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Tag: priorità

Passione, innovazione e lavoro di squadra: perché pensare come una startup è utile anche alle grandi aziende

Philip Brittan è CTO e Global Head of Platform alla Thomson Reuters, società statunitense nel settore dell’informazione nata nel 2008 dalla fusione tra il colosso dell’informazione finanziaria canadese Thompson e la Reuters, agenzia di stampa britannica con sede a Londra.

Nella fase iniziale della sua carriera ha partecipato alla fondazione e allo sviluppo di tre startup, per poi approdare a ruoli dirigenziali in grandi aziende: a prima vista, il suo percorso lavorativo potrebbe sembrare a ritroso, visto che nell’immaginario comune i giovani iniziano a fare esperienza come dipendenti in azienda per poi provare a dar vita al proprio progetto imprenditoriale come founder di startup. In realtà, come spiega Brittan in un interessante articolo dell’Huffington Post, il suo percorso è molto più lineare di quanto si possa immaginare: ciò che si impara in una startup è spesso un valore aggiunto inestimabile per lavorare in una grande azienda.

Secondo Brittan, infatti, alcuni aspetti tipici di una startup, come il senso di libertà e di accesso alle possibilità, l’attenzione all’innovazione, la passione per la mission e l’attaccamento ai valori della cultura aziendale possono essere fondamentali per una grande azienda.
Ma quali sono i fattori di base che una startup possiede e che gli permettono di avere accesso a queste caratteristiche? Secondo l’autore, sono essenzialmente due: la novità e le piccole dimensioni.

Una startup, per definizione, è un’azienda appena nata e per questo riesce a non avere aspettative: questo aspetto è fondamentale per quel senso di libertà e di “possibilità” tipico di una startup.
L’aspetto legato alle piccole dimensioni, invece, viene riassunto da Brittan in un’espressione metaforica: “you can easily see the edges“.

In inglese, “edge” significa “bordo, margine”: l’autore sostiene che un’azienda può essere immaginata come un gruppo di persone (il team) all’interno di un recinto: al di fuori del recinto c’è il resto del mondo, quindi i clienti, i concorrenti, i fornitori, etc. Una startup, grazie alle sue dimensioni ridotte, può vedere al di là del recinto molto più facilmente: questo significa avere sempre la possibilità di guardare con chiarezza il business e di focalizzare al meglio il mercato e le sue dinamiche.

Il primo aspetto tipico di una startup che anche le grandi aziende dovrebbero adottare è quindi la capacità di mantenere il focus sul mondo esterno: spesso, invece, sono talmente concentrate sul proprio business da perdere il punto di vista su ciò che accade fuori.

Inoltre, stare “vicino ai bordi” ha un impatto positivo sul team: tutti lavorano fianco a fianco, il senso di attaccamento e di cultura aziendale raggiunge livelli molto elevati e tutti sono istintivamente portati ad un senso di responsabilità condivisa. Il team di una startup è guidato da founder con senso di leadership efficace e animati da forte passione. Infine, spesso le risorse sono limitate e questo aspetto è il motore dell’innovazione: si cerca di far crescere l’azienda adottando nuovi sistemi con le risorse limitate a disposizione (approccio agile e flessibile).

In una grande azienda, invece, tutti questi aspetti si perdono di vista, assieme al contatto diretto con il cliente e con il mercato. Inoltre, l’organizzazione è spesso basata su processi e sistemi standardizzati che annullano il senso di responsabilità condivisa, facendo sentire le persone come se lavorassero in maniera meccanica, automatica.

In conclusione, tutte le aziende, a prescindere dalla dimensione e dal numero di anni di attività, possono beneficiare dall’adottare il modo di pensare di una startup. Brittan offre quindi alcuni spunti utili per le aziende che desiderano cogliere e mettere in pratica gli aspetti e le caratteristiche tipiche delle startup:

1) Concentrarsi attentamente sul cliente e sulla sua soddisfazione.

I clienti non vanno visti come un’entità astratta e lontana, ma come una realtà effettiva: l’ideale è costruire e mantenere delle relazioni con la clientela, trascorrere del tempo con i clienti, cercare di immergersi nella loro realtà per capire i loro bisogni. Per dirlo con le parole di Brittan: “I believe that the greatest source of truth you can have in business is sitting face to face with a customer“.

2) Creare un senso di responsabilità condivisa

L’autore ricorda con grande piacere i meeting ai quali partecipava assieme a tutti i membri del team quando lavorava in una startup. Lo scopo degli incontri era quello di capire cosa stava facendo la squadra: non c’era una suddivisione esasperata dei ruoli e delle attività, piuttosto la condivisione degli obiettivi e delle strategie da mettere in atto per raggiungerli. Il lavoro di squadra in una startup si basa sulla collaborazione, sapendo che si riesce o si fallisce tutti insieme.

3) Riconoscere che le risorse sono limitate e avere un approccio agile

Rendersi conto che qualsiasi azienda ha dei vincoli dovuti al fatto che le risorse sono limitate è il primo passo per capire come agire di conseguenza. I vincoli devono essere utilizzati come catalizzatori per l’innovazione, come molla che fa scattare l’inventiva: sono una risorsa indispensabile per attivare la creatività.
Una volta individuati i limiti, occorre poi darsi da fare per stabilire le priorità (non è possibile fare tutto!) e stabilire delle strategie agile e flessibili per raggiungere gli obiettivi.

Il post originale è disponibile qui: http://www.huffingtonpost.com/philip-brittan/how-every-business-can-be_b_6624070.html

Napoli, 06/02/2015

Il Bullseye Framework: un processo in cinque fasi per aiutare le startup a generare Traction

Gabriel Weinberg e Justin Mares sono gli autori di un interessante manuale dedicato alle startup dal titolo “Traction – A Startup Guide to Getting Customers”: il testo è incentrato sulla presentazione del “Bullseye Framework”, un processo in cinque fasi che viene utilizzato dalle aziende di successo per generare traction, ed è quindi utile ai founders di startup che sono in cerca dei canali di marketing più utili a portare l’azienda verso la fase di crescita successiva.

Il tema della Traction è di rilevanza centrale per una startup, ma in molti casi viene trascurato dai founders: spesso, i team sono concentrati per mesi a lavorare sul prodotto, per poi iniziare a pensare alla Traction solo quando si trovano ad affrontare il lancio sul mercato. La Traction andrebbe invece curata in tutte le fasi di vita dell’azienda: dovrebbe essere uno sforzo continuo, focalizzato sulla ricerca dei migliori canali di acquisizione dei clienti.

Nella maggioranza dei casi, invece, le startup si approcciano alla questione in maniera casuale e non strutturata: il Bullseye Framework è utile in questo caso perché permette di seguire un processo sistematico di approccio al marketing e, in particolare, alla strategia di distribuzione.

In un articolo pubblicato sul suo blog, Gabriel Weinberg ha offerto una panoramica del Bullseye Framework e di come un approccio di questo tipo possa essere di aiuto ai founders di una startup per generare Traction. Le premesse su cui nasce il Bullseye Framework sono essenzialmente tre:

1) In ogni fase di crescita, esiste solitamente un unico canale di acquisizione clienti (traction vertical) sul quale si basa l’intera strategia della startup. Questa è una conseguenza del fatto che generare Traction è generalmente un “power law problem” (un problema basato sulla legge di potenza, ossia una relazione funzionale tra due quantità nella quale una quantità varia in maniera esponenziale al variare dell’altra).

2) Esistono circa venti differenti traction verticals che le startup possono adoperare nella propria strategia di crescita. E’ difficile prevedere quale di questi venti possibili canali di acquisizione clienti sia maggiormente adatto ad una certa startup: è però possibile (e consigliato dall’autore del post) fare delle ipotesi plausibili in merito, fermo restando le difficoltà ad individuare con certezza il canale giusto quando la startup inizia la fase di execution.

3) La maggior parte dei founders di startup ha maggiore familiarità e propensione ad utilizzare alcuni canali di acquisizione clienti, e scelgono questi ultimi in favore di altre traction verticals. Una delle conseguenze più evidenti di questa situazione è che la maggior parte delle startup si concentra su alcuni canali, lasciandone molti altri sottoutilizzati e trascurati.

Entrando nello specifico del Bullseye Framework, l’autore spiega innanzitutto che il processo si compone di cinque fasi e si basa sulla metafora del bersaglio (bullseye): il cerchio interno rappresenta le traction verticals più promettenti, diventando via via meno promettenti man mano che i cerchi si allontanano dal centro.

Entriamo adesso in una spiegazione più articolata delle cinque fasi:

FASE 1 – BRAINSTORMING

Si tratta di passare in rassegna ciascuno dei possibili canali di acquisizione clienti ed effettuare un brainstorming per capire come ogni canale si potrebbe utilizzare in maniera efficace nel momento storico specifico che la startup sta attraversando.

Questo primo step serve a contrastare i pregiudizi e costringe ad analizzare seriamente e meticolosamente ogni possibile traction vertical. Si tratta quindi di una fase che richiede tempi adeguati, ed è inoltre necessario possedere una certa conoscenza di ciascun canale per poter procedere ad una valutazione utile e coerente.
Una volta analizzati pro e contro di tutti i canali, si passa a mappare il mercato cercando di capire quali traction verticals utilizzano i concorrenti, in che modo e con quali risultati.
Infine, bisogna analizzare singolarmente i possibili percorsi ed eventuali test a basso costo che è possibile effettuare per ciascun canale di acquisizione.

La prima fase del Bullseye Framework è quella che richiede tempi più lunghi: secondo Weinberg può impegnare alcuni giorni o settimane.

FASE 2 – RANKING

Si costruisce il vero e proprio “bersaglio” suddividendo i canali di acquisizione clienti in tre colonne:

Colonna A (Inner Circle / Centro del bersaglio): quali traction verticals sembrano più promettenti in questo momento?

Colonna B (Promising / Cerchi intermedi): quali traction verticals potrebbero funzionare?

Colonna C (Long-shot / Cerchi esterni): quali traction verticals sembrano avere minori possibilità di successo al momento?

FASE 3 – PRIORITIZING

In questa fase si stabiliscono le priorità: si torna ad osservare le tre colonne e si ripensa criticamente alle scelte effettuate. Il risultato di questa fase deve essere uno schema in cui si posizionano le prime tre traction verticals nella colonna A, sei canali nella colonna B e il resto nella colonna C.

FASE 4 – TESTING

I tre canali di acquisizione clienti posizionati nella colonna A rappresentano il centro del bersaglio: occorre iniziare una serie di test su queste tre traction verticals, avendo cura che le prove avvengano in parallelo.

FASE 5 – FOCUSING

Se una delle tre traction verticals del centro del bersaglio inizia a dare segni di early traction, significa che la startup ha trovato il canale giusto (per il momento): a questo punto, il consiglio dell’autore è quello di raddoppiare gli sforzi e le risorse su questo canale, cercando di ottenere i migliori risultati possibili in termini di Traction.

Se, invece, nessuna delle tre traction verticals testate sembra funzionare, occorre tornare alla fase 1 e ricominciare il processo, facendo tesoro delle informazioni e dell’esperienza.

In ogni caso, a prescindere che la startup scelga di utilizzare o meno il Bullseye Framework, è fondamentale approcciarsi alla Traction scegliendo un processo strutturato.

 

Per leggere il post originale di Gabriel Weinberg: http://www.gabrielweinberg.com/blog/2013/01/the-bullseye-framework.html

Napoli, 08/08/2014

“Dal Vesuvio alla Silicon Valley e ritorno”: ritorna a Napoli il contest di Mind the Bridge che porta le migliori idee di impresa a San Francisco

Torna con l’edizione 2014 “Dal Vesuvio alla Silicon Valley e ritorno”, il contest per idee imprenditoriali innovative organizzato nell’ambito dell’iniziativa Unite the two Bays nato dalla collaborazione tra Mind The Bridge Foundation, Campania Felix e Associazione SKILLPOINT con il patrocinio, tra gli altri, della Regione Campania e del Comune di Napoli.

Fino al 7 maggio 2014 sarà possibile inviare la propria candidatura on-line compilando il form disponibile al seguente link: http://v2sv.unitethetwobays.com/contest-application/

Tra i dati necessari per compilare l’Application Form, ricordiamo la descrizione del profilo dell’azienda e le informazioni inerenti il mercato, il prodotto, la traction, i dati sul funding e le informazioni sui componenti del team.
Oltre ai moduli, è possibile allegare un video di presentazione del prodotto e/o del team, una demo di prodotto e uno slide deck (10/15 slide) che riassuma le potenzialità e gli aspetti critici del progetto di impresa. Le domande dovranno essere compilate in inglese.

La partecipazione è aperta sia ad aziende già costituite che a team in possesso di un’idea di startup che non si siano ancora costituiti in forma societaria.
E’ fondamentale, per partecipare al contest, una buona conoscenza della lingua inglese.

Tra tutte le domande pervenute, saranno selezionate le migliori 5 startup che potranno partecipare alla Startup GYM Session: l’evento si terrà a Napoli il 12 maggio, nell’ambito della manifestazione internazionale dedicata alle startup Go Global Now, ospitata da Castel dell’Ovo dal 10 al 13 maggio 2014.

Le 5 startup finaliste saranno valutate dagli esperti di Mind the Bridge sulla base dei criteri utilizzati dagli operatori di seed e venture capital: grado di innovatività, dimensione e potenziale di crescita del mercato, qualità del team, fattibilità/realizzabilità del progetto. Qualora sia possibile, verrà data priorità a progetti imprenditoriali locali (startup con sede in Campania e progetti proposti da residenti in Campania).

Tra le startup che parteciperanno alla Startup GYM Session saranno infine selezionati i vincitori: in palio, borse di studio per la Mind the Bridge Startup School a San Francisco (il numero delle borse di studio dipenderà dai fondi messi a disposizione dai partner).
Inoltre, tutti i migliori progetti partecipanti avranno un’opportunità di visibilità in quanto i pitch delle idee imprenditoriali più innovative saranno sottoposti all’attenzione del Mind the Bridge Seed Funds e di altri potenziali investitori internazionali.

Per maggiori informazioni, il Regolamento del contest è disponibili qui: http://v2sv.unitethetwobays.com/contest-rules/

Napoli, 15/04/2014

Consigli alle startup: strategie utili per gestire lo stress del team ed evitare il burnout

Il burnout è una problematica molto diffusa tra i team delle startup, dove spesso occorre lavorare con il massimo impegno e a ritmi molto elevati per accelerare il percorso di crescita e di sviluppo del business: un buon CEO, quindi, deve essere in grado di guidare il proprio team in modo tale da evitare il burnout, consentendo a tutti di dare il meglio di sé senza, tuttavia, farsi sopraffare troppo dal lavoro.

Scott Gerber, founder dello Young Entrepreuner Council, ha raccolto nel suo ultimo contributo pubblicato da readwrite.com i consigli di 9 CEO di startup di successo che sono riuscite a portare equilibrio nel proprio lavoro e in quello dei propri team, facendo in modo tale che ciascuno dia il massimo senza arrivare al punto di rottura del burnout.

1. Focus sulle priorità

Quando il team lavora allo sviluppo del progetto, è responsabilità del CEO e dello staff dei senior aiutarli a focalizzarsi sulle priorità, per non disperdere energie e risorse. Un consiglio è quello di chiedere a tutti di stilare la propria to-do list, e di concentrare il lavoro sugli aspetti prioritari delle liste di ognuno.

E’ importante tener presente che nessuno è in grado di far tutto, e farlo bene: aumentare la produttività non significa necessariamente fare tutto ciò che è segnato sulla lista, ciò che è veramente importante per essere efficaci ed efficienti è mettere a fuoco le priorità e lavorare su quelle, per massimizzare l’impatto del lavoro sulla crescita del business.

2. Trovare gli ostacoli e rimuoverli

Immaginiamo una situazione in cui il CEO decide di modificare il programma e, per attuare la modifica, chiede di incontrare un membro del team: quest’ultimo dovrò cambiare il suo programma e, di conseguenza, tutti i membri del team dovranno cambiare il proprio.

Il CEO e i membri senior del team devono imparare a riflettere attentamente sull’impatto che le loro decisioni hanno sull’intera squadra e, conseguentemente, sull’intera produttività dell’azienda. Bisogna valutare attentamente la programmazione e, se necessario, chiedere direttamente al team e ai dipendenti dei suggerimenti.

Spesso i dipendenti possono essere timorosi nell’esprimere i propri pareri: è compito di un buon leader imparare a chiedere feedback e suggerimenti per il buon andamento dell’azienda.

3. Uso creativo delle risorse

Un utilizzo smart e creativo delle risorse è un’ottima strategia per aumentare i ricavi e gestire i momenti di stallo nella crescita di una startup. La maggior parte dei founders tendono a prediligere personale a tempo pieno fin dagli inizi della vita aziendale: ciò però può avere ripercussioni sulla flessibilità e avere costi molto elevati.

All’inizio della vita di una startup può essere utile avere un piccolo nucleo di dipendenti a tempo pieno per creare un core team. Le altre mansioni possono essere svolte da liberi professionisti, società offshore e collaboratori che abbiano le competenze utili a far scalare e crescere la startup nelle fasi iniziali di sviluppo.

4. Focus sui margini e sulla mission

Un business in espansione è un lavoro ricco di soddisfazioni, ma può essere molto stressante: diventa quindi fondamentale creare dei processi che facciano sentire il team tranquillo durante il periodo di crescita del business. L’approccio più utile è in questo caso quello focalizzato sui margini e la mission.

Di fronte a qualsiasi nuova opportunità bisogna chiedersi: “Accettare questa sfida è in linea con la nostra mission aziendale e, allo stesso tempo, ci consente di aumentare i nostri margini?”. Se la risposta non è affermativa per entrambi gli aspetti, è meglio lasciar perdere.

5. Essere comprensivi

Crescere molto e in maniera troppo veloce causa al team di una startup un alto livello di stress: il sovraccarico di lavoro fa sentire i membri del team frustrati. In questi casi è fondamentale l’atteggiamento con cui ci si approccia al problema: occorre essere comprensivi, simpatizzare con i dipendenti e fargli capire che “siamo tutti sulla stessa barca”.

Un atteggiamento comprensivo verso i problemi del team consente al CEO di trovare un dialogo per risolvere il malcontento e aumentare la produttività, aiutandoli ancora una volta a concentrarsi su ciò che è davvero indispensabile.

6. Mettere la propria vita prima del business

Mettere la propria vita privata davanti al proprio lavoro aiuta i dipendenti ad essere più produttivi e fa ottenere alla startup risultati migliori. Un esempio può essere quello di concedere al team la flessibilità di orario e di location: in questo modo, ciascuno impara a gestire i propri tempi nel modo più opportuno, e ha la possibilità di lavorare nel luogo che ritiene gli sia più congeniale.

Chiedere ai dipendenti di sacrificare tempo dedicato alla famiglia, agli hobbies, agli amici non aiuta la crescita del business: aggiunge ulteriore stress e avvicina la possibilità che si verifichi il burnout.
Al contrario, offrire loro la libertà di scelta li aiuta ad essere più efficaci e aumenta la fiducia e la lealtà verso l’azienda.

7. Rimuovere la gerarchia all’interno dell’azienda

Per una startup è importante non avere una gerarchia interna: le persone hanno maggiore probabilità di sentirsi stressate se si sentono inferiori a qualcun altro. Occorre offrire a tutti la possibilità di essere partecipi, creando un ambiente di lavoro ricco di energia positiva.

8. Stabilire dei ruoli ben definiti

In una startup è fondamentale definire attentamente il ruolo di ciascun componente del team: ciascuno avrà una lista dettagliata dei propri compiti e delle proprie attività, che sarà sempre condivisa con gli altri membri della squadra. In questo modo, ognuno è consapevole di ciò che tutti gli altri fanno.

Diventa quindi particolarmente utile conservare in un file apposito tutte le liste, rendendolo accessibile in qualsiasi momento a tutti i membri del team: ciò aiuta il team a conoscere attentamente la struttura della società e a rimanere focalizzati sui propri compiti ed attività.

9. Stabilire le priorità ed esternalizzare

Una volta che ogni dipendente ha la propria to-do list, è possibile chiedere a ciascuno di loro di segnalare le attività che soltanto loro possono svolgere. Sapere quali sono queste attività è indispensabile per il management della startup, che può capire quali attività è possibile esternalizzare e quali no.

Il post originale è disponibile a questo link:
http://readwrite.com/2014/03/03/startup-ceos-teams-burnout#awesm=~oxxqDzcTruQA76

Napoli, 04/03/2014