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Estesa fino al 15/06/2014 la Call for Makers per l’edizione 2014 della Maker Faire Rome

Dopo il grande successo dello scorso anno, torna a Roma dal 3 al 5 ottobre 2014 Maker Faire Rome, la grande fiera internazionale dedicata all’innovazione, la creatività e il saper fare dei talenti europei.

Organizzata a cura di Asset Camera (Azienda Speciale della Camera di Commercio di Roma dedicata a servizi e progetti per l’innovazione e la crescita del tessuto imprenditoriale), Maker Faire Rome si basa sull’idea dei suoi promotori, secondo i quali il movimento dei Makers è fondamentale per l’implementazione di un nuovo modo di fare impresa in Italia: lo scopo è quello di affiancare alle attività di ricerca e sviluppo la diffusione di una cultura del “saper fare”, grazie alle grandi novità della stampa 3D.

Fino al 25 maggio 2014 (N.B. la call è prorogata fino al 15/06/2014) è aperta la Call for Makers, dedicata a chi voglia partecipare alla Maker Faire Rome 2014 per presentare il proprio lavoro, la propria esperienza e il proprio progetto: è possibile candidarsi on-line previa registrazione a questo link http://www.makerfairerome.eu/call-for-makers/calls/

Le domande potranno essere presentate singolarmente o in team, il modulo va compilato in lingua inglese e occorre fornire un’accurata descrizione del progetto e dei suoi promotori, allegando fotografie e video.

Le candidature per la Call for Makers possono riguardare un lungo elenco di settori (qui, la lista completa): tra questi, ricordiamo Digital Fabrication, Robot&Drones, Education, Arduino, Internet of Things, 3D Printing, Food & Agriculture, Artigianato.

La Call for Makers consente tre tipologie di candidatura:

1) Maker: singoli, team, scuole e organizzazioni che vogliono mostrare il proprio progetto, ciò che fanno e come funziona. Sono particolarmente incoraggiate dagli organizzatori le mostre interattive. I candidati selezionati avranno diritto ad uno stand standard all’interno della fiera.

2) Light-Talk Speaker: singoli e team che vogliono parlare di un’idea o un progetto che sia di interesse rilevante per la community Maker, oppure makers che vogliono dimostrare ciò che fanno e come lavorano in un setting dedicato. Le presentazioni potranno avere una durata di 15 o 40 minuti, più il tempo per le Q&A.

3) Hands-On Workshop: gli organizzatori della Maker Faire incoraggiano chiunque voglia trasmettere al propria passione e ispirazione al pubblico a proporre workshop e attività in tema. L’organizzazione è disponibile a fornire materiali e componenti che andranno specificati dal proponente. Ciascun workshop, che dovrà essere guidato dal Maker, avrà una durata di due ore e mezza o di un’intera giornata. In particolare, le attività dovranno essere adatte anche al pubblico più giovane che dovrà, nel caso, partecipare con l’aiuto dei genitori.

Per maggiori informazioni è possibile contattare l’indirizzo e-mail makers@makerfairerome.eu

Il sito ufficiale di Maker Faire Rome 2014 è disponibile al seguente link: http://www.makerfairerome.eu/

Napoli, 13/05/2014

Make in Italy presenta Maker Contest: il concorso per le migliori idee innovative in tema sanità e benessere.

L’Associazione Make in Italy, nata allo scopo di favorire la crescita, la ricerca e la condivisione di conoscenze nell’ambito della personal fabrication, lancia il concorso “Maker Contest” dedicato alla selezione e valorizzazione di idee hardware innovative in ambito “Health e Quantified Self”.

Il Contest è alla ricerca di idee innovative con focus sulla sanità e sui prodotti per il benessere, particolarmente indirizzate al miglioramento della qualità della vita: saranno selezionati progetti relativi all’estensione della copertura sanitaria (anche in paesi in via di sviluppo), alla prevenzione di patologie, che coinvolgano il monitoraggio a distanza, ecc.

In particolare, il Maker Contest di Make in Italy prevede le seguenti categorie:

– Wearable per il “Quantified Self”;
– Open-lab: equivalenti di strumenti di analisi di laboratorio rilasciati in modalità open source;
– Soluzioni innovative per le disabilità;
– Soluzioni innovative per il miglioramento della qualità della vita (postura, affaticamento, educazione alimentare).

La partecipazione al Maker Contest è aperta ad innovatori e maker in forma individuale o in team, sotto forma di gruppi informali, persone giuridiche, associazioni, ecc.
Per partecipare è necessario compilare la domanda di partecipazione disponibile al seguente link: http://www.makeinitaly.org/maker-contest/

Le domande di partecipazione dovranno essere corredate da una presentazione in formato PDF composta da un massimo di 15 slide, nella quale sia descritta l’idea rispondendo ad una serie di domande (elencate al paragrafo dedicato alle Modalità di svolgimento del Bando Maker Contest disponibile al seguente link: http://www.makeinitaly.org/wp-content/uploads/2014/04/BandoMakerContest_ITA.pdf).

I proponenti delle idee innovative in ambito Health e Quantified Self dovranno indicare il problema e la soluzione, analizzare i potenziali competitor, indicare i potenziali partner e/o progetti cui si ispira l’idea, specificare i vantaggi tecnologici della soluzione proposta, indicare lo stadio di sviluppo attuale del progetto e le risorse e competenze necessarie a rendere l’idea proposta un business.

Le domande di partecipazione dovranno essere inviate entro il 15 maggio 2014: saranno selezionati i migliori progetti (da un minimo di 5 a un massimo di 10) che avranno la possibilità di beneficiare di un percorso di mentorship sponsorizzato da amdLP, società di consulenza londinese specializzata in startup.

I progetti selezionati avranno infine la possibilità di presentare il proprio progetto, dopo i miglioramenti apportati grazie al percorso di mentorship, ad una platea di esperti e potenziali investitori del settore Health e Quantified Self durante l’evento finale di Maker Contest, previsto per il 20 giugno 2014 a Milano.

Per maggiori informazioni: http://www.makeinitaly.org/

Napoli, 28/04/2014

Quali sono gli errori più frequenti per una startup alle prese con il fundraising?

Sam Altman è un imprenditore, attualmente presidente di Y Combinator e precedentemente co-founder e CEO della startup Loopt, applicazione mobile per il social networking, acquisita nel 2012 dalla Green Dot Corporation.

In un post pubblicato qualche tempo fa sul suo blog, Altman ha analizzato una fase fondamentale per una startup in crescita: la fase del fundraising. L’obiettivo del suo post è quello di individuare alcuni degli errori più frequenti che i founder di una startup possono fare quando si affacciano alla fase di fundraising.

1) Rendere il processo “iper-ottimizzato”

Moltissimi founder cercano strade difficili per la raccolta di capitali, mettendo spesso in pratica dei “trucchi” che pensano siano utili ma in realtà non fanno che complicare le cose. In realtà, scrive Altman, è tutto piuttosto semplice: se l’azienda funziona bene, otterrà dei buoni risultati in termini di fundraising. L’unica strada da percorrere, quindi, è quella di lavorare per migliorare il più possibile l’azienda, il suo funzionamento e i suoi risultati.

Il processo di fundraising, infatti, è molto semplice: innanzitutto bisogna trovare il modo di ottenere un incontro con i potenziali investitori. Dopodichè, occore spiegare loro in che modo la startup può riuscire a fargli ottenere guadagni elevati. Ciò significa spiegare agli investitori la mission aziendale, il prodotto, la traction, la visione futura, il mercato, la concorrenza, quale sarà il vantaggio competitivo nel lungo periodo, come hai intenzione di ottenere dei ricavi e come si compone il team.

Occorre riuscire a implementare un vero e proprio ambiente competitivo: le migliori condizioni in termini di raccolta capitali si ottengono quando più investitori sono in concorrenza tra loro per finanziare una startup. Secondo Altman, è questa l’unica “regola del gioco” valida.

Non bisogna, quindi, ricorrere a piccoli e grandi trucchi: l’unica strada percorribile è quella di lavorare sodo per far funzionare il business nel migliore dei modi, gli investitori decidono di finanziare una startup solo se sentono di poterlo fare con fiducia.

2) Numeri, richieste e valutazioni troppo alti

Quando si cerca di ottenere dei finanziamenti, è importante mantenere quelli che Altman definisce “clean terms”: spesso le startup alla ricerca di capitali tendono infatti a valutare per eccesso i numeri, facendo richieste più elevate di quanto sia realmente necessario.

Alla base di questo errore c’è la convinzione dei founder di “impressionare” i potenziali investitori: in realtà questo atteggiamento allontana gli investors, mentre chiedere semplicemente ciò di cui si ha effettivamente bisogno è l’atteggiamento vincente nel fundraising.

3) Non riuscire a creare un ambiente competitivo

Si tratta di una fase critica del “gioco” del fundraising. Come accennato più sopra, secondo Altman è fondamentale mettere “in competizione” più potenziali investitori.

La parte più difficile da gestire è sicuramente quando arriva la prima offerta: una volta ottenuta un’offerta, infatti, se non ne arrivano altre in tempi stretti si corre il rischio di voler aspettare troppo ad accettare (in attesa che altri investitori facciano una proposta) e di perdere quella che potenzialmente potrebbe essere una buona opportunità.

La cosa migliore, sarebbe trovare un investitore che ama davvero ciò che la startup sta facendo e che sia totalmente disposto a finanziarla: quando c’è una prima offerta di questo tipo, la startup può aspettare più tranquillamente e cercare di ottenere altre offerte.
Naturalmente occorre ricompensare il primo investitore, assicurandogli priorità o quanto meno la sicurezza di rientrare nel round di investimento.

Quando si riesce a creare un buon ambiente competitivo tra potenziali investitori, il processo di fundraising diventa davvero in discesa e spesso anche chi in precendenza non aveva mostrato interesse a finanziare il progetto inizia a considerare un possibile investimento.

4) Presentarsi agli investitori in maniera arrogante, irrispettosa, ecc.

Presentarsi ai potenziali investitori con un’aura da “nerdy founder” è un vezzo inutile e controproducente: occorre essere sempre rispettosi quando si incontrano gli investors. Questo significa, avverte Altman, che non bisogna mai pretendere una decisione dopo il primo incontro (a meno che non si stia davvero per chiudere il round di finanziamento).

Altman consiglia di ricordare sempre che gli investitori sono persone che vogliono essere amate, bisogna fargli sapere che si desidera davvero lavorare insieme a loro per renderli più inclini ad investire nella vostra startup.

5) Non ascoltare

Gli investitori sono preoccupati di non rischiare di perdere i propri capitali, mentre i founder sono persone ottimiste per eccellenza. Questo significa che, molto spesso, quella che per un investor è una versione “carina” di un no viene recepita dal founder come un “con un paio di ulteriori incontri, possiamo arrivare ad un sì”.

Bisogna imparare ad ascoltare con molta attenzione, e capire se è il caso di insistere ulteriormente o è più saggio e fruttuoso andare avanti e incontrare altri potenziali finanziatori.

6) Non avere un “lead investor”

Altman spiega che spesso i founder che raccolgono capitali da più investitori si compiacciono del fatto che nessuno di questi ha un particolare “potere” rispetto agli altri. La realtà, però, è che un investitore con poco potere nelle aziende che finanzia non si sente veramente coinvolto e non si adopera per il successo della startup.

Sarebbe invece davvero utile avere un “lead investor”, con il quale organizzare regolari incontri mensili per metterlo al corrente dei progressi: questi incontri fissi creano infatti una tensione positiva nella startup, soprattutto a livello operativo e di raggiungimento dei risultati prefissati.

7) Avere un pitch scarno

Spesso i founder si fanno prendere dalla voglia di seguire alla perfezione un template, spiegando tutto ciò che sanno sui concorrenti, sull’evoluzione del mercato, ecc. Ma altrettanto spesso, sono i primi ad annoiarsi e questa noia è palese anche all’esterno.

Il consiglio di Altman per un pitch vincente da presentare agli investitori è quello di concentrarsi sulle parti del business che davvero ti entusiasmano: ciò renderà entusiasti anche gli investitori. Trasmettere la passione per il proprio business è fondamentale, ed è quasi impossibile mentire a riguardo.

Gli investitori vogliono ascoltare una vera e propria storia, che racconta come il team ha deciso di lavorare all’idea, come si sono incontrati i co-founder, ecc.: sono aspetti da non tralasciare nel proprio pitch.

Inoltre, gli investitori intelligenti sono alla ricerca di progetti che possano realmente avere successo: occorre quindi concentrarsi sugli aspetti fondamentali che facciano capire che si sta davvero costruendo una grande azienda.

8) Non chiedere delle referenze sugli investitori

I grandi investor possono apportare una quantità enorme di valore aggiunto, nella stessa misura in cui i cattivi investitori possono rendere davvero la vita difficile ai founder di una startup: ecco perché Altman succerisce di chiedere sempre informazioni a chi ha già ottenuto finanziamenti, cercando di ottenere delle vere e proprie referenze sugli investitori con cui ci si prepara a collaborare.

9) Non avere una vision sufficientemente chiara

Se non si è fermamente convinti di ciò che si fa, e si è sempre d’accordo con i suggerimenti dell’investitore, significa che la vision della startup non è sufficientemente chiara. Altman sostiene che, pur dovendo sempre ascoltare ciò che l’investitore ha da dire, si dovrebbe rimanere sempre fermi su ciò in cui si crede davvero.

I founder che hanno una vision aziendale chiara riescono a spiegare ciò che stanno facendo e perché il loro progetto è importante in poche e semplici parole: una vision chiara implica solitamente una grande idea. Fermo restando che esistono sempre delle incognite: anche se non è possibile avere tutte le risposte, prima di iniziare la fase di fundraising è fondamentale avere una vision chiara.

10) Non conoscere le metriche chiave

Le possibili domande degli investitori per una startup in fase di early stage sono essenzialmente due: “Il team sa cosa fare?” e “Il team è in grado di farlo?”.
La risposta alla prima domanda è nel punto 9: occorre avere una vision aziendale chiara e definita.
Per la seconda domanda, invece, occorre essere in grado di dimostrare la qualità operativa attraverso i numeri e le metriche chiave: Altman afferma che è davvero sorprendente come spesso le aziende si rivolgano ai potenziali investitori senza conoscere queste informazioni.

Per leggere il post originale di Sam Altman: http://blog.samaltman.com/fundraising-mistakes-founder-make

Napoli, 17/04/2014

Sono aperte fino al 18/06/2014 le candidature al Premio Gaetano Marzotto: premi in denaro e percorsi di accelerazione/incubazione per imprese innovative e startup

Sono aperte le candidature per l’edizione 2014 del Premio Gaetano Marzotto, dedicato a nuovi imprenditori e “costruttori di futuro” con progetti in grado di far convivere aspetti relativi a innovazione, impresa e società.
Il Premio Gaetano Marzotto, nato nel 2010 ad opera dell’Associazione Progetto Marzotto, si ripropone di individuare e sostenere, attraverso premi in denaro e percorsi formativi e di mentorship, i migliori progetti imprenditoriali innovativi italiani, con particolare attenzione alle ricadute di questi ultimi a livello produttivo, sociale ed occupazionale.

Possono partecipare al Premio Gaetano Marzotto 2014 progetti imprenditoriali innovativi, originali, finanziariamente sostenibili che abbiano in Italia la propria sede legale e base di sviluppo. Anche le ricadute economiche e sociali del progetto dovranno essere prevalentemente sul territorio italiano. Per l’edizione 2014 del Premio Marzotto sono previste due categorie e un montepremi totale che supera il milione di euro:

1) Premio per l’Impresa

Possono partecipare nuovi imprenditori con una società già costituita ed un partner (incubatore, acceleratore) che ne accrediti il valore.
Il Premio per l’Impresa è per la migliore impresa innovativa, con un team consolidato ed un mercato di riferimento ben definito, che abbia un business in grado di generare ricadute positive a livello sociale, territoriale, culturale o ambientale.

I 5 finalisti del Premio per l’Impresa saranno annunciati durante la semifinale prevista per il 30 ottobre 2014. Il comitato di selezione giudicherà i progetti candidati sulla base dei seguenti criteri di valutazione:

– presenza di un partner di valore;
– team;
– innovazione di prodotto/servizio;
– attrattività del mercato ed impatto sullo stesso;
– finalità di utilizzo del Premio;
– business plan.

Il vincitore del Premio per l’Impresa sarà annunciato durante l’evento finale previsto per il 27 novembre 2014 e avrà diritto ad un premio in denaro di 300.000 euro più un percorso di affiancamento del valore di 25.000 euro erogato dalla Fondazione CUOA dedicato alle fasi iniziali dell’attività di impresa.

2) Premio dall’idea all’impresa

Possono partecipare persone fisiche, team di progetto e startup innovative. E’ previsto un limite di età massima fissato a 35 anni: nel caso di partecipazione in team, sarà valutata l’età media dei componenti che presentato il progetto imprenditoriale.

Il comitato di selezione del Premio Gaetano Marzotto sceglierà tra tutti i progetti imprenditoriali candidati per la categoria Premio dall’idea all’impresa le 22 migliori proposte. A ciascuno di essi sarà offerta la possibilità di beneficiare di un percorso all’interno di uno dei seguenti incubatori e acceleratori di impresa:

Boox: programma di accelerazione della durata di due mesi per progetti in ambito e-commerce e saas;
Cesena Lab: programma semestrale di incubazione per progetti digital, web & new media;
Consorzio Arca: programma di incubazione della durata di un anno con accesso a laboratori di prototipazione, particolarmente incentrato su ricerca applicata e innovazione tecnologica e sociale;
Digital Magics: programma di incubazione di sei mesi particolarmente focalizzato su startup innvative digitali;
Fabriq: programma trimestrale nell’incubatore di innovazione sociale del Comune di Milano;
Fondazione Filarete: percorso di pre-incubazione della durata di sei mesi, per startup in ambito Salute, Biomedicale, Biotecnologie;
H-FARM: programma della durata di tre mesi nel venture incubator internazionale specializzato nei settori web, digital e new media.
I3P: programma di incubazione del Politecnico di Torino della durata di 12 mesi per progetti in ambito internet e mobile, ICT e manifatturiero, cleantech e medtech.
Impact Hub: percorso trimestrale in uno degli HUB italiani specializzati in progetti di innovazione sociale;
Industrio Ventures: programma di accelerazione semestrale incentrato sulle attività di product, market fit, industrialization, growth strategy.
Innovation Factory: programma di accelerazione dell’incubatore certificato AREA Science Park con attività formative e di coaching;
JCUBE: sei mesi di incubazione con accesso ad opportunità di mentoring e networking;
LUISS EnLabs: tre mesi di accelerazione con valutazione finale di possibilità di investimento seed;
M31: percorso della durata di due mesi con particolare attenzione a progetti nei settori biomedicale e del benessere, telecomunicazioni e informatica avanzata, ambienti intelligenti e robotica di servizio;
NANA BIANCA: percorso di incubazione della durata di tre mesi con supporto alla ricerca di finanziamenti seed;
Polihub: sei mesi di incubazione al Politecnico di Milano dedicati a business scalabili e con possibilità di cross-fertilizzazione tra le startup;
Progetto Manifattura: un semestre di coworking, mentorship, formazione e networking particolarmente incentrati sui settori dell’edilizia ecosostenibile, dell’energia rinnovabile, delle tecnologie per l’ambiente e per la gestione delle risorse naturali;
SEEDLAB: percorso formativo di 10 lezioni, 2 giorni di networking e 3 mesi di incubazione intensiva con possibilità di un viaggio in Silicon Valley;
Talent Garden: sei mesi di accesso al coworking space con possibilità di partecipazione ad eventi e networking per startup nei settori della comunicazione, del web e del digitale;
The Net Value: sei mesi di accelerazione dedicati a startup nel settore ICT e new media con possibilità di finanziamenti seed;
Trento Rise: partecipazione al programma Teck Peaks della durata di quattro mesi comprensivi di borsa di studio da 700 euro mensili;
VEGA: percorso di pre-incubazione della durata di 6 mesi con particolare riferimento a startup nei settori smart city, ICT, green, turismo, design e nanotecnologie.

Tra i 22 finalisti della categoria Premio dall’idea all’Impresa, sarà inoltre selezionato il miglior progetto che riceverà un premio in denaro da 50.000 euro.

Inoltre, per entrambe le categorie, sarà selezionato un progetto che riceverà il Premio Speciale UniCredit Start Lab. Il premio è riservato a progetti rientranti in uno dei seguenti settori: ICT/Digital/Web, Life Science, Clean Tech, Nanotech, Moda & Design, Robotica, Agrifood e Turismo. Si tratta di un premio del valore di 150.000 euro consistente in un percorso di formazione, coaching e networking (per maggiori informazioni, qui il nostro approfondimento sul tema).

Per partecipare al Premio Gaetano Marzotto 2014, occorre presentare la propria candidatura on-line entro il 18 giugno 2014: il form è disponibile nella sezione “Partecipa” del sito www.premiogaetanomarzotto.it

Per leggere il Regolamento del Premio Gaetano Marzotto 2014: http://www.premiogaetanomarzotto.it/extra/regolamento2014.pdf

Napoli, 15/04/2014

“Dal Vesuvio alla Silicon Valley e ritorno”: ritorna a Napoli il contest di Mind the Bridge che porta le migliori idee di impresa a San Francisco

Torna con l’edizione 2014 “Dal Vesuvio alla Silicon Valley e ritorno”, il contest per idee imprenditoriali innovative organizzato nell’ambito dell’iniziativa Unite the two Bays nato dalla collaborazione tra Mind The Bridge Foundation, Campania Felix e Associazione SKILLPOINT con il patrocinio, tra gli altri, della Regione Campania e del Comune di Napoli.

Fino al 7 maggio 2014 sarà possibile inviare la propria candidatura on-line compilando il form disponibile al seguente link: http://v2sv.unitethetwobays.com/contest-application/

Tra i dati necessari per compilare l’Application Form, ricordiamo la descrizione del profilo dell’azienda e le informazioni inerenti il mercato, il prodotto, la traction, i dati sul funding e le informazioni sui componenti del team.
Oltre ai moduli, è possibile allegare un video di presentazione del prodotto e/o del team, una demo di prodotto e uno slide deck (10/15 slide) che riassuma le potenzialità e gli aspetti critici del progetto di impresa. Le domande dovranno essere compilate in inglese.

La partecipazione è aperta sia ad aziende già costituite che a team in possesso di un’idea di startup che non si siano ancora costituiti in forma societaria.
E’ fondamentale, per partecipare al contest, una buona conoscenza della lingua inglese.

Tra tutte le domande pervenute, saranno selezionate le migliori 5 startup che potranno partecipare alla Startup GYM Session: l’evento si terrà a Napoli il 12 maggio, nell’ambito della manifestazione internazionale dedicata alle startup Go Global Now, ospitata da Castel dell’Ovo dal 10 al 13 maggio 2014.

Le 5 startup finaliste saranno valutate dagli esperti di Mind the Bridge sulla base dei criteri utilizzati dagli operatori di seed e venture capital: grado di innovatività, dimensione e potenziale di crescita del mercato, qualità del team, fattibilità/realizzabilità del progetto. Qualora sia possibile, verrà data priorità a progetti imprenditoriali locali (startup con sede in Campania e progetti proposti da residenti in Campania).

Tra le startup che parteciperanno alla Startup GYM Session saranno infine selezionati i vincitori: in palio, borse di studio per la Mind the Bridge Startup School a San Francisco (il numero delle borse di studio dipenderà dai fondi messi a disposizione dai partner).
Inoltre, tutti i migliori progetti partecipanti avranno un’opportunità di visibilità in quanto i pitch delle idee imprenditoriali più innovative saranno sottoposti all’attenzione del Mind the Bridge Seed Funds e di altri potenziali investitori internazionali.

Per maggiori informazioni, il Regolamento del contest è disponibili qui: http://v2sv.unitethetwobays.com/contest-rules/

Napoli, 15/04/2014

Consigli alle startup: come gestire le attività in Outsourcing?

In uno dei più recenti articoli apparsi su Tech in Asia, Terence Lee (giornalista di Singapore, esperto in startup e tecnologia) raccoglie i consigli fondamentali sulle possibilità e modalità di outsourcing per le startup raccolti in occasione di una recente tavola rotonda organizzata da Startup Jobs Asia, alla quale hanno partecipato come relatori: Michael Cheng (web developer e startupper), Jeffrey Paine (partner di Golden Gate Ventures), Brendan Goh (founder di Pirate3D, startup nel settore della stampa 3D) e Jaryl Sim (dell’agenzia di web development Tinkerbox).

Il tema dell’outsourcing rappresenta una delle prime decisioni fondamentali che una startup si trova a dover affrontare, non tanto per capire se esternalizzare o meno alcune attività, quanto per stabilire quali attività esternalizzare e in che modo farlo.
Il post di Terence Lee si propone di riassumere ed elencare i punti più interessanti del dibattito.

1) Sai cosa stai facendo?

Tutti i relatori si sono detti d’accordo sul fatto che una startup molto giovane, agli inizi del suo percorso, spesso non ha ben chiara la strada da percorrere per realizzare la propria idea imprenditoriale: in questi casi, affidare alcune attività all’esterno ricorrendo all’outsourcing potrebbe essere la strada più giusta da percorrere.

Assumere dei dipendenti quando non si è ancora sicuri dei futuri passi della propria startup è infatti un rischio, che si traduce in un possibile spreco di risorse qualora la persona assunta dovesse ritrovarsi in realtà a non poter far nulla. L’outsourcing è invece un’ottima modalità per capire se c’è bisogno di svolgere determinate attività e, di conseguenza, se è necessario assumere qualcuno che se ne occupi.

Le startup più mature, invece, potrebbero trovarsi in difficoltà con l’outsourcing: spesso, infatti, dopo le prime fasi l’infrastruttura aziendale diventa troppo grande ed intrecciata per affidare ad esterni lo svolgimento di determinate attività.

2) La startup è product-based o ad alto contenuto tecnologico?

La natura di una startup ha una rilevanza fondamentale per capire se e cosa esternalizzare: per una società di e-commerce, ad esempio, la tecnologia non è sicuramente un aspetto fondamentale. In questo caso, conviene esternalizzare la costruzione del sito web aziendale, riuscendo ad ottenere qualcosa di semplice e funzionale in maniera relativamente semplice e veloce.

Viceversa, una startup technology-based, nella quale è fondamentale la proprietà intellettuale, ha bisogno di assumere uno sviluppatore software in-house. Non è il caso, quindi, di affidarsi all’outsourcing, ma è preferibile sviluppare il codice da zero all’interno dell’azienda.

3) Che tipo di attività si vuole affidare in outsourcing?

Può essere molto difficile trovare delle persone in possesso di determinate tipologie di competenze da assumere. Pirate3D, ad esempio, ha avuto grosse difficoltà per il mechanical development, attività di importanza basilare per un’azienda che costruisce stampanti 3D.

In casi come questi l’outsourcing rappresenta una soluzione molto efficace per una startup agli inizi: con il tempo, dopo una certa crescita e dopo aver eventualmente raccolto i primi capitali, si può provare a portare le funzioni inizialmente esternalizzate in-house.

Un altro aspetto fondamentale di cui tener conto è la natura delle attività che si intende affidare in outsourcing: ad esempio, Goh afferma che è possibile esternalizzare le attività sensibili solo fin quando i fornitori non sanno come le parti da loro sviluppate si inseriscono nel processo complessivo.

In generale, il consiglio è che le attività che possono essere esternalizzate non devono essere critiche nè sensibili, il rischio deve essere sempre ridotto ai minimi termini.

4) Il fornitore prescelto è startup-oriented?

Si tratta di una discriminante fondamentale: Tinkerbox, ad esempio, è una società fortemente orientata alle startup e i suoi lavori di sviluppo software per startup rappresentano alcune delle best practices del settore.

L’atteggiamento di un fornitore startup-oriented è quello di insegnare ed educare le startup all’importanza della qualità e della produttività aziendale.

5) Nel tuo team vuoi dei generali o dei fanti?

Tutti i relatori della tavola rotonda sono stati d’accordo su un punto: i dipendenti sono solitamente disposti a lavorare di più rispetto ai fornitori.

Un fornitore in outsourcing ha sicuramente interesse a svolgere al meglio il compito che gli è stato affidato, a portare a termine il proprio lavoro nel migliore dei modi, ad aiutare la startup ad avere successo: ma c’è un confine che i fornitori non attraversano.

I dipendenti, invece, sono disposti ad andare oltre le semplici attività “di routine” per le quali sono stati assunti, perché fanno propria la vision e la mission della startup.

6) Può essere utile esternalizzare attività a società estere?

Anche se ci sono alcuni Paesi in cui determinate attività costano meno, coinvolgere persone troppo lontane ha dei costi nascosti molto ingenti. Spesso, un team costruito in questo modo è più lento e rallenta il progresso dell’intera startup.

7) Sai essere un buon cliente per i tuoi fornitori?

Un buon cliente è colui che sa esattamente ciò che vuole e sa spiegarlo al proprio fornitore: quando sceglie di ricorrere all’outsourcing, la startup deve avere un atteggiamento altamente collaborativo con i fornitori.

Inoltre, spesso una mancata corrispondenza tra i risultati finali e le aspettative del cliente dipendono da una cattiva comunicazione: bisogna saper spiegare fin dall’inizio cosa si vuole ed effettuare il più spesso possibile dei check-in per seguire i progressi del fornitore.

Nel caso in cui la startup abbia dei problemi a comunicare ogni giorno con l’agenzia fornitrice, è utile chiedere fin dall’inizio a quest’ultima di inviare dei report quotidiani.

8) Stai cercando di assumere qualcuno attraverso l’outsourcing?

Anche se può sembrare rischioso, in realtà la pratica di assumere qualcuno con delle particolari skills mentre sta lavorando per l’agenzia fornitrice è molto diffusa.

Tra i relatori, il founder di Tinkerbox spiega che il modello della sua agenzia è basato esattamente sull’attrarre persone di talento, per poi rilasciarli nuovamente sulla scena startup.

Inoltre, vedere come lavora una persona affidandogli delle attività in outsourcing per brevi periodi può essere un modo efficace ed economico per testare le sue capacità e competenze prima di assumerla.

9) Ti interessa la reputazione del tuo fornitore?

Le startup si affidano molto spesso alla reputazione dell’agenzia per prendere le proprie decisioni sull’outsourcing: si tratta di un approccio che può essere sicuramente valido. Tuttavia, Cheng mette in guardia sul fatto che le società si evolvono, e chi in passato ha lavorato male non è detto che continui a farlo.

In ogni caso, un approccio utile per testare l’efficacia dei fornitori è quello di “tenergli il guinzaglio corto”: significa affidargli dei piccoli compiti e, se svolti bene, affidargli mansioni più importanti. Si tratta di un approccio che consente di costruire la fiducia ed, eventualmente, affidare un progetto completo al fornitore.

Un altro approccio utile consiste nell’affidare un lavoro di breve durata a due o tre agenzie contemporaneamente, per stabilire i loro standard e poi scegliere il migliore.

10) Cosa pensano i vostri investitori del outsourcing?

I founders di una startup che ha raccolto capitali da investitori devono sicuramente tenere in considerazione la loro opinione quando si trovano a dover scegliere se ricorrere o meno all’outsourcing.

Paine, relatore della tavola rotonda ed investitore, ha una risposta piuttosto semplice per la questione: “Il vostro obiettivo è quello di fare quello che dovete. Che lo facciate da soli, o che paghiate qualcuno per farlo, non ha importanza”.

Inoltre, Paine spiega che spesso per le startup più mature è preferibile avere i propri team in-house, mentre le giovani startup dovrebbero affidarsi all’outsourcing almeno fino a quando non saranno pronte a gestire un team di dipendenti.

L’articolo originale è disponibile al link: http://www.techinasia.com/10-questions-outsourcing-work-startup/?utm_source=feedly&utm_reader=feedly&utm_medium=rss&utm_campaign=10-questions-outsourcing-work-startup

Napoli, 04/04/2014

40 grant di impresa, 4 acceleratori, un programma di 4 mesi: l’edizione 2014 di WCAP

Il 27 marzo è stata aperta la Call for Ideas per Working Capital 2014, il programma di accelerazione per startup innovative erogato dal network di acceleratori di Telecom Italia con sede a Milano, Bologna, Roma e Catania: WCAP offre alle startup selezionate 40 grant d’impresa del valore di 25.000 euro ciascuno, assieme ad un programma della durata di 4 mesi che si svolgerà tra luglio e novembre 2014.

Possono presentare la propria application persone fisiche, team di startupper e società già costituite (da meno di 24 mesi), nazionali ed internazionali, in cui almeno uno dei componenti del team abbia compiuto il 18° anno di età: per partecipare, occorre registrarsi alla piattaforma dedicata (http://www.workingcapital.telecomitalia.it/repository/login/) e caricare il proprio progetto entro la deadline fissata per il 9 maggio 2014. (N.B.: scadenza prorogata al 26/05/2014).

In fase di selezione, i progetti candidati all’edizione 2014 di Working Capital saranno valutati sulla base dei seguenti criteri di valutazione:

– Idea disruptive: innovatività dell’idea o dell’approccio
– Team con competenze eterogenee e complementari
– Roadmap di sviluppo ben definita
– Business Model sostenibile
– Potenziali sinergie con le Business Unit di Telecom Italia
– Grado di completezza e chiarezza delle info ricevute

Una volta effettuata la registrazione, sarà possibile accedere all’area riservata ed alla sezione “Carica la tua idea”: dopo aver inserito le informazioni nell’apposito modulo, i candidati dovranno caricare i documenti richiesti (pitch del progetto, curriculum vitae del proponente, demo/business plan).

Le 40 startup selezionate per il programma di accelerazione WCAP 2014 avranno accesso agli spazi dell’Acceleratore Working Capital (ricordiamo che le sedi sono Milano, Bologna, Roma e Catania) per un periodo di 4 mesi durante il quale potranno beneficiare di un percorso di mentorship e di una serie di incontri di formazione funzionali allo sviluppo del progetto. I team avranno inoltre diritto a partecipare alle iniziative di networking organizzate durante il percorso.

Inoltre, ciascuna delle 40 startup avrà diritto ad un grant di impresa consistente in un contributo economico di 25.000 euro che sarà corrisposto in tre tranche: la prima, di 10.000 euro, all’atto di sottoscrizione del Contratto, la seconda (pari a 5.000 euro) e la terza tranche (pari a 10.000 euro) saranno corrisposte condizionatamente e successivamente all’accettazione da parte di Telecom Italia delle attività svolte dalla startup, a chiusura del programma di accelerazione e a chiusura del contratto.

Per maggiori informazioni sul contratto, della durata di un anno, è possibile consultare il regolamento della competition al seguente link: http://www.workingcapital.telecomitalia.it/2014/docs/Regolamento_Programma_Wcap_2014_IT.pdf

Per tutte le altre informazioni su WCAP, sugli acceleratori del network e sui mentor: http://www.workingcapital.telecomitalia.it/

Napoli, 01/04/2014

La nuova call di LUISS EnLabs per startup ICT con un’idea disruptive

LUISS EnLabs, l’acceleratore di startup con sede a Roma Termini, apre la nuova call for ideas per il programma di accelerazione della durata di cinque mesi che avrà inizio a giugno 2014: il percorso è aperto a idee disruptive “in grado cambiare il mondo”.

Durante i cinque mesi del percorso di accelerazione, le startup insediate a LUISS EnLabs saranno affiancate da un network di esperti e consulenti e seguiranno un approccio XPM (Agile): a ciascuna startup saranno assegnati due consulenti/mentor, che sosterranno il team cercando di diagnosticare precocemente qualsiasi problema ed ostacolo tipico di un progetto imprenditoriale nella sua fase di avvio.

Le startup selezionate per il percorso di LUISS EnLabs riceveranno un investimento pari a 30K di liquidità, inoltre avranno la possibilità di trascorrere alcune settimane in uno degli acceleratori del network internazionale di partner di LUISS EnLabs: in questo modo, i team avranno la possibilità di confrontarsi con persone, realtà ed approcci differenti accrescendo il valore formativo della loro esperienza.

Inoltre, il programma di accelerazione per startup di LUISS EnLabs prevede un ricco calendario di eventi formativi, in particolare seminari, tenuti da esperti internazionali in particolare sui temi del project management.
Tra gli eventi del programma di accelerazione, è particolarmente importante l’occasione offerta dall’Investor Day: si tratta dell’evento conclusivo dell’intero percorso, in cui ciascuna startup avrà a disposizione 7 minuti per presentare il proprio pitch seguiti da 15 minuti di Q&A di fronte ad una platea costituita da venture capitalist, business angels, grandi aziende, esperti di startup, media e giornalisti.

E’ possibile inviare la propria candidatura entro la deadline fissata per il 15 maggio 2014: LUISS EnLabs è alla ricerca di startup del settore ICT in possesso di un’idea disruptive, con un team fortemente motivato e un prodotto (anche in versione alfa o beta) in grado di stupire gli organizzatori.

Per partecipare, occorre inviare una mail all’indirizzo applications@luissenlabs.com contentente il nome della startup nell’oggetto. La mail dovrà contenere il link ad un video pitch della durata massima di 7 minuti e un executive summary (in formato PDF, di massimo due pagine).

Il video e l’executive summary dovranno contenere innanzitutto una breve descrizione del prodotto e dell’idea (Qual è il problema che la tua startup risolve? Come fa a risolverlo? Perché il vostro prodotto è unico?), inoltre dovrà spiegare il mercato potenziale, il modello di business, i concorrenti e il team.

Per maggiori informazioni, qui le FAQ dal sito ufficiale di LUISS EnLabs: http://www.luissenlabs.com/program/application/application-faq.html

Napoli, 25/03/2014

Cresce l’ecosistema campano dell’innovazione: nasce a Caserta “012 Factory”, centro di contaminazione per startup

E’ appena nata in Campania una nuova realtà dedicata all’imprenditoria innovativa: si tratta di 012 Factory, centro di contaminazione per startup, talenti e idee creative di impresa che offre un percorso formativo gratuito sui temi dell’imprenditoria innovativa: 012 Academy.

Il centro 012 Factory si trova a Caserta ed sarà inaugurato ufficialmente oggi, 27 febbraio, con un evento che si terrà a Villa Vitrone (Via Fulvio Renella, 89 – Caserta) a partire dalle 17:30.
Nel frattempo, sono già aperte le iscrizioni per il programma formativo 012 Academy 2014: è possibile inviare la propria candidatura on-line entro il 31 marzo 2014 compilando il form di iscrizione disponibile al link http://www.012factory.com/academy.php .

Tra tutte le candidature saranno selezionate le migliori 30 che potranno accedere gratuitamente al percorso di formazione semestrale (che si terrà tra maggio e novembre 2014): il focus è su progetti innovativi e ad alto potenziale di crescita, e la partecipazione è aperta a talenti creativi, studenti, aspiranti imprenditori già in possesso di un’idea imprenditoriale o semplicemente con molta voglia di mettersi alla prova. E’ prevista inoltre un’attività di team building ad aprile 2014, prima dell’inizio dell’Academy.

Il percorso 012 Academy si struttura in 12 moduli dedicati ad altrettanti temi fondamentali per startup e imprese: Analisi dei Bisogni, Competitor e Best Practices, Analisi di Mercato, Processi di Produzione, Piano Commerciale e Pricing, Comunicazione, Risorse Umane, Aspetti Legali e Societari, Proprietà Intellettuale, Business Model, Finance e Piano Economico, Pitch Development.

Al termine del percorso formativo, la migliore idea di impresa riceverà un premio consistente in un Seed Funding di 20.000 euro e potrà accedere all’Incubatore di 012 Factory per un percorso della durata di altri 6 mesi.

Per maggiori informazioni: http://www.012factory.com/

Napoli, 27/02/2014

Consigli a startup e imprese – Semplicità e cambio di prospettiva: i segreti per l’innovazione di successo

Serve davvero un’idea rivoluzionaria per avere successo nel mondo imprenditoriale? A questa domanda prova a rispondere Stephen Key, inventor e co-founder di InventRight, società americana specializzata nel sostenere gli imprenditori nel lancio di nuove idee sul mercato, con un recente post pubblicato da Entrepreuner nella sezione dedicata alle startup.

Secondo l’autore, la maggior parte degli imprenditori è convinta che sia necessario avere una grande idea rivoluzionaria per avere davvero successo sul mercato: in realtà, Key sostiene che questa concezione è molto lontana dalla verità, e motiva la sua convinzione basandosi sulla naturale tendenza umana ad evitare il cambiamento, soprattutto quando si tratta di un cambiamento comportamentale.

Inoltre, le idee davvero disruptive, che portano a cambiamenti epocali (Key utilizza come esempio l’I-Phone) sono davvero poche e rare: ecco perché il motto cui Key si è sempre affidato, nei suoi 20 anni di esperienza come imprenditore ed innovatore, è “keep it simple”. Le idee semplici sono sempre le più facili da lanciare sul mercato, anche perché le idee rivoluzionarie sono particolarmente costose in termini di risorse e tempi richiesti per la realizzazione. Ecco quindi che, nella maggior parte dei casi, può essere molto più semplice e remunerativo per un imprenditore concentrarsi sul miglioramento di un’idea già esistente.

Il vantaggio del concentrare la propria attività sul miglioramento di un prodotto già esistente sta nel fatto che si può contare sulla presenza del prodotto sul mercato: un vantaggio che Key definisce enorme. Questo perché, anche se si può contare su un’idea creativa ed innovativa, l’unico vero modo per sapere se ci sono potenziali clienti disposti a pagare per il vostro prodotto è testarlo ampiamente sul mercato. Testare un’idea può essere un lavoro costoso, che richiede inoltre molto tempo: ecco perché è vantaggioso concentrarsi sull’innovazione di un prodotto già esistente. Come afferma l’autore del post, “in poche parole, c’è un rischio minore”.

Spesso si sente dire che, per essere creativi, è necessario “think outside the box”. Il “guru” americano del marketing Seth Godin afferma invece che bisogna “think next the box”. Stephen Key è convinto che a volte basta semplicemente “girare la scatola”, guardare le cose da una diversa prospettiva, per farsi venire in mente un’idea brillante e innovativa.

Il post prosegue con un esempio di idea semplice di successo: nel 1991, Paul Brown ebbe un’idea molto smart che verrà poi utilizzata dal colosso americano Heinz. Il problema da risolvere era quello di modificare le bottiglie di ketchup in modo da far fuoriuscire il prodotto senza gocciolare. L’idea vincente fu quella di adattare alle bottiglie di ketchup il sistema utilizzato per le bottiglie di shampoo, con una valvola in silicone con fessure che si aprono quando si schiaccia la bottiglia e si chiudono quando si smette di fare pressione, evitando la fuoriuscita del prodotto. Nel 1995, l’idea fruttò a Brown circa 13 milioni di dollari.

L’idea è nata traendo ispirazione dall’osservazione di ciò che è intorno a ciascuno di noi: è proprio questo, secondo Key, uno dei modi più semplici ed affidabili per ottenere un’innovazione di successo.

Per leggere il post originale: http://www.entrepreneur.com/article/231466

Napoli, 13/02/2014

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