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Tag: investimenti

La tua startup in Spagna con Bolt Accelerator: fino a 20K e 12 settimane di mentorship

Il Bolt Accelerator Program è il programma di mentorship per startup early stage rivolto a progetti di impresa innovativi e tecnologici che aspirano al mercato globale, che si svolge nella città spagnola di Malaga.
Attualmente è aperta la call per l’accesso alla sua quarta edizione, riservata a startup europee che siano in possesso di un prototipo (o mock up).

boltlogo

Il programma di accelerazione per le startup ammesse ha una durata di 12 settimane e la mentorship si focalizza su alcune tematiche chiave di valore fondamentale per la crescita di una startup: lean startup, customer development, business model canvas, etc.
Scopo finale del percorso, è quello di aiutare la startup a trovare il proprio product-market fit.

Oltre alla partecipazione al programma di accelerazione, il Bolt Accelerator offre alle startup spazi di lavoro in modalità co-working, servizi di assistenza e consulenza, opportunità di networking e la partecipazione agli eventi Demo Day e Investor Day.

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Per ciascuna delle startup selezionate, inoltre, è previsto un investimento fino a 20.000€ (a fronte della cessione del 6% in Equity). Per le migliori startup, al termine del percorso, è prevista la possibilità di accedere a finanziamenti a condizioni agevolate fino a 100.000€.

Le application possono essere effettuate entro il 31 luglio 2015 a questo link: https://www.f6s.com/boltaccelerator4thprogram/apply

Per maggiori informazioni: http://bolt.eu.com/en/

Napoli, 24/07/2015

Startup e Creatività: una caratteristica imprescindibile per imprenditori di successo

Susan Jones è esperta in imprenditorialità innovativa, ed in particolare nelle attività di Strategic Thinking: il suo blog, Ready Set Startup, contiene molti spunti interessanti e consigli utili per aspiranti startupper e imprenditori alle prese con l’avvio del proprio business. Uno dei suoi post più interessanti è quello intitolato “Why creativity is essential to your survival as an entrepreneur”: in questo articolo, l’autrice cerca di spiegare i motivi per cui la creatività rappresenta una skill fondamentale per chi decide di trasformare un’idea in una startup.

Il punto di partenza dell’intero post è rappresentato da un tweet che Susan Jones ha ricevuto di recente: secondo l’autore del tweet, l’idea rappresenta soltanto una minima percentuale del successo di una startup. Ciò che conta davvero, a suo parere, è trovare un grande co-founder e costruire un team in grado di portare il business al successo.
Susan Jones concorda sull’importanza centrale del team per il successo di una startup, ma aggiunge un altro elemento: un grande team è composto da persone con esperienza in determinati settori, ma queste persone devono essere animate da grande creatività per poter applicare le proprie competenze in modalità innovative. Il team giusto per una startup è quello in grado di lavorare con gli elementi già esistenti per creare nuove soluzioni ai problemi di business, un po’ come un compositore lavora con le note musicali per creare una nuova canzone.

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Secondo Susan Jones, ci sono almeno quattro motivi fondamentali per cui la creatività è una caratteristica indispensabile per il successo di una startup:

1) Se si vuole costruire una grande azienda, è necessario applicare ad essa la creatività

La creatività rappresenta uno dei fattori che distinguono una piccola impresa da una startup: l’autrice si serve di un esempio incentrato sul settore del graphic design. Un graphic designer che inizia a pubblicizzare il lavoro ed i servizi offerti ai propri clienti è una piccola impresa, anche se è brillante e riesce ad impiegare nel proprio team altri grafici brillanti. Ma quando si applica la creatività al campo del graphic design, ciò che si ottiene è una startup di successo internazionale come 99designs.

2) Uno startupper è colui che riesce a risolvere i problemi sviluppando soluzioni nuove, cui nessuno ha mai pensato prima

Prendiamo il caso in cui ci si trova in una città nuova dove non si conosce nessuno. Come fare a trovare persone simpatiche? O nel caso di uno startupper, come incontrare potenziali co-founder e investitori?

Oggi, la soluzione è ovvia: si utilizza Meetup. Ma fino al 2002, la soluzione non era così semplice ed evidente, e c’è voluta molta creatività e molto lavoro per svilupparla. Il risultato, però, è una startup di successo globale.

3) La creatività è un valido aiuto anche nei momenti più difficili dell’esperienza da startupper

Prendiamo i momenti più difficili di una startup agli inizi: cosa fare quando il nostro prodotto non vende? Come creare una nuova campagna di marketing? Come affrontare un pivot? Cosa fare quando si è a corto di denaro cash?
Per uscire da tutte queste situazioni è indispensabile essere creativi: non esistono soluzioni “preconfezionate”, bisogna trovare quella più adatta al nostro business.

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4) Più si riesce a sviluppare la propria creatività, più aumenta il vantaggio competitivo della startup

Tutti gli imprenditori sono potenzialmente delle persone creative, ma ciò che li contraddistingue è la capacità di trovare soluzioni pratiche innovative e di riuscire ad attuarle. Quanto più si riescono ad affinare queste competenze, più possibilità ci sono di riuscire ad avere idee di business di successo e, soprattutto, di riuscire a realizzarle.

Il consiglio finale di Susan Jones? Trovare il modo di allenare la propria creatività, ogni giorno.

Il post originale di Susan Jones è disponibile qui: http://www.readysetstartup.com/business-creativity/

Napoli, 24/07/2015

Consigli per startup: i 10 ruoli essenziali per essere un buon CEO

Essere CEO e founder di una startup significa che una sola persona si trova a dover ricoprire molti ruoli differenti: ne sa qualcosa Alex Turnbull, CEO di Groove (helpdesk software per piccole imprese) e startupper seriale, che ha scritto un recente post sull’argomento intitolato “The 10 Essential Roles of a Startup CEO”.

In generale, Turnbull sostiene che ciascun membro del team di una startup (e, più in generale, di un’azienda) deve avere ben chiaro il proprio ruolo, le proprie responsabilità, le attività da svolgere. Inoltre, ciascuno deve imparare a fare il miglior uso possibile del tempo a propria disposizione: sembra tutto piuttosto ovvio, ma spesso nella realtà non è così semplice.

Questo discorso si complica ulteriormente nel caso del CEO, in quanto il suo ruolo comprende una serie di sfaccettature ed attività molto diverse tra loro, che bisogna imparare a far convivere e bilanciare. Nello specifico, Turnbull identifica 10 differenti ruoli che il CEO di una startup si trova a dover ricoprire:

1) Recruiter

Le startup hanno bisogno di un grande team, composto da persone straordinarie: quando si lavora come CEO di una startup in crescita, trovare le persone migliori da inserire nel team è un lavoro a tempo pieno.
Un buon CEO è in grado di identificare le figure di cui il team ha bisogno e di selezionare le persone più adatte a ricoprire tali ruoli.

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2) Cheerleader

Quando si costruisce qualcosa dal nulla, come accade in una startup, in alcuni momenti tutto sembrerà davvero difficile da superare. Il team, a volte, può cadere nella tentazione di mollare: è in momenti come questo che occorre essere più determinati possibile e il CEO ha il compito di mantenere alto il morale dell’intera squadra. Un team entusiasta di lavorare rappresenta infatti una delle basi fondamentali per costruire una startup di successo.
Ma, come specifica l’autore del post, per essere un buon CEO non basta sostenere il team nei momenti difficili: dare feedback positivi e riconoscere i meriti del buon lavoro svolto deve essere parte del lavoro del CEO di una startup ogni giorno.

3) Coach

I migliori CEO sanno essere dei grandi coach: sostengono il team e lo spingono verso il successo, aiutando a raggiungere gli obiettivi prefissati, a pianificare quelli futuri, a riallinearsi quando ci si trova fuori rotta.
Inoltre, il CEO deve essere in grado di fare un passo indietro quando gli obiettivi non vengono raggiunti, per osservare in maniera realistica cosa non è andato bene e come riorganizzare le attività da svolgere.

Come Coach, un buon CEO deve essere vicino al team e programmare regolarmente incontri one-to-one con ogni singolo membro della squadra: non è possibile allenare un grande giocatore se non si conoscono le sue competenze, obiettivi, sfide e preoccupazioni. Il compito di un buon CEO/Coach è conoscere tutti i membri del team meglio possibile.

4) Dealmaker

Le partnership possono essere un potente strumento per far crescere una startup: spesso, però, le aziende più grandi scelgono di collaborare con una startup soltanto attraverso un contatto diretto con il CEO.

Da questo punto di vista, il CEO deve essere capace di comunicare ai potenziali partner (così come si fa con clienti, investitori e dipendenti) la vision aziendale e i vantaggi della collaborazione con la propria startup.

5) Studente

Secondo Turnbull l’apprendimento è fondamentale: quando si smette di imparare, significa che si rimane fermi. Un CEO deve mantenersi sempre aggiornato, attraverso lo studio di libri, blog, advisors, e di tutte le risorse utili per conoscere al meglio il mercato di riferimento.

I migliori CEO di startup sono quelli che non hanno mai smesso di studiare, imparare, conoscere.

6) Firefighter

In una startup è inevitabile: ci saranno momenti di crisi. Un CEO deve essere sempre pronto ad intervenire, 24 ore su 24, 7 giorni su 7: proprio come i pompieri, sempre pronti a spegnere l’incendio e a capire come far sì che non accada la prossima volta.

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7) Strategist

Gran parte della giornata del CEO di una startup è dedicata alla parte strategica del business. In particolare, è importante analizzare gli scenari per stabilire la strategia a lungo termine dell’azienda (da 12 mesi a 5 anni), identificando gli obiettivi desiderati e le attività da implementare per raggiungerli.

8) Venditore

Fin dal primo giorno in cui l’idea sta nascendo, un CEO diventa venditore: tenta infatti di vendere la startup a potenziali investitori, clienti, partner, influencer, e a tutti coloro che possono aiutarlo a far crescere il business.
Secondo l’autore, quello di venditore è uno dei ruoli principali del CEO e rappresenta un’attività chiave.

9) Customer Support Champion

Se i clienti non sono soddisfatti, la startup non cresce. Ecco perchè, fin dal primo giorno, il CEO deve essere impegnato nel ruolo di Customer Support Champion, ascoltando le esigenze dei clienti mentre provano il primo prototipo di prodotto.

Ascoltare il cliente durante la fase di Product Development è essenziale per raccogliere i feedback, in modo tale da poter essere il portavoce dei clienti durante i successivi meeting aziendali.

Il lavoro di Customer Support di un CEO è importantissimo nelle prime fasi della startup, poi potrebbe rallentare, ma in ogni caso non dovrebbe mai fermarsi del tutto: ascoltare il cliente è una delle basi per raggiungere il successo.

10) Decider

Uno dei momenti più pericolosi per una startup è quando ci si ritrova a dover prendere una decisione e il team non può riunirsi: tutto rallenta, e una startup non può permettersi di perdere tempo.

In situazioni del genere deve intervenire il CEO, assumendosi la responsabilità di prendere le decisioni più rischiose e difficili: a volte potrà capitare di scontentare il team o i clienti, e sarà necessario risolvere i nuovi problemi creati dalla decisione stessa.

Ma il ruolo di decisore è per un CEO quello sicuramente più difficile e allo stesso tempo da cui trarre le maggiori soddisfazioni.

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Infine, Turnbull si concentra sulla necessità di trovare il giusto equilibrio tra i 10 ruoli elencati: è semplicemente impossibile eccellere in ciascuno dei 10. Ma capire che essere il CEO di una startup significa dover ricoprire ruoli diversi, e capire quali sono questi ruoli, rappresenta il primo passo per capire in cosa si è bravi e in cosa bisogna migliorare.

Il consiglio è quello di concentrarsi sui propri punti di forza, e di lavorare sui punti di debolezza per migliorare: qualora non sia possibile, è utile pensare di assumere qualcuno che possa ricoprire le attività a noi meno congeniali.

Il post originale è disponibile a questo link: https://www.groovehq.com/blog/startup-ceo-role?_hsenc=p2ANqtz-8iqWV4dVHV9oMtjlIS2dtN5i_jn-OmcoyhMglvYi8yXGsISdyt_dbCXnUmIPBkAMiU5DMHLmR7Yy_fN41nbeLAxJo-vA&_hsmi=20749075&utm_content=buffer14ffb&utm_medium=social&utm_source=twitter.com&utm_campaign=buffer

Napoli, 23/07/2015

La tua idea di startup avrà successo? Ecco 4 domande per scoprirlo prima possibile

Grace NG, co-founder di QuickMVP, ha firmato un recente, interessante articolo per startupper alle prese con le prime fasi di sviluppo dell’idea: si tratta di un post dedicato a 4 Early Indicators che possono aiutare i fondatori di una startup a capire in tempi piuttosto precoci se la business idea a cui stanno lavorando potrà avere successo.

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In sostanza, l’autrice sostiene che è possibile analizzare le potenzialità di un’idea innovativa di impresa rispondendo ad alcune domande:

1) Quanto è grande il problema?
2) Quanti consumatori sarebbero disposti a pagare per la tua soluzione?
3) A quanto ammonta il costo di acquisizione di ciascun cliente?
4) Quanto è grande il mercato? Quanto è accessibile?

Il primo punto su cui focalizzare la propria attenzione è capire se si sta risolvendo un problema reale e per chi. Se i founder hanno già un’idea su chi potrebbero essere i potenziali clienti della startup, ottenuta da interazioni precedenti, bisogna adoperarsi per intervistarli.
Parlare con i potenziali clienti (di persona o al telefono) e porgli poche e semplici domande consente di capire meglio come è possibile venire incontro alle loro esigenza. Per condurre delle interviste efficaci è importante la pratica, e bisogna tener presente che interpretare dati di tipo qualitativo può essere molto soggettivo. Una soluzione utile a tal proposito è quello di impostare le interviste con risposte a punteggio, in maniera tale da riuscire a quantificare i risultati e prendere più velocemente delle decisioni sulla base dei punteggi ottenuti.

Se non si è sicuri di chi siano i potenziali clienti, o se il team ha alcune idee da testare rapidamente, è utile invece iniziare con una landing page. Sarà possibile intervistare le persone dopo che si saranno iscritte. Da questo punto di vista è utile inserire un “price point” nella landing page e usufruire di Google Adwords, per assicurarsi di guidare alla pagina visitatori mirati, che siano quindi parte del nostro target di riferimento. Lo scopo finale di quest’attività è quello di ottenre un tasso di conversione compreso tra il 10 e il 15%, per capire come procedere nello sviluppo dell’idea. Un ulteriore suggerimento utile è quello di testare diverse fasce di prezzo, per identificare il valore di un consumatore ancor prima di procedere alla creazione del business.

Una volta superato il secondo step, sapremo se le persone sono disposte a pagare per il nostro prodotto. A questo punto occorre passare al terzo punto: calcolare il costo di acquisizione di ciascun cliente. Per questo calcolo è utile utilizzare gli annunci a pagamento: la formula di calcolo del costo di acquisizione è infatti “Totale speso per gli annunci / n° di conversioni sulla landing page“.
Un business sostenibile è quello in cui il costo di acquisizione di un cliente è significativamente inferiore a quello che i clienti pagano per acquistare il prodotto/servizio.

Infine, bisogna calcolare le dimensioni del mercato. Questo è un punto da non sottovalutare, visto che molte startup falliscono proprio perchè non riescono ad acquisire un numero di clienti rilevante.
Per farsi una prima idea della dimensione del mercato, i founder possono guardare i volumi di ricerca di keywords rilevanti su Google. L’ideale sarebbe riuscire a trovare “keywords uncompetitive” (non concorrenziali) con elevato volume di ricerca, in modo da poter raggiungere un grande mercato a costi poco elevati. Se le parole chiave sono popolari, ma “competitive”, significa che la startup si sta affacciando ad un mercato saturo e sarà difficile trovare il proprio spazio.

Per leggere il post originale: http://www.inc.com/grace-ng/4-early-indicators-your-startup-idea-can-succeed.html

Napoli, 22/07/2015

Innovazione in azienda: tre modi per favorire la creatività e il successo

Nick Royle è CMO a MSI, è esperto di Marketing Strategy, Social Media, Digital, Branding ed ha pubblicato di recente su LinkedIn un post dedicato al tema dell’innovazione in azienda. Secondo Royle, le aziende migliori sono proprio quelle che non si limitano a crescere ed espandersi, ma si impegnano ogni giorno a cercare nuovi modi per risolvere i problemi. Questo tipo di aziende sono quelle che non si accontentano ad essere le migliori in ciò che fanno: sono quelle che cercano costantemente di cambiare, innovare, migliorare per rendere il proprio business un successo.

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Ma in che modo un’azienda può essere davvero innovativa? L’obiettivo, secondo Role, deve essere quello di modificare le proprie “practices” per incoraggiare la creatività a fluire liberamente. L’autore suggerisce tre modalità per farlo:

1) Prestare particolare attenzione alle politiche in materia di risorse umane

Assumere persone innovative è il primo passo per migliorare l’innovazione in azienda. Ma questo, spesso, vuol dire far entrare nel team candidati che, a prima vista, non sono allineati alla perfezione alle esigenze aziendali.

Sembra un controsenso, ma un’azienda che si rivolge a candidati esattamente allineati alle esigenze del business rischia di ritrovarsi involontariamente con una serie di “cloni” che bloccano lo sviluppo aziendale, impantanandosi in una mentalità ristretta.

Scegliere i candidati giusti per l’innovazione non significa assumere personale non qualificato, o che non condivide la vision aziendale: significa essere disposti a creare un team composto da background e personalità differenti, per aumentare le possibilità di confronto e condivisione di idee.

2) Espandersi nei modi e nei luoghi giusti

Un’azienda in crescita dovrebbe prendere in considerazione l’apertura di altre sedi, per ospitare più dipendenti ed accrescere il mercato di riferimento. Ma quando un’azienda innovativa studia il mercato, sceglie di indirizzare le proprie nuove sedi nelle aree in cui è possibile ottenere maggiori potenzialità di crescita. Per questo motivo, la scelta sarà preceduta da attente analisi e ricerche, anche in termini di competenze disponibili.

La delocalizzazione internazionale può dare una grossa spinta al processo di crescita di un’azienda, e a volte un cambiamento di scenario serve anche ad aprire gli occhi e guidare il business verso attività nuove. In ogni caso, anche se l’internazionalizzazione rappresenta una grossa opportunità di crescita ed innovazione, le aziende devono essere prudenti ed assicurarsi di essere pronte per questo passo.

3) Riconoscere e premiare ogni buona idea

In un mondo utopico, qualsiasi nuova idea viene eseguita con successo fino ad aggiungere valore all’azienda. Ma purtroppo, circostanze reali e spesso impreviste possono dimostrare che una buona idea innovativa non è effettivamente realizzabile. Ciò non deve essere vissuto come un fallimento completo: quando un dipendente ha una buona idea e la determinazione di realizzarla deve essere sempre lodato e premiato, a prescindere dal risultato finale.

Il fallimento di un’idea innovativa è un rischio insito in qualsiasi percorso di crescita ed innovazione aziendale: basta pensare al concetto stesso di innovazione disruptive. Un vero leader è colui che riesce a creare una cultura aziendale fondata su valori di flessibilità, che incoraggia il team a tentare e ad imparare dagli errori.

Non bisogna mai dimenticare, però, che l’innovazione richiede coraggio, non il lanciarsi nel rischio ad occhi chiusi. Non tutte le aziende che si assumono rischi ottengono il successo, ma tutte le aziende di successo si assumono dei rischi.

Il consiglio finale di Royle è quindi quello di implementare in azienda le tre azioni elencate, ma esaminando sempre tutte le opzioni in modo critico, con mente aperta, per favorire l’innovazione a tutti i livelli.

Il post originale è disponibile qui: https://www.linkedin.com/pulse/3-ways-spur-innovation-organization-nick-royle

Napoli, 22/07/2015

YC Fellowship: 12K e 8 settimane di mentorship per le migliori startup, dagli esperti di Y-Combinator

Resteranno aperte soltanto per pochi giorni le application per partecipare a YC Fellowship, il nuovo programma sperimentale di Y-Combinator della durata di 8 settimane (da metà settembre a metà novembre 2015) che si propone di accompagnare le startup in fase di idea e prototipazione.

Le iscrizioni possono essere inviate entro il 27 luglio 2015 al seguente link: http://fellowship.ycombinator.com/apply/
Entro il prossimo 15 agosto, saranno selezionate le migliori startup candidate che affronteranno il secondo step di selezione: dal 24 al 28 agosto, infatti, si svolgeranno delle interviste conoscitive con il team di YC Fellowship.

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Al termine delle interviste, saranno scelte le startup che parteciperanno al programma: innanzitutto, le startup selezionate riceveranno un grant equity-free di 12.000$ ciascuna.
Inoltre, a partire da metà settembre e per le successive 8 settimane, le startup avranno l’opportunità di partecipare al programma intensivo di mentorship proposto da Y-Combinator: l’accesso al programma sarà possibile sia trasferendosi per l’intera durata del percorso all’interno della Bay Area, sia da remoto.

I team partecipanti a YC Fellowship dovranno lavorare all’idea di startup full time, e non dovranno essere ancora state finanziate da investitori.

Per maggiori informazioni, è possibile leggere le FAQ a questo link: http://fellowship.ycombinator.com/faq/

Napoli, 21/07/2015

“Strumenti digitali per artigiani tecnologici”: Comune di Napoli e FabLab Napoli per il corso di formazione gratuito

Il Comune di Napoli – Assessorato ai Giovani e Politiche Giovanili, Creatività e Innovazione, assieme all’Associazione “Fab Lab Napoli”, ha aperto il Bando per la partecipazione al corso di formazione gratuito “Strumenti digitali per artigiani tecnologici”.

Il Corso è aperto a 15 giovani aspiranti makers napoletani (+ cinque uditori) che acquisiranno le basi indispensabili per le attività di prototipazione e produzione digitale, tra cui:

Progettazione CAD,
Stampa 3D,
Arduino.

La formazione ottenuta attraverso la partecipazione al corso prevede il raggiungimento di tre step (obiettivi):

1) Obiettivi di Breve periodo: accrescere le competenze individuali nei campi sopra indicati, incuriosire e stimolare l’artigianato locale attraverso le nuove tecnologie di autofabbricazione.

2) Obiettivi di Medio periodo: benefici indiretti ottenuti attraverso il learning by doing e la collaborazione in rete, anche con gli artigiani locali, che traggono nuovi spunti e idee dalla collaborazione con i giovani partecipanti.

3) Obiettivi di Lungo periodo: stimolare i giovani all’autoimprenditorialità, grazie all’acquisizione di know-how e competenze su uno degli ambiti ad elevato potenziale di sviluppo sul mercato.

Per partecipare alle selezioni è necessario compilare il form on-line disponibile al seguente link: http://fablabnapoli.it/artigianodigitale/
La procedura di invio delle domande di partecipazione è aperta dal 16 luglio al 3 settembre 2015.

Tra il 3 ed il 20 settembre 2015, si svolgeranno i colloqui conoscitivi con la Commissione di Valutazione, durante i quali sarà necessario presentare l’autodichiarazione attestante il reddito ISEE.

L’elenco dei partecipanti ammessi al corso di formazione gratuito “Strumenti digitali per artigiani tecnologici” sarà reso pubblico entro il 25 settembre 2015, le lezioni partiranno il 30 settembre.

Come previsto dal Programma del corso (disponibile in formato PDF qui), la formazione durerà 18 settimane, per concludersi con una giornata dedicata alla presentazione dei progetti realizzati. Il corso si svolgerà presso la Casa della Cultura e dei Giovani di Pianura.

Per maggiori informazioni, si rimanda alla lettura del testo integrale del Bando: http://fablabnapoli.it/wp-content/uploads/2015/07/bando1.pdf

Il sito web di riferimento è disponibile qui: http://fablabnapoli.it/artigianodigitale/

locfablabna

Napoli, 17/07/2015

Affrontare il fallimento e ripartire verso il successo: i consigli alle startup di Neil Patel

Neil Patel è co-founder di Crazy Egg, Hello Bar e KISSmetrics e si occupa di consulenza in tema di revenue per grandi colossi quali Amazon, NBC, HP e Viacom. Inserito dal Wall Street Journal tra i top influencer del web, ha pubblicato un articolo molto interessante su Forbes relativo alle problematiche che possono portare una startup al fallimento, elencando una serie di spunti utili per evitarlo.

I consigli di Patel sono basati sulle sue esperienze come co-founder di startup di successo, e partono da un assunto fondamentale: le startup falliscono. I numeri citati da Patel parlano di 3 startup fallite su 4, e secondo il suo punto di vista alla base di questi dati negativi c’è la credenza diffusa dell’inevitabilità del fallimento per una startup. Secondo Patel, anche a causa delle statistiche negative, gli startupper lavorano inconsciamente in maniera tale da causare il fallimento, in un vero e proprio circolo vizioso basato su una sorta di “profezia che si auto-avvera”.

Ma in che modo è possibile difendersi? Il primo passo è , secondo l’autore, identificare bene quali, tra le startup considerate nelle statistiche, sono effettivamente da annoverare tra quelle fallite. Il termine stesso “fallimento” ha dei contorni decisamente sfocati: che cosa significa, esattamente, fallire? Dopo quanto tempo si può parlare di fallimento? Quanto deve essere grave la situazione? Come si fa a capire se la crisi è ormai a livelli irrecuperabili?

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Quello che bisogna fare, dice Patel, è identificare il più possibile i “fatti”, analizzare le attività e le situazioni nel dettaglio. Ad esempio, in un’accezione piuttosto ampia del termine, una startup potrebbe essere definita fallita quando scompare a causa di una fusione o di una acquisizione: ma in questi casi, il fatto che non ci sia più fatturato, non è definibile fallimento e pertanto non andrebbe calcolato all’interno delle statistiche.

Un’altro aspetto rilevante riguarda le tempistiche: secondo il Commerce Department degli Stati Uniti, il 50% delle startup sopravvive oltre i primi cinque anni. Un terzo delle nuove imprese arriva a superare i primi dieci. Ma se una statistica è basata sul calcolo delle startup chiuse senza considerare un lasso di tempo specifico, bisogna capire bene quante siano effettivamente le startup da considerare fallite tra quelle conteggiate.

Il secondo modo per difendersi dal fallimento è quello di cedere ad esso, per poi rimettersi in gioco e ricominciare. L’esperienza insegna che gli imprenditori che hanno fallito con la prima startup hanno molte più probabilità di successo con la seconda. In sostanza, è possibile affermare che il successo è spesso frutto del fallimento: se hai fallito, sei in grado di ripartire da capo tenendo conto degli errori commessi e di tutto quello che è stato possibile imparare sul business.

Purtroppo, la realtà è che la maggioranza degli startupper (secondo Bloomerang Business addirittura il 71%) si ferma al primo fallimento, senza provare a lanciarsi di nuovo sul mercato. Ma l’esperienza di chi ha avuto successo (Patel cita a proposito il caso di Nathan Blecharczyk, multimilionario co-founder di Airbnb) insegna invece che “ci vuole un gran numero di tentativi falliti per raggiungere il successo”.

Lo stesso Patel ha affrontato più volte l’esperienza del fallimento: sono stati proprio gli errori fatti a rendere possibile il successo dell’autore, che non si è mai arreso ed ha sempre riprovato, si è rimesso in gioco, startup dopo startup.

Ecco quindi, in sintesi, il consiglio di Patel per aspiranti startupper: non temere il fallimento, ma provare, provare, provare ancora.

Per leggere il post originale: http://www.forbes.com/sites/neilpatel/2015/06/25/heres-why-your-startup-will-fail-and-what-to-do-about-it/

Napoli, 16/07/2015

Techstars METRO Accelerator. le migliori startup per hotel e ristoranti a Berlino, con finanziamenti fino a 120K

Fino al 3 agosto 2015 è possibile partecipare alla call for startup per l’accesso al programma di Techstars METRO Accelerator, aperto a progetti imprenditoriali innovativi technology-based con focus nel settore HORECA (hotel, ristorazione, bar e catering).

Le nuove soluzioni dovranno essere proposte da startup in attività da non oltre 3 anni, e potranno riguardare (a titolo esemplificativo): pagamenti, ordini, delivery, inventory management, food tech, big data, mobile, soluzioni B2B, etc.

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Le application possono essere inviate esclusivamente on-line, entro la scadenza fissata al prossimo 3 agosto, al seguente link: https://www.f6s.com/techstarsmetroprogram/apply

Tra tutte le domande pervenute, saranno selezionate le migliori 10 startup che avranno accesso ad un programma di accelerazione della durata di 3 mesi.
Il programma di Techstars METRO Accelerator si svolgerà presso la sede di Berlino, inizierà ad ottobre 2015 per concludersi a gennaio 2016.

Nel corso del programma di accelerazione le 10 startup selezionate avranno l’opportunità di sviluppare il proprio progetto con il supporto di mentor di fama internazionale e potranno accedere a finanziamenti fino a 120.000€, in cambio del 7-10% in Equity.

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Inoltre, al termine del programma di Techstars METRO Accelerator è previsto un evento finale denominato Demo Day, nel corso del quale le startup presenteranno i propri progetti innovativi di impresa ad una platea composta da potenziali investitori.

Per maggiori informazioni: http://www.techstarsmetro.com/

Napoli, 16/07/2015

Innovazione e metodologia Lean: dalle startup alle aziende consolidate, secondo Steve Blank

Negli ultimi 5 anni la metodologia Lean Startup ha permesso agli imprenditori di costruire startup di successo adoperandosi nella ricerca del product/market fit, piuttosto che nel lanciarsi “alla cieca” nelle attività di execution. Le aziende corporate che perseguono l’innovazione cercano un modo efficace per poter applicare i principi di Open Innovation, ma trovare una teoria unificata dell’innovazione, che sia adattabile alle esigenze di aziende corporate e, contemporaneamente, alle esigenze di sviluppo rapido di una startup non è decisamente un’impresa semplice. Ci ha provato Steve Blank, che racconta la sua esperienza e i risultati delle sue attività in un post pubblicato poche settimane fa nel suo blog.

Di recente, alcuni innovatori particolarmente coraggiosi hanno tentato di sovrapporre gli strumenti Lean e le tecniche che funzionano nelle startup ad aziende corporate ed enti governativi, ma i risultati sono stati deludenti, caotici e frustranti: in definitiva, fallimentari. Queste brevi esperienze si sono trasformate in una sorta di “Teatro dell’Innovazione”, fatto di grandi proclami e comunicati stampa, ma senza cambiamenti reali e sostanziali.

Lavorando in collaborazione con Greg Hannon, responsabile dell’Innovazione a W.L.Gore, Steve Blank ha rilevato due strumenti di corporate strategy sviluppati da persone smart che possono aiutare ad intersecare i principi di Lean Startup a quelli di Corporate Innovation:

Il primo è la nozione di “ambidextrous organization” (di O’Reilly e Tushman), secondo cui le aziende che vogliono fare innovazione devono lavorare su due binari paralleli: da un lato, continuare ad eseguire il core business aziendale, dall’altro, lavorare per l’innovazione.

La seconda grande idea per la corporate innovation è rappresentata dai “Three Horizons of Innovation”, identificati da Baghai, Coley e White. Secondo questa teoria, le aziende devono allocare le proprie innovazioni in una delle tre categorie coincidenti con altrettanti “Orizzonti”:

Horizon 1: business maturi
Horizon 2: business in rapida crescita
Horizon 3: business emergenti

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A ciascun orizzonte corrispondono focus, management, strumenti e obiettivi differenti.
I tre orizzonti forniscono una tassonomia incredibilmente utile, ma nella pratica sono utilizzati dalle aziende come una semplice schematizzazione incrementale dell’execution di un business model. In realtà, questo strumento consente di spiegare in un modo del tutto nuovo come funziona l’innovazione all’interno di un’azienda corporate.

Ecco, infatti, che Blank spiega come ottenere un’innovazione più rapida applicando gli strumenti tipici delle startup (Business Model Canvas, Customer Development, Agile Engineering) assieme alla metodologia Lean e, infine, come adattare il tutto alle necessità e peculiarità delle aziende corporate.

Punto di partenza di Blank saranno quindi i “Three Horizons of Innovation”, cui viene applicata la metodologia Lean. A questi sarà affiancato il concetto di “ambidextrous organization”, e il risultato sarà un metodo di sviluppo rapido per idee innovative all’interno di aziende già consolidate.

Applicando la metodologia Lean Startup ai “Three Horizons of Innovation”, il risultato sarà la riformulazione dei tre orizzonti nel modo seguente:

Horizon 1: attività a supporto di business model già esistenti
Horizon 2: focus sullo sviluppo di business esistenti attraverso business model parzialmente noti
Horizon 3: focus su business model sconosciuti

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Il primo orizzonte (Horizon 1) rappresenta il core business dell’azienda: qui, quest’ultima si concentra nell’execution di un business model noto (sono conosciuti i clienti, le caratteristiche di prodotto, il pricing, i canali distributivi, la supply chain, etc). Nell’Horizon 1, l’azienda utilizza capacità e competenze esistenti in attività a basso rischio. Questo tipo di gestione funziona quando esistono processi ripetibili e scalabili, dove e possibile identificare procedure, metriche, KPI per l’execution e misurare i risultati del business.

Nel secondo orizzonte (Horizon 2), l’azienda estende il suo core business cercando nuove opportunità per il suo modello di business (ad esempio, canali di distribuzione differenti, nuovi clienti che utilizzano lo stesso prodotto, nuovi prodotti da vendere ai clienti esistenti, etc). In questo caso, si utilizzano per la maggior parte delle attività capacità e competenze già esistenti in azienda e le attività presentano ancora un livello di rischio moderato. La gestione in caso di Horizon 2 rappresenta quindi una sperimentazione all’interno del business model esitente.

Il terzo orizzonte (Horizon 3) è quello in cui le aziende mettono a lavorare gli “imprenditori folli”, quelli che in una startup sono solitamente rappresentati dal CEO. Si tratta di innovatori che vogliono sperimentare nuovi e rischiosi modelli di business: in questo caso, l’azienda corporate è in una situazione molto simile a quella in cui si trova una startup in fase di incubazione. In questo orizzonte, gli “imprenditori folli” operano con grande rapidità allo scopo di trovare un business model ripetibile e scalabile. I team che lavorano a questi progetti devono essere fisicamente separati dalle divisioni operative dell’azienda (ad esempio in un incubatore d’impresa) e hanno bisogno di piani, procedure, politiche, KPI differenti rispetto a quelli utilizzati nell’Horizon 1. Inoltre, per questo tipo di progetti, bisogna prevedere team di piccole dimensioni (meno di 5 componenti) che devono confrontarsi con almeno 100 persone in 10 settimane, iterando e modificando il prodotto in base ai feedback ricevuti. Date le piccole dimensioni dei team e le scarse spese di gestione, un’azienda corporate può mettere in atto più progetti in parallelo a livello di Horizon 3.

In ogni caso, le attività svolte sugli Horizon 2 e 3 non devono mai essere totalmente distaccate dalla struttura aziendale: ecco perchè è indispensabile che i manager delle attività implementate a livello di Horizon 1 siano in costante contatto e di supporto a chi lavora alle attività a livello degli altri due Horizon.

Ma cosa accade alle innovazioni sviluppate a livello degli Horizon 2 e 3? Blank spiega che lo scopo finale è che queste vengano adottate a livello di Horizon 1, a meno che non raggiungano una dimensione talmente rilevante da poter diventare un’organizzazione autonoma, o da poter essere venduta all’esterno.

Nel caso in cui un’azienda corporate si trovi a gestire numerosi progetti a livello di Horizon 2 e 3, entra in gioco inesorabilmente il concetto di “ambidextrous organization”: i progetti innovativi devono essere sviluppati in parallelo con il business model centrale, che serve i clienti già esistenti. Per ottenere questo tipo di scenario, è fondamentale che i manager condividano un intento strategico, una vision e dei valori comuni: inoltre, la parallela esecuzione delle attività dei tre orizzonti richiedere una grande capacità di gestione e risoluzione dei conflitti.

Per leggere il post originale: http://steveblank.com/2015/06/26/lean-innovation-management-making-corporate-innovation-work/

Napoli, 15/07/2015

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