo innanzitutto i diversi modelli di crowdfunding:

Reward-based: si tratta di donazioni in cambio delle quali si ottengono premi o riconoscimenti di varia natura, che possono essere materiali (come ad esempio il pre-ordine di un prodotto non ancora sul mercato) oppure intangibili (come un “grazie” sul sito web). Si tratta della tipologia di piattaforme di crowdfunding più diffuse, di cui il più noto esempio è Kickstarter.

Equity-based: è il modello basato su azioni finanziarie, che prevede l’acquisto di azioni del capitale di una startup. In genere la piattaforma stabilisce un periodo di tempo e una somma target da raggiungere, che viene suddivisa in migliaia di parti uguali corrispondenti alle singole offerte.

Microfinanza: si tratta di microprestiti in cui i servizi finanziari sono offerti a clienti con bassi redditi che normalmente non riescono ad accedere ai canali di finanziamento bancari, spesso gestito da un intermediario locale.

Social lending: è il prestito sociale o peer-to-peer, che avviene tra persone (senza l’intercessione di un intermediario finanziario) e a tassi di interesse più bassi rispetto a quelli del sistema bancario.

Donazioni: si tratta di piattaforme di raccolta fondi per il no profit, grazie al quale è possibile finanziare enti e associazioni o iniziative di utilità sociale e culturale.

In Italia la situazione del crowdfunding è stata recentemente analizzata in occasione di Crowdfuture, conferenza sul futuro del crowdfunding in Italia, durante la quale sono stati diffusi i dati di un report sulle piattaforme italiane di crowdfunding.
Dal Report si ricava prima di tutto la composizione del mercato del crowdfunding in Italia: si contano, al 10 aprile 2013, 21 piattaforme attive e altre due ancora in fase di lancio. La maggior parte delle piattaforme appartengono al modello Reward-based (12 piattaforme, corrispondenti al 52,2% del totale), seguono le piattaforme dedicate alle Donazioni (7, corrispondenti al 30,4%), due piattaforme Equity-based e due Social Lending (ciascuna corrisponde al 8,7%).

Tra le piattaforme Reward-based italiane, ritroviamo la partenopea DeRev, tra le startup vincitrici della nostra competition VulcanicaMente: è una piattaforma che si rivolge a progetti e idee innovative e creative che riescono a risolvere un problema o fornire un nuovo prodotto in grado di migliorare la vita delle persone e della comunità. Si tratta quindi di idee e progetti con una forte propensione al sociale, nella maggior parte dei casi in campo artistico e culturale.
DeRev offre un servizio di crowdfunding a chi fa parte della community, che può essere di varie tipologie (All or nothing, Keep it all e Fundraising, a seconda della presenza o meno di target prefissati in termini di durata e di somma da raccogliere), tutte afferenti al modello Reward-based in quanto prevedono una “ricompensa”.

Le altre piattaforme italiane di crowdfunding elencate nel report e afferenti al modello Reward-based sono: Boomstarter, Com-Unity, Crowdfunding-Italia, Eppela, Kapipal, Produzioni dal Basso, Starteed, Finanziami il tuo futuro, Kendoo, Cineama, Musicraiser.

Tra le piattaforme che si occupano della raccolta di Donazioni, invece, nasce a Napoli nel 2010 Fund For Culture, piattaforma on line nata allo scopo di promuovere l’innovazione sociale nel settore culturale. Il progetto si rivolge, quindi, da un lato a coloro che sono in cerca di fondi per realizzare un’iniziativa culturale e, dall’altro, al mondo dei donatori in Italia che vogliano sostenere la cultura nel territorio. Il crowdfunding messo in pratica da Fund For Culture è quindi a fondo perduto per gli investitori. La piattaforma Fund For Capital ha all’attivo il Kublai Award 2011 ed è stata tra i finalisti di Working Capital 2011.

Le Donazioni rappresentano il modello di crowdfunding con il rapporto più alto tra progetti presentati e finanziati: ben 130 progetti finanziati su 176, per un totale di 245.000 euro raccolti ed erogati grazie al crowdfunding.
Le altre piattaforme di Crowdfunding italiane che applicano il modello delle Donazioni sono: BuonaCausa, Iodono, Pubblico Bene, Retedeldono, ShinyNote, Terzo Valore.

Il report prosegue con le due piattaforme italiane dedicate al Crowdfunding Equity-based: si tratta, come abbiamo detto, del modello di raccolta dei capitali più idoneo per le startup, che in Italia è ancora relativamente poco diffuso rispetto ai primi due modelli analizzati. Abbiamo già accennato all’attuale situazione del sistema di Equity crowdfunding italiano, che è in attesa di regolamentazione: nel frattempo, il report evidenzia come ad oggi le piattaforme Equity-based siano le meno diffuse in Italia, anche dal punto di vista del numero di progetti ricevuti e finanziati. Le piattaforme Reward-based, infatti, hanno ricevuto 1.522 progetti e ne hanno finanziati con successo 242, mentre il Crowdfunding Equity-based ha finanziato 8 progetti sui 110 ricevuti, per un valore totale pari a due milioni di euro.

Le due piattaforme Equity-based attualmente operanti sul mercato italiano indicate dal report sono SiamoSoci (marketplace per startup non quotate in cerca di investitori, che attualmente collabora con Working Capital di Telecom Italia) e We Are Starting (piattaforma di recente creazione, nata nel marzo 2013).

Ultimo modello di crowdfunding attualmente presente nelle piattaforme italiane è quello di Social Lending, detto anche P2P (Peer-to-Peer). Il cosidetto prestito sociale ha finanziato circa il 35% dei progetti ricevuti, con 1.855 finanziati su 5.313 per un totale di oltre 10 milioni di euro.
Le due piattaforme italiane di Social Lending sono Prestiamoci e Smartika: la prima nasce nel 2010, ed è un marketplace in cui si incontrano Richiedenti e Prestatori.
Un aspetto molto importante è la diversificazione del portafoglio di progetti in cui ciascun prestatore investe, un meccanismo che consente di controllare al meglio il rischio.
Anche Smartika è strutturata come una piattaforma di incontro tra Prestatori e Richiedenti, e prevede un meccanismo di diversificazione del portafoglio di investimento simile a quello di Prestiamoci. Nata in origine come Zopa, la sua attività è stata interrotta nel 2009 dopo alcuni mesi di lavoro per problemi inerenti alla mancanza di Autorizzazioni. Da circa un anno, ottenute le Autorizzazioni in questione, il team di Zopa ha ripreso la propria attività con la piattaforma Smartika.

Il Report include anche l’analisi delle criticità del sistema di crowdfunding italiano: prima di tutto, evidenzia l’attuale situazione di scarsa chiarezza del quadro normativo, ma come sappiamo tale aspetto è attualmente in via di definizione. Si riscontra inoltre una mancanza di cultura del crowdfunding e difficoltà nella promozione e comunicazione delle piattaforme. Infine, l’attuale sistema di pagamento presenta delle difficoltà tecniche.

Ciò nonostante, si riconosce una grande vivacità nel mercato di crowdfunding italiano: si tratta di un sistema che sta maturando facendosi via via più complesso e articolato, ma mantenendosi comunque in una situazione di crescita controllata.
Si evidenzia inoltre una maggiore attenzione alla necessità di diffusione della conoscenza di questo importante strumento a fasce sempre più ampie della popolazione: lo dimostra l’aumento degli eventi sul crowdfunding in tutto il territorio nazionale.
Tutti questi aspetti fanno ben sperare per l’evoluzione e la diffusione del crowdfunding in Italia, visto da più parti come uno strumento fondamentale per la nascita di progetti basati sull’innovazione e sulla sostenibilità che possano guidare i nuovi imprenditori verso il futuro e il cambiamento: restiamo in attesa del Regolamento della Consob per capire quali saranno le evoluzioni.

Per saperne di più, il Report è disponibile al seguente link: http://www.slideshare.net/crowdfuture

Napoli, 30/04/2013

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