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Tag: società

Parte oggi il nuovo Microcredito del Fondo di Garanzia: 40 milioni per startup e professionisti

A partire da oggi, 27 maggio 2015, è operativo l’intervento del Fondo Centrale di Garanzia per le operazioni di Microcredito dedicato, in particolare, a giovani imprenditori, startup e professionisti titolari di partita IVA.
Regolato dai Decreti MISE del 24 dicembre 2014 e del 18 marzo 2015, l’intervento in questione prevede lo stanziamento di 40 milioni di euro destinati non ad erogazione diretta, bensì a favorire la concessione di finanziamenti attraverso la garanzia pubblica.

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Come anticipato in questo post del nostro blog, il Microcredito del Fondo Centrale di Garanzia permette la copertura di finanziamenti fino ad un massimo di 25.000€ (elevabili a 35.000 in alcuni casi specifici) per una durata massima di 7 anni. Caratteristica principale dell’intervento è la possibilità di ottenere la garanzia in maniera diretta e rapida, tramite il sito istituzionale del Fondo, seguendo un percorso in tre step:

1) Prenotazione. I soggetti beneficiari possono prenotare on line la garanzia attraverso un’apposita procedura telematica (qui, il link di riferimento). Dopo aver effettuato la registrazione, si può effettuare la prenotazione, indicando alcuni dati (codice fiscale, ragione sociale, forma giuridica, PEC e indirizzo e-mail) e l’importo dell’operazione. Al termine della procedura, il richiedente avrà una ricevuta di attestazione dell’avvenuta prenotazione.

2) Conferma della prenotazione. La prenotazione on-line non comporta automaticamente la concessione della garanzia, né del connesso finanziamento: entro i successivi 5 giorni lavorativi, il soggetto beneficiario deve infatti trovare un soggetto disponibile a concedere il finanziamento e a confermare on-line la prenotazione. A tal fine si deve presentare al finanziatore la ricevuta di prenotazione e l’allegato 4 disponibile sul sito del Fondo.

3) Presentazione della domanda di ammissione alla Garanzia. Dopo la conferma della garanzia prevista dal passaggio precedente, è infine previsto un termine di 60 giorni entro il quale un soggetto abilitato ad operare con il Fondo dovrà presentare la richiesta di ammissione alla Garanzia.

I soggetti beneficiari che possono accedere al Microcredito del Fondo di Garanzia sono imprese già costituite o i professionisti già titolari di partita IVA, in entrambi i casi da non più di 5 anni.

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Sia i professionisti che le imprese devono avere non più di 5 dipendenti, che salgono a 10 soltanto nei casi di Società di persone, SRL semplificate, cooperative. Ancora, l’intervento prevede delle limitazioni per l’attivo patrimoniale (massimo 300.000€), i ricavi lordi (fino a 200.000€) e il livello di indebitamento (non superiore a 100.000€).
Inoltre, i professionisti devono essere iscritti agli ordini professionali o aderire alle associazioni professionali iscritte nell’elenco tenuto dal MISE ai sensi della legge 4/2013.

Riguardo agli investimenti ammissibili, i finanziamenti dovranno essere finalizzati all’acquisto di beni e servizi direttamente connessi all’attività svolta, al pagamento di retribuzioni di nuovi dipendenti o soci lavoratori e al sostenimento dei costi per corsi di formazione.

Riguardo alla possibilità di ottenere copertura fino a 35.000€ (anziché 25.000), essa si verifica nel caso in cui il finanziamento preveda l’erogazione frazionata, previa effettuazione di versamenti al pagamento puntuale di almeno le ultime sei rate pregresse e al raggiungimento di risultati intermedi stabiliti dal contratto.

Per maggiori informazioni, si rimanda al sito web istituzionale: http://www.fondidigaranzia.it/microcredito.html

Napoli, 27/05/2015

Coopstartup Unicoop Tirreno: il Bando per startup cooperative che garantisce formazione e premi in denaro

A partire dal 1° maggio 2015 è aperto il Bando per la promozione di startup cooperative “Coopstartup Unicoop Tirreno – Nuove imprese crescono. Saranno cooperative”, nato dall’iniziativa di Unicoop Tirreno e Coopfond allo scopo di incentivare e supportare la nascita di nuove imprese cooperative ad opera di giovani italiani, con progetti basati sull’innovazione tecnologica, organizzativa e sociale.

Il Bando Coopstartup Unicoop Tirreno è aperto a gruppi composti da almeno tre aspiranti cooperatori, in cui la maggioranza abbia età inferiore a 35 anni, e ad imprese cooperative costituite nel 2015 (anche in questo caso, con maggioranza di soci under 35). Nello specifico:

i gruppi di aspiranti cooperatori dovranno costituire una società cooperativa nelle aree territoriali di riferimento di Unicoop Tirreno (province di Grosseto, Livorno, Lucca, Massa Carrara, Frosinone, Latina, Roma, Viterbo, Avellino, Caserta, Napoli e Terni);

le cooperative già costituite dovranno avere sede legale nelle province di Grosseto, Livorno, Lucca, Massa Carrara, Frosinone, Latina, Roma, Viterbo, Avellino, Caserta, Napoli e Terni.

La call per Coopstartup Unicoop Tirreno resterà aperta fino al 31 luglio 2015 e si focalizza su progetti innovativi nelle seguenti aree:

1) salute, cambiamenti demografici e benessere;

2) sicurezza alimentare, agricoltura sostenibile, ricerca marina e marittima e bioeconomia;

3) energia sicura, pulita ed efficiente;

4) trasporti intelligenti, ecologici e integrati;

5) azione per il clima, efficienza delle risorse e materie prime;

6) società inclusive, innovative e sicure;

7) salvaguardia e fruibilità del patrimonio storico, artistico, culturale, naturalistico e paesaggistico;

8) promozione e valorizzazione turistica del territorio.

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Le iscrizioni al Bando vanno effettuate esclusivamente on-line attraverso la piattaforma Coopstartup (il link di riferimento è http://unicooptirreno.coopstartup.it/iscrizione.html), entro la deadline fissata al 31/07/2015.
La documentazione da allegare consiste in:

per i gruppi che intendono costituire una cooperativa: descrizione dettagliata dell’iniziativa imprenditoriale (Allegato A) e curriculum dei componenti del team;

per le imprese cooperative già costituite: descrizione dettagliata dell’iniziativa imprenditoriale (Allegato A), curriculum degli amministratori e delle figure-chiave aziendali, autocertificazione per atto costitutivo e statuto.

Il Bando Coopstartup Unicoop Tirreno prevede, per tutti coloro che presenteranno domanda, l’accesso gratuito al programma di formazione “10 steps and go”, specifico per la costituzione di startup cooperative (dal 1° agosto al 15 settembre 2015). In questo arco temporale, saranno selezionate le 30 idee di impresa che accedono alla fase successiva.

Dal 16 settembre al 15 ottobre 2015, i 30 gruppi scelti attraverso la prima selezione avranno accesso ad un percorso di formazione intensiva gratuita della durata di almeno tre giornate, per mettere a punto i progetti e valutarne la realizzabilità in forma cooperativa.

Nel periodo 16/31 ottobre, i 30 gruppi dovranno produrre un progetto imprenditoriale con business plan e video di presentazione da depositare sul sito web dedicato all’iniziativa. Sulla base di questo materiale sarà avviata la successiva fase di valutazione (1/30 novembre), al termine della quale saranno scelti i 5 progetti vincitori.

Per i 5 progetti vincitori di Coopstartup Unicoop Tirreno sono previsti i seguenti premi:

accompagnamento alla costituzione in cooperativa da parte di Legacoop (previa adesione a Legacoop);
fino a 10.000 € di contributo a fondo perduto da parte di Unicoop Tirreno + 5.000 € di contributo da parte di Coopfond;
possibilità di accedere ad un finanziamento fino a 150.000 € (a copertura di un massimo del 50% degli investimenti);
possibilità di attivare gli altri prodotti finanziari di Coopfund;
accompagnamento post-startup per i 36 mesi successivi alla costituzione, a prezzo garantito da Unicoop Tirreno presso partner convenzionati.

Per saperne di più, si rimanda alla lettura integrale del Bando disponibile qui: http://unicooptirreno.coopstartup.it/BandoUnicoopTirreno.pdf

Napoli, 15/05/2015

Splitting Equity: come suddividere nel modo giusto le quote di una startup

Il portale Entrepreneur ha recentemente pubblicato un post firmato da Drew Handricks (Startup Advisor, specializzato in Marketing) che racchiude alcuni consigli utili per i founder di startup alle prese con un momento caratteristico della vita delle nuove imprese: si tratta della suddivisione dell’Equity, che diventa fondamentale nella fase di passaggio dalla nascita dell’idea al momento in cui quest’ultima sta diventando effettivamente redditizia e remunerativa.

In genere, spiega Handricks, in questa fase capita che tutti coloro che hanno in qualche modo avuto un ruolo nel processo di nascita e crescita dall’idea alla startup cominciano a battersi per avere un pezzetto di quest’ultima, sotto forma di Equity.
Di fronte a questa situazione sono i founder a doversi assumere la responsabilità di suddivisione dell’Equity, tenendo presente sia il principio di giusta suddivisione tra tutti coloro che hanno contribuito alla creazione della startup, sia le necessità e le esigenze fondamentali dell’azienda per raggiungere e mantenere un successo di lungo termine.

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Il problema dell’attività di “Splitting Equity” è rappresentato, secondo l’autore del post, dall’impossibilità di effettuare una suddivisione basata su tagli netti e uguali per tutti: nella maggioranza dei casi sono infatti coinvolte più di due persone ed esplodono disaccordi, dovuti al fatto che alcuni erano coinvolti fin dall’inizio nel progetto e altri sono attivati in seguito, etc. Ecco perchè è consigliabile avere alcune linee guida di riferimento, che Handricks elenca nel modo seguente:

1) Avvantaggiarsi grazie a tools e risorse

Non è possibile affidarsi ad un approccio interamente manuale nella suddivisione dell’Equity di una startup: avere un ruolo importante nelle decisioni da prendere non significa pretendere di controllare manualmente l’intero processo. In altre parole, è utile utilizzare tools automatici (l’autore cita come esempio eShares) per semplificare il processo e risparmiare tempo e risorse. Esistono una serie di tools e risorse sofisticate che possono essere decisamente più utili di un foglio di calcolo in Excel, e vale la pena utilizzarli.

2) Porre l’accento sullo “sweat equity”

Sicuramente i contributi sotto forma di capitale sono indispensabili (e possono e devono essere ricompensati), ma ciò che bisogna veramente premiare è il lavoro offerto e non retribuito (il così detto “sweat equity”). L’Equity va distribuito tra coloro che più di tutti hanno lavorato all’idea, e tra coloro che continueranno a farlo in futuro.
Su quest’ultimo punto è importante capire come intendono proseguire la propria carriera i collaboratori: chi ha intenzione di lasciare il proprio lavoro per proseguire a collaborare full-time con la nostra startup si assume un rischio elevato, che va retribuito in maniera differente rispetto a chi sceglie, ad esempio, di proseguire la propria esperienza nella nostra startup con una collaborazione part-time.

3) Non agire troppo in fretta

Sicuramente è impensabile ritardare troppo la suddivisione dell’Equity, ma al tempo stesso occorre fare attenzione a non incorrere nell’errore contrario, correndo troppo. La parola chiave nell’attività di Splitting Equity è, secondo Handricks, “pazienza”: i founder devono prendersi il tempo necessario per ascoltare tutti i componenti del team, rispondere a tutte le domande, riflettere sulle proprie decisioni. Se l’azienda dovesse riuscire ad avere grande successo, anche un solo punto percentuale in futuro potrà fare un’enorme differenza.

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4) Evitare di essere troppo coinvolti nell’idea originale

Mentre per alcuni il peso maggiore e, di conseguenza, la quota più grande di Equity dovrebbe essere data al co-founder che ha avuto l’idea, Handricks sostiene che questo fattore non deve essere di primaria importanza quando si prendono le decisioni di Splitting Equity. I contributi effettivi in termini di lavoro svolto devono avere la priorità (si tratta dello “sweat equity” di cui si parla al punto 2), tranne nei casi in cui chi ha avuto l’idea iniziale è anche colui che ha lavorato di più.

5) Non lasciare che le emozioni controllino le decisioni

Spesso i co-founder di una startup sono legati tra loro personalmente (per amicizia, legami familiari o precedenti esperienze lavorative). Ciò significa, nella maggioranza dei casi, che si tratta di persone abituate ad interagire non soltanto al lavoro, ma anche negli altri ambiti della vita. Questo aspetto può risultare particolarmente ingombrante nelle decisioni di suddivisione dell’Equity: si cerca infatti di non rovinare le relazioni interpersonali esistenti.
Per questo motivo, l’autore consiglia di mettere in atto uno sforzo supplementare per evitare che le emozioni prendano il sopravvento nelle decisioni di Splitting Equity.

6) Prevedere un periodo di maturazione per le azioni

Sarebbe opportuno, infatti, prevedere per le azioni della startup un periodo di “vesting”, ossia di maturazione per l’acquisizione definitiva delle stesse. Questo perchè ciò che è vero oggi, potrebbe cambiare tra sei mesi o un anno: non si sa mai se un co-founder deciderà di lasciare la startup, e c’è il rischio concreto che vada via continuando a detenere una quota importante della società.

In conclusione, afferma Drew Handricks, l’attività di Splitting Equity può rappresentare uno dei momenti più difficili che i co-founder di una startup deve affrontare: bisogna prendere delle decisioni difficili ed essere pronti ad affrontarne le conseguenze. I consigli contenuti in questo post possono essere un buon punto di partenza.

Per leggere il post originale: http://www.entrepreneur.com/article/245037

Napoli, 27/04/2015

La Guida del MISE all’uso dei piani azionari e del work for equity per startup innovative e incubatori certificati

Lo scorso 24 marzo 2015 il Ministero dello Sviluppo Economico ha pubblicato la Guida all’uso dei piani azionari e del work for equity – Strumenti di incentivazione e remunerazione di personale e consulenti di startup innovative e incubatori certificati: all’interno della Guida, sono specificati nel dettaglio le caratteristiche e le modalità delle agevolazioni fiscali e contributive previste dalla normativa nazionale.

Le startup innovative e gli incubatori certificati (ai sensi del D.L. 179 del 18 ottobre 2012) hanno infatti diritto a beneficiare delle opportunità previste in materia di remunerazione e incentivazione dei dipendenti e dei prestatori di servizi esterni, sia in caso di remunerazione sotto forma di azioni e strumenti finanziari (piani di incentivazione per il personale) che in caso di work for equity.

PIANI DI INCENTIVAZIONE PER IL PERSONALE

La Guida analizza innanzitutto le agevolazioni previste in caso di piani di incentivazione per il personale, e quindi per le remunerazioni corrisposte sotto forma di strumenti finanziari.
L’agevolazione, di tipo fiscale e contributivo, prevede la non imponibilità dei redditi di lavoro e dei diritti di opzione per l’acquisto di azioni e strumenti finanziari, attribuiti da una startup innovativa o da un incubatore certificato ai propri amministratori, dipendenti e collaboratori continativi.

In particolare, la Guida analizza (a titolo puramente esemplificativo) le seguenti tipologie di compensi agevolati:

1) Azioni e Quote

La Guida ricorda che le startup innovative possono assegnare al proprio personale, oltre ad azioni o quote ordinarie, anche azioni o quote di categoria particolare. In questo caso, le azioni o quote possono prevedere diritti economici e/o amministrativi diversi da quelli comunemente attribuiti a tutti i soci.

Tuttavia, il MISE specifica che tali diritti particolari non possono consistere in una percentuale maggiorata di dividendi per la durata del divieto di distribuzione degli utili previsto dalla normativa.

L’assegnazione di azioni o quote può avvenire secondo differenti modalità: aumento di capitale a titolo gratuito, aumento di capitale a titolo oneroso (offerti in sottoscrizione).

2) Stock Option

Tale strumento finanziario attribuisce il diritto a sottoscrivere, ad un prezzo determinato, azioni o quote che saranno emesse in futuro dalla società. Per tale strumento finanziario è prevista una data di maturazione (vesting date) a parire dalla quale è possibile esercitare la stock option.

Di solito, la vesting date coincide con il raggiungimento di obiettivi di performance prestabiliti e/o con la continuazione del rapporto di lavoro per un dato periodo di tempo.

3) Restricted Stock e Restricted Stock Unit

Le Restricted Stock sono azioni o quote soggette a limitazione per il trasferimento o il diritto di percepire dividendi. Tali limitazioni decadono dopo un periodo di tempo stabilito dalla società che le emette.

Le Restricted Stock Unit attribuiscono invece il diritto al beneficiario di ottenere, trascorso un periodo di tempo prestabilito, la titolarità effettiva di quote o azioni.

4) Strumenti finanziari partecipativi.

Sono strumenti emessi dalle società con caratteristiche, termini e condizioni specifiche. La possibilità di emettere strumenti finanziari partecipativi deve essere prevista dallo statuto e la società deve predisporre un apposito regolamento sull’argomento.

Gli strumenti finanziari partecipativi non attribuiscono qualità di socio, non consentono la partecipazione al capitale sociale, ma possono conferire diritti patrimoniali ed amministrativi.
Anche in questo caso, le caratteristiche, i termini e le condizioni devono rispettare la tempistica prevista dalla normativa riguardo al divieto di distribuzione degli utili per le startup innovative.

WORK FOR EQUITY

Si tratta di un’agevolazione fiscale prevista per i compensi a collaboratori e consulenti di startup innovative e incubatori certificati che consiste nella possibilità di remunerare tali soggetti con l’assegnazione di azioni, quote e strumenti finanziari partecipativi emessi a fronte della prestazione di opere o servizi.

Attraverso il work for equity, l’assegnazione di azioni, quote o strumenti finanziari partecipativi è esente da imposte e non concorre alla formazione del reddito imponibile.

In caso di work for equity non sono previste limitazioni alla successiva cessione dei titoli, per cui il regime di agevolazione previsto per le startup innovative non decade anche in caso di cessione di tali strumenti.

Le startup che decidono di avvalersi di politiche di work for equity possono infine stabilire uno specifico accordo che regoli tutti i dettagli relativi al tipo di opera e servizio da rendere, la valorizzazione degli apporti, gli obiettivi da raggiungere e le conseguenze in caso di mancata fornitura dell’opera o servizio.

Per maggiori informazioni e dettagli si rimanda alla lettura del testo integrale della Guida, disponibile al seguente link: http://www.mise.gov.it/images/stories/documenti/Guida_piani_azionari_e_work_for_equity.pdf

Napoli, 02/04/2015

 

 

Passione, innovazione e lavoro di squadra: perché pensare come una startup è utile anche alle grandi aziende

Philip Brittan è CTO e Global Head of Platform alla Thomson Reuters, società statunitense nel settore dell’informazione nata nel 2008 dalla fusione tra il colosso dell’informazione finanziaria canadese Thompson e la Reuters, agenzia di stampa britannica con sede a Londra.

Nella fase iniziale della sua carriera ha partecipato alla fondazione e allo sviluppo di tre startup, per poi approdare a ruoli dirigenziali in grandi aziende: a prima vista, il suo percorso lavorativo potrebbe sembrare a ritroso, visto che nell’immaginario comune i giovani iniziano a fare esperienza come dipendenti in azienda per poi provare a dar vita al proprio progetto imprenditoriale come founder di startup. In realtà, come spiega Brittan in un interessante articolo dell’Huffington Post, il suo percorso è molto più lineare di quanto si possa immaginare: ciò che si impara in una startup è spesso un valore aggiunto inestimabile per lavorare in una grande azienda.

Secondo Brittan, infatti, alcuni aspetti tipici di una startup, come il senso di libertà e di accesso alle possibilità, l’attenzione all’innovazione, la passione per la mission e l’attaccamento ai valori della cultura aziendale possono essere fondamentali per una grande azienda.
Ma quali sono i fattori di base che una startup possiede e che gli permettono di avere accesso a queste caratteristiche? Secondo l’autore, sono essenzialmente due: la novità e le piccole dimensioni.

Una startup, per definizione, è un’azienda appena nata e per questo riesce a non avere aspettative: questo aspetto è fondamentale per quel senso di libertà e di “possibilità” tipico di una startup.
L’aspetto legato alle piccole dimensioni, invece, viene riassunto da Brittan in un’espressione metaforica: “you can easily see the edges“.

In inglese, “edge” significa “bordo, margine”: l’autore sostiene che un’azienda può essere immaginata come un gruppo di persone (il team) all’interno di un recinto: al di fuori del recinto c’è il resto del mondo, quindi i clienti, i concorrenti, i fornitori, etc. Una startup, grazie alle sue dimensioni ridotte, può vedere al di là del recinto molto più facilmente: questo significa avere sempre la possibilità di guardare con chiarezza il business e di focalizzare al meglio il mercato e le sue dinamiche.

Il primo aspetto tipico di una startup che anche le grandi aziende dovrebbero adottare è quindi la capacità di mantenere il focus sul mondo esterno: spesso, invece, sono talmente concentrate sul proprio business da perdere il punto di vista su ciò che accade fuori.

Inoltre, stare “vicino ai bordi” ha un impatto positivo sul team: tutti lavorano fianco a fianco, il senso di attaccamento e di cultura aziendale raggiunge livelli molto elevati e tutti sono istintivamente portati ad un senso di responsabilità condivisa. Il team di una startup è guidato da founder con senso di leadership efficace e animati da forte passione. Infine, spesso le risorse sono limitate e questo aspetto è il motore dell’innovazione: si cerca di far crescere l’azienda adottando nuovi sistemi con le risorse limitate a disposizione (approccio agile e flessibile).

In una grande azienda, invece, tutti questi aspetti si perdono di vista, assieme al contatto diretto con il cliente e con il mercato. Inoltre, l’organizzazione è spesso basata su processi e sistemi standardizzati che annullano il senso di responsabilità condivisa, facendo sentire le persone come se lavorassero in maniera meccanica, automatica.

In conclusione, tutte le aziende, a prescindere dalla dimensione e dal numero di anni di attività, possono beneficiare dall’adottare il modo di pensare di una startup. Brittan offre quindi alcuni spunti utili per le aziende che desiderano cogliere e mettere in pratica gli aspetti e le caratteristiche tipiche delle startup:

1) Concentrarsi attentamente sul cliente e sulla sua soddisfazione.

I clienti non vanno visti come un’entità astratta e lontana, ma come una realtà effettiva: l’ideale è costruire e mantenere delle relazioni con la clientela, trascorrere del tempo con i clienti, cercare di immergersi nella loro realtà per capire i loro bisogni. Per dirlo con le parole di Brittan: “I believe that the greatest source of truth you can have in business is sitting face to face with a customer“.

2) Creare un senso di responsabilità condivisa

L’autore ricorda con grande piacere i meeting ai quali partecipava assieme a tutti i membri del team quando lavorava in una startup. Lo scopo degli incontri era quello di capire cosa stava facendo la squadra: non c’era una suddivisione esasperata dei ruoli e delle attività, piuttosto la condivisione degli obiettivi e delle strategie da mettere in atto per raggiungerli. Il lavoro di squadra in una startup si basa sulla collaborazione, sapendo che si riesce o si fallisce tutti insieme.

3) Riconoscere che le risorse sono limitate e avere un approccio agile

Rendersi conto che qualsiasi azienda ha dei vincoli dovuti al fatto che le risorse sono limitate è il primo passo per capire come agire di conseguenza. I vincoli devono essere utilizzati come catalizzatori per l’innovazione, come molla che fa scattare l’inventiva: sono una risorsa indispensabile per attivare la creatività.
Una volta individuati i limiti, occorre poi darsi da fare per stabilire le priorità (non è possibile fare tutto!) e stabilire delle strategie agile e flessibili per raggiungere gli obiettivi.

Il post originale è disponibile qui: http://www.huffingtonpost.com/philip-brittan/how-every-business-can-be_b_6624070.html

Napoli, 06/02/2015

La call 2015 di UniCredit Start Lab: formazione, networking e grant da 10K per startup innovative e tecnologiche

Sono aperte le selezioni per partecipare all’edizione 2015 di UniCredit Start Lab, il programma di accelerazione per startup di UniCredit S.p.A. che si propone di sostenere la nascita e lo sviluppo di nuove iniziative imprenditoriali innovative ad alto contenuto tecnologico.

Fino al 30 aprile 2015 è possibile inviare la propria candidatura per accedere al programma annuale della Startup Academy e ai grant da 10.000€ messi a disposizione per le migliori startup in ciascuno dei settori individuati da UniCredit:

Life Science: biotecnologie, Pharma, Medical Devices e servizi di Health Care;
Clean Tech: energie rinnovabili, efficienza energetica e mobilità sostenibile;
ICT/Web/Digital: Digital Design, Mobile Apps e Hardware;
Innovative Made in Italy – Services & Industrial: Fashion, materiali innovativi, nanotecnologie e robotica.

Possono presentare domanda di partecipazione al Programma UniCredit Start Lab 2015 persone fisiche e startup in possesso dei seguenti requisiti:

– persone fisiche maggiorenni, che intendano costituire una società entro sei mesi dall’accesso al Programma;
– persone fisiche maggiorenni che detengano, alla data di presentazione della domanda di partecipazione (individualmente o in team), almeno il 51% del capitale di una startup (la società deve essere stata costituita dopo il 1° gennaio 2011).

UniCredit prevede, per le quattro migliori startup in ciascuna delle categorie elencate, l’accesso al programma di accelerazione 2015 che prevede:

– assegnazione di un grant da 10.000€ alla migliore startup in ciascuna delle quattro categorie;
– partecipazione al Pitch Day, evento di incontro con potenziali investitori (Venture Capital, Business Angel, Fondi Early Stage, etc) che sarà realizzato entro 12 mesi dall’inizio del Programma UniCredit Start Lab 2015;
– accesso alla Startup Academy, il programma di formazione imprenditoriale in cui le startup potranno incontrare gli esperti di UniCredit e degli altri partner dell’iniziativa (tra cui Accenture e Legance);
– accesso al programma di mentoring Unicredit, con assegnazione di un mentor a ciascuna startup che seguirà i team con incontri periodici;
– assegnazione di un Relationship Manager di Unicredit che seguirà le esigenze bancarie della startup;
– assistenza e supporto nella ricerca di partner attraverso il network di Unicredit;
– visibilità attraverso il sito UniCredit Start Lab;
– accesso al pacchetto Microsoft BizSpark per le startup del settore ITC/Web/Digital.

Per partecipare alle selezioni occorre compilare la domanda disponibile dopo aver effettuato la registrazione al seguente link: http://startlab.impact.it/startlab/login.php

Le domande, corredate di Business Plan e della documentazione indicata all’art. 6 del Regolamento, dovranno essere inviate entro la deadline fissata per il 30/04/2015.

Per maggiori informazioni, per il Regolamento e per candidarsi a UniCredit Start Lab 2015: https://www.unicreditgroup.eu/startlab/it.html

Napoli, 30/01/2015

Il regime Patent Box: agevolazioni fiscali per imprese che lavorano con beni immateriali

La Legge di Stabilità 2015 (n. 190/2014, commi da 37 a 45) prevede il cosiddetto regime “Patent Box”, destinato alle imprese che gestiscono beni immateriali (intangibles): si tratta di un regime opzionale di tassazione agevolata di cui le imprese potranno usufruire a partire dal 2015.

La normativa in questione nasce per arginare eventuali fenomeni di delocalizzazione dei beni immateriali, cercando al contempo di incentivare il rientro in Italia di tali beni (in particolare marchi e brevetti) che gruppi italiani localizzano oggi all’estero. Anche altri paesi Europei prevedono infatti un regime agevolatorio simile, condizione che ha accentuato negli anni un fenomeno per cui le imprese italiane delocalizzavano all’estero le attività basate su beni intangibili allo scopo di usufruire del regime di tassazione esistente in altri Paesi.
La nuova normativa italiana cerca di arginare tale fenomeno, differenziandosi dai regimi Patent Box di altri stati europei per la caratteristica di estendersi, come vedremo, a tutte le tipologie di intangibles.

Come affermato ai commi 37 e 38, l’agevolazione Patent Box è riservata ai titolari di reddito di impresa: sono coinvolte tutte le tipologie di forma giuridica, imprese di ogni dimensione e con qualsiasi tipologia di regime contabile (società di persone e di capitali, imprese individuali, organizzazioni italiane non residenti in territorio nazionale ma comunque residenti in Paesi “white list” – i Paesi “white list” sono quelli in cui esiste un accordo per evitare la doppia imposizione e con cui sia possibile scambiare le informazioni necessarie).

Riguardo alle tipologie di beni immateriali per i quali è possibile richiedere l’applicazione del regime Patent Box, il comma 39 stabilisce che è possibile detassare i redditi derivanti dall’utilizzo “delle opere dell’ingegno, di brevetti industriali, di marchi d’impresa funzionalmente equivalenti ai brevetti, nonchè di processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili“.

In particolare, per “marchi d’impresa funzionalmente equivalenti a brevetti” il legislatore provvede a chiarire che tali marchi sono quelli per il cui mantenimento, accrescimento o sviluppo è necessario il sostenimento di spese per attività di ricerca e sviluppo.
Non è obbligatoria la registrazione del bene immateriale, ma deve trattarsi di beni per cui la legislazione prevede “potenzialmente” la protezione; sono inoltre esclusi in ogni caso dall’agevolazione i marchi esclusivamente commerciali.

Come accennato in apertura, il regime di agevolazione Patent Box è esercitabile a partire dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014, quindi in generale a partire dal 2015.
Per usufruire delle agevolazioni fiscali è necessario esercitare l’opzione, che è irrevocabile e valida per 5 anni.
Il regime Patent Box rileva ai fini della determinazione delle imposte sui redditi, anche ai fini IRAP.

L’agevolazione del regime Patent Box consiste nell’esclusione da imposizione dei redditi per utilizzo diretto, per cessione o per concessione in uso dei beni intangibili:

 in caso di utilizzo diretto: sarà esclusa da imposizione la quota parte del reddito derivante dall’utilizzo dei beni immateriali, determinata in base ad una procedura di ruling internazionale. Le percentuali di detassazione previste sono: 30% per il 2015, 40% per il 2016, 50% per il 2017;

 in caso di concessione in uso: l’esclusione da imposizione sarà applicata ai relativi redditi secondo le percentuali di detassazione del30% per il 2015, 40% per il 2016, 50% per il 2017.

 in caso di cessione: il regime di tassazione agevolata si applica anche al reddito delle plusvalenze derivate dalla cessione dei beni immateriali. In questo caso, la detassazione è integrale a condizione che entro la fine del secondo periodo di imposta successivo alla cessione almeno il 90% del corrispettivo sia reinvestito per attività di manutenzione e sviluppo di altri beni intangibili agevolabili.

Infine, i commi 41 e 42 trattano l’argomento delle condizioni per usufruire delle agevolazioni del regime Patent Box: è necessario che i soggetti richiedenti svolgano attività di ricerca e sviluppo, anche attraverso contratti di ricerca stipulati con Università ed Enti di ricerca. Tali contratti di ricerca devono essere finalizzati alla produzione dei beni intangibili oggetto del regime in questione.
Il calcolo della quota di reddito e del valore della produzione oggetto di agevolazione è definita dal rapporto tra costi di attività di ricerca e sviluppo sostenuti per mantenimento, accrescimento e sviluppo del bene e costi complessivi sostenuti per produrre il bene.

Per maggiori informazioni e approfondimenti, il testo integrale della Legge di Stabilità 2015 è pubblicato in G.U. n. 300 del 29/12/2014 ed è rintracciabile al seguente link: http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2014/12/29/14G00203/sg

FONTE: Fiscal Focus

Napoli, 20/01/2015

Finanziamenti alle imprese: dal MISE, il nuovo regime di aiuto per società cooperative

Con Decreto Ministeriale del 4 dicembre 2014, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 2 del 3 gennaio 2015, il Ministero dello Sviluppo Economico ha istituito un nuovo regime di aiuto destinato alla promozione delle società cooperative di piccola e media dimensione: gli incentivi sono finalizzati principalmente a sostenere la nascita e lo sviluppo di nuove società cooperative, mentre per le regioni del Mezzogiorno gli aiuti sono destinati anche alla crescita, allo sviluppo e alla ristrutturazione di società cooperative già esistenti.

Beneficiari del nuovo regime del MISE sono le società cooperative regolarmente costituite e iscritte del Registro delle imprese, con particolare attenzione alle società cooperative costituite da lavoratori provenienti da aziende in crisi, alle società cooperative sociali e alle società cooperative che gestiscono aziende confiscate alla criminalità organizzata. In generale, sull’intero territorio nazionale, gli aiuti saranno mirati al sostegno di nuove società ma, come accennato, per le regioni del Mezzogiorno sarà possibile finanziare anche società cooperative già esistenti.
Possono presentare domanda di agevolazioni anche le società cooperative non residenti in territorio italiano, purché abbiano una sede o filiale sul territorio nazionale alla data di erogazione del finanziamento: in ogni caso, gli investimenti devono essere effettuati in territorio italiano.

Le agevolazioni previste dal D.M. 4 dicembre 2014 si sostanziano in finanziamenti a tasso agevolato che dovranno essere richiesti alle società finanziarie autorizzate secondo le modalità e le tempistiche che verranno stabilite con provvedimento del Direttore Generale per gli incentivi alle imprese (vedi art. 8 del Decreto).
Una volta ammesse al regime di agevolazione, le società cooperative riceveranno un finanziamento a tasso agevolato che potrà coprire fino al 100% delle spese previste dal programma di investimento, per un importo non superiore a 1 milione di euro.

Le spese oggetto del piano di investimento possono riguardare la creazione di nuove unità produttive o l’ampliamento di unità produttive esistenti, la diversificazione dell’attività produttiva mediante l’introduzione di nuovi prodotti, il cambiamento e miglioramento dei processi produttivi, l’acquisizione di attivi direttamente connessi alle attività produttive.
Gli attivi acquistati possono essere beni materiali o immateriali, ma in ogni caso deve trattarsi di beni ammortizzabili.
Per i finanziamenti concessi per piani di investimento già avviati, è possibile inserire tra le spese ammissibili anche le spese inerenti lo svolgimento dell’attività di impresa.

I finanziamenti a tasso agevolato concessi secondo il regime del Decreto Ministeriale 4 dicembre 2014 hanno una durata massima di 10 anni (compreso l’eventuale periodo di preammortamento), da rimborsare secondo un piano a rate semestrali con scadenza al 31/05 e al 30/11 di ogni anno.
Il tasso di interesse è pari al 20%, nel rispetto dei limiti stabiliti dalla Commissione Europea. Le agevolazioni sono concesse nel rispetto del Regolamento De Minimis.

Per ulteriori informazioni e dettagli, il testo integrale del D.M. 4 dicembre 2014 è disponibile al seguente link: http://www.sviluppoeconomico.gov.it/images/stories/normativa/decreto_ministeriale_4dicembre2014.pdf

Napoli, 13/01/2015

Finanziamenti per nuove imprese e lavoratori autonomi: pubblicato in G.U. il Decreto per la disciplina del Microcredito

E’ stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 279 del 1° dicembre 2014 il testo del Decreto 17 ottobre 2014 n. 176 del Ministero dell’Economia e delle Finanze, dedicato alla disciplina del Microcredito per il finanziamento di nuove attività imprenditoriali e di lavoro autonomo.

La disciplina in questione entrerà in vigore a partire dal prossimo 16 dicembre, e sarà finalizzata al sostegno di attività di microimpresa e lavoro autonomo svolte in forma individuale, di associazione, di società di persone, di società a responsabilità limitata semplificata o di società cooperativa. Lo strumento del Ministero, inoltre, si propone l’obiettivo di promuovere l’inserimento di persone fisiche nel mercato del lavoro.

I finanziamenti del Microcredito sono destinati a persone fisiche che si trovino in condizioni di “particolare vulnerabilità economica o sociale”: disoccupazione, sospensione o riduzione dell’orario lavorativo, condizioni di non sufficienza di un componente del nucleo familiare, significativa contrazione del reddito.
Sono inoltre esclusi dai finanziamenti i soggetti elencati all’art. 1 del Decreto, tra cui ricordiamo:

a) lavoratori autonomi o imprese titolari di partita IVA da più di cinque anni;
b) lavoratori autonomi o imprese individuali con un numero di dipendenti superiore alle 5 unità;
c) società di persone, società a responsabilità limitata semplificata, o società cooperative con un numero di dipendenti non soci superiore alle 10 unità.

I finanziamenti del Microcredito possono raggiungere un importo massimo di 25.000 euro, che può essere aumentato di 10.000 euro nel caso di erogazione frazionata, in cui i versamenti successivi saranno subordinati al verificarsi di due condizioni: il pagamento puntuale di almeno sei rate pregresse e il raggiungimento dei risultati intermedi stabiliti dal contratto di finanziamento.
Il rimborso del finanziamento di Microcredito avviene in base ad un piano di rate a cadenza massima trimestrale, per una durata non superiore a sette anni.

Le spese ammissibili ai finanziamenti del Microcredito sono elencate all’art. 2 del Decreto. Nello specifico, possono essere finanziati progetti relativi a:

a) acquisto di beni e servizi strumentali allo svolgimento dell’attività;
b) retribuzione di nuovi dipendenti o soci lavoratori;
c) pagamento di corsi di formazione per accrescere la qualità professionale e le capacità tecniche e gestionali dell’imprenditore e dei lavoratori (nel caso di finanziamenti per l’inserimento nel mercato del lavoro, la formazione può essere anche universitaria o post-universitaria).

Secondo quanto previsto dall’art. 111 del T.U.B. (Testo Unico Bancario), i finanziamenti del Microcredito sono erogati attraverso specifici operatori iscritti in un elenco ad hoc gestito dalla Banca d’Italia, i quali presteranno ai beneficiari dei servizi ausiliari di assistenza e monitoraggio sia in fase istruttoria che di rimborso.
Tali servizi riguarderanno, tra l’altro, il supporto alla definizione della strategia di sviluppo del progetto e la formazione su svariati aspetti della gestione aziendale (amministrativo, contabile, tecnologico, etc).

Per ulteriori informazioni e approfondimenti:

Qui, il testo del Decreto n. 176 del 17/10/2014

Qui, il testo del T.U.B. – Testo Unico Bancario

Napoli, 09/12/2014

Decreto Cultura e Turismo: misure e disposizioni interessanti per startup e imprese innovative

E’ stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale (n. 175 del 30/07/2014) il testo della Legge n. 106/2014, che ha convertito in legge il Decreto Cultura e Turismo (n. 83/2014). Tra le disposizioni contenute nella legge, in vigore dal 31/07/2014, anche alcuni spunti interessanti per startup e imprese innovative (in particolare, in riferimento agli art. 9 e 11 bis).

Il Decreto Cultura e Turismo contiene una serie di misure finalizzate al rilancio e alla tutela del patrimonio culturale, artistico e paesaggistico nazionale, finalizzate a migliorare il livello di competitività nel settore turismo per il nostro Paese a livello internazionale: la legge prevede, ad esempio, l’Art-Bonus (credito di imposta per donazioni a sostegno della cultura), le misure di semplificazione relative al Grande Progetto Pompei e alcune disposizioni per la crescita del settore cinematografico e audiovisivo.

Tra le misure interessanti in tema startup, la conversione in legge del Decreto ha introdotto il nuovo articolo 11 bis, dedicato alle startup innovative nel settore turistico: secondo il comma 1, “si considerano startup innovative anche le società che abbiano come oggetto sociale la promozione dell’offerta turistica nazionale attraverso l’uso di tecnologie e lo sviluppo di software originali, in particolare, agendo attraverso la predisposizione di servizi rivolti alle imprese turistiche“.

La normativa sulle startup innovative prevista dall’art. 25 del Decreto Sviluppo bis (n. 179/2012) va quindi estesa anche alle nuove “startup turismo”, che dovranno svolgere servizi della seguente tipologia:

formazione del titolare e del personale dipendente;
costituzione e associazione di imprese turistiche e culturali, strutture museali, agenzie di viaggio al dettaglio, uffici turistici di informazione e accoglienza per il turista e tour operator di autotrasporto;
– offerta di servizi centralizzati di prenotazione in qualsiasi forma, compresi sistemi telematici e banche di dati in convenzione con agenzie di viaggio o tour operator, la raccolta, l’organizzazione, la razionalizzazione e l’elaborazione statistica dei dati relativi al movimento turistico;
elaborazione e sviluppo di applicazioni web che consentano di mettere in relazione aspetti turistici culturali e di intrattenimento nel territorio e lo svolgimento di attività conoscitive, promozionali e di commercializzazione dell’offerta turistica nazionale, in forma di servizi di incoming ovvero di accoglienza di turisti nel territorio, attivando anche nuovi canali di distribuzione.

L’art. 11 bis offre anche alcune specificazioni riguardanti la forma societaria delle startup turistiche: possono costituirsi in forma di SrlS (società a responsabilità limitata semplificata) e, in questo caso, saranno esenti da imposta di registro, diritti erariali e tasse di concessione governativa (qualora i soci siano persone fisiche che non abbiano ancora compiuto 40 anni all’atto di costituzione della società).

Infine, l’ultimo comma dell’art. 11 bis specifica che la normativa sulle startup innovative nel turismo si applicherà a decorrere dal 1° gennaio 2015.

Di particolare interesse per startup e imprese innovative, in particolare per quelle operanti in campo digitale, è anche l’art. 9 del Decreto Cultura e Turismo, contenente “disposizioni urgenti recanti introduzione di un credito d’imposta per la digitalizzazione degli esercizi ricettivi“.

Si tratta di una possibilità offerta a esercizi ricettivi (singoli o aggregati con servizi extra-ricettivi o ancellari), nonchè ad agenzie di viaggi e tour operator (appartenenti ai Cluster 10 e 11 previsti dal Decreto n. 303/2012 del Ministero dell’Economia e delle Finanze): l’agevolazione consiste in un credito d’imposta del 30% sui costi sostenuti per spese e investimenti in digitalizzazione fino ad un importo massimo complessivo di 12.500 €. Il credito d’imposta dovrà essere calcolato su investimenti relativi i periodi di imposta 2014, 2015 e 2016.

Le spese ammissibili al credito d’imposta per la digitalizzazione dovranno riguardare le spese elencate al comma 2 dell’art. 9, in particolare:

a) impianti wi-fi;
b) siti web ottimizzati per il mobile;
c) programmi e sistemi informatici per la vendita diretta, che siano in grado di garantire gli standard di interoperabilità con i portali di promozione pubblici e privati, al fine di favorire l’integrazione;
d) pubblicità, promozione e commercializzazione su siti e piattaforme informatiche specializzate;
e) servizi di consulenza per la comunicazione e il marketing digitale;
f) strumenti di promozione digitale in tema di inclusione e ospitalità per persone con disabilità;
g) formazione del titolare o del personale dipendente.

Il credito d’imposta per la digitalizzazione delle imprese turistiche sarà ulteriormente specificato (in termini di tipologie di spese ammissibili, procedure, etc.) attraverso un apposito Decreto del MIBAC di concerto con il MISE e il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Per maggiori informazioni e dettagli, il testo integrale del Decreto Cultura e Turismo, integrato con le modifiche della Legge di Conversione, è disponibile al seguente link: http://www.serviziparlamentari.com/index.php?option=com_mtree&task=att_download&link_id=4204&cf_id=70

Napoli, 01/08/2014

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