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Tipologie di immaginazione e abilità imprenditoriali: consigli utili per la tua startup

Nei giorni scorsi, Forbes ha pubblicato un interessante articolo firmato da Dinah Wisenberg Brin intitolato “Three Types Of Imaginativeness Important In Entrepreneurship”. Il testo è incentrato sulle tre tipologie di immaginazione che risultano essere fondamentali nell’attività di un imprenditore.

Secondo un recente studio pubblicato dall’Academy of Management Journal, infatti, esistono tre differenti tipi di immaginazione che rappresentano un talento indispensabile per la nascita di nuove, preziose idee imprenditoriali: l’immaginazione creativa, l’immaginazione sociale e l’immaginazione pratica.

I ricercatori hanno misurato queste tre abilità di natura cognitiva su una apposita “scala immaginativa”, lavorando con oltre 500 persone negli Stati Uniti, in una fascia di età compresa tra i 19 e gli 88 anni. Il campione oggetto dello studio è composto da persone con vari livelli di esperienza nel settore imprenditoriale.Secondo i risultati dello studio in questione, le tre abilità immaginative analizzate variano da individuo a individuo, possono generare differenti idee di impresa (in termini sia qualitativi, sia quantitativi) e sono strettamente connessi a caratteristiche quali la motivazione, la conoscenza e l’esperienza.

In particolare, laddove i livelli di motivazione, conoscenza ed esperienza sono più elevati, i ricercatori hanno riscontrato le migliori performance in termini di quantità e di qualità di idee imprenditoriali generate.

Ciascuna delle tre abilità immaginative, inoltre, si combina con caratteristiche quali l’innovazione, le skills di natura comunicazionale, la capacità di gestione e di amministrazione: si tratta di una serie di fattori che si intersacano per simulare mentalmente, e quindi immaginare, gli scenari necessari a generare nuove e brillanti idee di impresa.Nello specifico, le tre abilità immaginative fondamentali per aspiranti imprenditori si identificano in:

1) IMMAGINAZIONE CREATIVA – consente alle persone di stabilire connessioni tra informazioni che sono apparentemente non correlate tra loro, per formare nuove relazioni tra mezzi e fini che si traducono in idee di impresa innovative.

2) IMMAGINAZIONE SOCIALE – consente agli individui di comprendere i bisogni degli altri, aumentando la possibilità di identificare i problemi che più di tutti necessitano di soluzione e, di conseguenza, idee utili per un’impresa o startup di successo.

3) IMMAGINAZIONE PRATICA – anche questa abilità consente alle persone di inviduare i problemi che necessitano di soluzioni, senza passare però dalla comprensione dei bisogni altrui, bensì individuando le idee imprenditoriali più utili in termini essenzialmente quantitativi.

Poiché queste tre tipologie di immaginazione sono indipendenti tra loro, gli esperti suggeriscono di costruire il team della propria startup componendolo di individui in possesso di un livello elevato anche di una soltanto delle abilità in questione, in maniera tale che il lavoro di squadra possa compensare le mancanze reciproche tra i founder.

La composizione del team è un aspetto fondamentale per la nascita di una startup di successo: ecco perché è importante incontrare e conoscere nuovi talenti, con competenze differenti e complementari, per raggiungere una squadra di eccellenza.E tu, hai già costruito il team ideale per dar vita alla tua startup? Vuoi incontrare altri talenti, in possesso di competenze di natura tecnica o imprenditoriale?

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Startup e Branding: le regole per costruire e far crescere un marchio di successo

Martin Zwilling (CEO e founder di Startup Professionals) ha raccolto le otto regole fondamentali per una startup che vuole costruire un brand di successo duraturo nel tempo: l’elenco è stato recentemente pubblicato da Forbes, in un articolo intitolato “8 New Rules For Growing An Enduring Startup Brand”.

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Tutte le startup, al momento di lanciare un nuovo business, sperano di poter diventare il brand di riferimento nel proprio settore: come Starbucks per il caffè, o Apple per l’elettronica di consumo. Ma riuscire a costruire e a far crescere un brand di successo è un’impresa tutt’altro che semplice, nella quale è fondamentale una strategia ben precisa, sorretta da un lavoro costante ed impegnativo.

Tra i motivi per cui risulta così difficile per una startup costruire un brand di successo duraturo, Zwilling nomina il fatto che il mercato ed i gusti/bisogni del consumatore sono in continua evoluzione. A ciò si aggiunge la spinta dei concorrenti, che alzano continuamente il tiro riguardo ai prodotti e ai servizi, rendendo l’arena competitiva sempre più difficile da gestire e fronteggiare.

Zwilling prova a venire incontro agli startupper alle prese con il brand, fornendo un elenco di otto regole utili che nascono dalle sue riflessioni ed intuizioni dopo la lettura del libro “Rocket: Eight Lessons to Secure Infinite Growth” a cura di The Boston Consulting Group.

Alla base del suo ragionamento, c’è la convinzione secondo la quale eventuali passi falsi in materia di branding sono più semplici da recuperare, se capitano nel corso delle prime fasi di vita di una startup. Vediamo quindi, più nel dettaglio, le otto regole di Zwilling per la strategia di branding di una startup:

1) Non chiedere ai clienti cosa vogliono nel prossimo futuro

La realtà di ogni startup è quella in cui ci si sforza di riuscire a trovare il giusto equilibrio tra la necessità di trovare immediatamente una soluzione al problema del cliente, e l’offrire a quest’ultimo una vera e propria sfida, quella di “fare un salto avanti” utilizzando un prodotto/servizio del tutto innovativo. I clienti non possono immaginare un concetto o dei comportamenti del tutto nuovi: bisogna incuriosirli, portarli a lavorare di immaginazione, per poi proporgli una nuova realtà.

2) Trasforma i tuoi più grandi fan nei tuoi clienti “evangelizzatori”

I primi clienti soddisfatti rappresentano il veicolo attraverso il quale la reputazione di una startup arriva sul mercato: sono questi ultimi a conoscere per primi i punti di forza, le debolezze e le opportunità del nuovo prodotto/servizio. Occorre ascoltarli, rispondergli, instaurare un dialogo con loro per riuscire ad innescare il passaparola. Secondo l’autore, il valore di un cliente “evangelizzatore” può essere fino ad otto volte superiore a quello di un nuovo cliente: il passaparola riesce ad innescare una vera e propria traiettoria di crescita del valore del brand.

3) Accogli sempre il disprezzo di un cliente come se fosse un dono

In una startup è facile convincersi che una certa percentuale di clienti insoddisfatti è fisiologica: ma anche le recensioni negative vanno accolte, fornendogli una risposta esauriente. Questo atteggiamento è la chiave per la crescita del business: senza le valutazioni dei clienti, buone o cattive che siano, non ci sarà nessun miglioramento.

4) Le persone giudicano sempre un libro dalla copertina

Un cliente acquista soprattutto in base a ciò che vede: gli aspetti estetici, strettamente visivi di un prodotto/servizio sono quindi fondamentali. Come ha sempre fatto Steve Jobs, occorre creare un prodotto/servizio attraente per gli occhi, qualcosa che renda fieri, al contempo, il team che l’ha creato ed il cliente che lo ha acquistato.

5) Trasforma dipendenti e collaboratori in appassionati “evangelizzatori”

Un team motivato ed entusiasta del proprio lavoro riesce a raccontare la storia della startup e del prodotto in maniera appassionata e coinvolgente per il cliente: si tratta di una fonte importantissima di vantaggio competitivo per una startup che sta lavorando alla brand strategy. La fedeltà del team è strettamente connessa al processo di fidelizzazione della clientela.

6) Cura le relazioni reali e virtuali

Nell’era digitale, le relazioni virtuali con il cliente sono sempre più intrecciate e indivisibili dalle relazioni ed i contatti reali. Far crescere le relazioni virtuali è un processo più semplice e veloce, per cui è fondamentale per una startup utilizzare blog e social media come strumenti per costruire relazioni interattive con la clientela.

7) Fai passi da gigante piuttosto che piccoli passi

Può essere davvero difficile cambiare il mondo con piccoli progressi incrementali e di consolidamento: una startup dovrebbe essere sempre chiara, efficace, decisa nelle proprie richieste ed azioni di branding. In caso contrario, diventa veramente difficile riuscire a farsi notare nell’enorme mole di messaggi cui il cliente è sottoposto ogni giorno. Una startup può contare, da questo punto di vista, su un grande vantaggio: parte da un sogno e non ha alcun legame che la ancori al passato.

8) Non dare mai per scontato che il brand abbia raggiunto la stabilità

Tutti i rapporti sono costantemente sottoposti a cambiamenti e fluttuazioni: ciò accade anche nella relazione con il cliente. In qualsiasi momento, cambiamenti culturali ed eventi esterni possono minare la stabilità del brand: per affrontare questo tipo di problematica, una startup deve impegnarsi in un’attività costante di raccolta e monitoraggio dei dati. Sulla base dei dati, infatti, sarà possibile riconoscere repentinamente un cambiamento e reagire in maniera proattiva.

In conclusione, Zwilling fa notare come il filo rosso che lega tutte le otto regole elencate sia la necessità di costruire prima possibile uno stretto legame emotivo con il cliente: una relazione solida e basata sulla fiducia tra clientela e brand rappresenta infatti la base per una crescita esponenziale della startup.

Il post originale su Forbes è disponibile qui: http://www.forbes.com/sites/martinzwilling/2015/10/15/8-new-rules-for-growing-an-enduring-startup-brand/?linkId=18062925

Napoli, 25/11/2015

Consigli per startup e imprese: riconoscere e gestire il cambiamento per avere successo nel business

Martin Zwilling è un veterano nel mondo delle startup: mentor, executive, blogger, Angel Investor ha collaborato con testate internazionali quali Forbes, HBR, Huffington Post. Di recente, il portale Examiner ha pubblicato un suo contributo intitolato “How To Be An Entrepreneur Who Can See Around Corners”, nel quale raccoglie alcuni spunti interessanti per startupper che vogliono provare a diventare imprenditori capaci di intravedere prima di tutti le opportunità ed i cambiamenti in atto e trasformarli in grandi opportunità di business.

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La capacità di intravedere, adattarsi e sfruttare a proprio favore il cambiamento sta diventando una caratteristica imprescindibile per la crescita e la sopravvivenza di startup e aziende: i migliori imprenditori sono proprio coloro che sono in grado di cogliere le opportunità nascoste nel cambiamento prima di tutti gli altri. Si tratta di una capacità spesso innata, ma che secondo Zwilling può essere appresa lavorando su alcune skills di base.

In particolare, l’autore si sofferma su cinque skills fondamentali, elencate dal libro “The Attacker’s Advantage” di Ram Charan:

1) Stare sempre all’erta, percependo i segnali ed il significato del cambiamento.

Tecnicamente, questa skill è definita “perceptual acuity”, acutezza percettiva. Gli imprenditori e gli startupper migliori si impegnano ad analizzare regolarmente con un gruppo eterogeneo di esperti le proprie percezioni e idee, cercando di recepire i cambiamenti imminenti in ambienti eterogenei per capire come sfruttare le nuove opportunità di crescita.

2) Avere un mind-set focalizzato sulla capacità di scorgere le opportunità nell’incertezza.

L’incertezza va vista come un invito a passare all’attacco: gli imprenditori devono essere sempre pronti a trovare un nuovo posto per il loro business, quando il paesaggio sta cambiando. Non bisogna mettersi sulla difensiva, anzi è opportuno accettare la realtà e capire che a volte intestardirsi sulle proprie idee può essere un ostacolo sulla strada che in realtà sarebbe più promettente.

3) Capacità di vedere un nuovo percorso davanti a sé, e di impegnarsi a seguirlo.

Gli imprenditori di successo sanno che non bisogna aspettare che tutti siano concordi sulla vision che il business deve raggiungere e perseguire: un leader deve avere il coraggio delle proprie convinzioni. La strada giusta passa attraverso la tenacia nel seguire le nuove opportunità, individuare gli ostacoli, trovare il modo migliore per affrontarli e superarli.

4) Capacità di adattamento nella gestione della transizione verso il nuovo percorso.

Startupper e imprenditori devono riuscire a mantenersi in contatto con le realtà esterne e interne all’azienda, per sapere quando è il momento giusto per accelerare, quando spostare il focus da breve a lungo termine, senza mai perdere di vista il flusso di cassa e i debiti. Inoltre, l’azienda deve stabilire e rispettare le milestones prefissate, per mantenere la credibilità rispetto agli investitori e agli stakeholders.

5) Abilità nel rendere l’azienda agile e flessibile.

Nessun leader aziendale può guidare con successo la propria organizzazione nel cambiamento, se non è in grado di mantenere a lungo le risorse-chiave all’interno del team. Le risorse-chiave sono le persone capaci di mantenersi agili, flessibili, riuscendo ad interagire e costruire in tempo reale le relazioni con l’esterno. Esse sono, inoltre, in grado di fisare le priorità, hanno capacità di decision-making, sanno muoversi nelle attività di funding e nelle attività di misurazione e monitoraggio delle metriche.

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Un esempio di imprenditore in grado di guidare l’azienda attraverso il cambiamento è Steve Jobs: ma si tratta di poche eccezioni. Nella realtà di tutti i giorni, la maggioranza di imprenditori e startupper si lasciano sopraffare dalle pressioni quotidiane e perdono di vista la strada giusta. Ecco perchè Zwilling è convinto che tutti gli imprenditori ed aspiranti tali dovrebbero lavorare per sviluppare la propria “perceptual acuity”: di seguito, un elenco di consigli pratici da mettere in atto per iniziare.

Riservare 10 minuti di ciascun meeting settimanale del personale per lavorare sull’argomento;
Raccogliere feedback e punti di vista contrari al nostro da persone di cui abbiamo fiducia e rispetto, ed utilizzarli come spunto di riflessione;
Analizzare il passato alla ricerca di segnali di cambiamento di cui non ci siamo resi conto in tempo;
Aggiornare regolarmente la vostra “mappa mentale dei cambiamenti chiave” in diversi settori;
Valutare che impatto potrebbero avere sul mercato un’invenzione, un brevetto, una nuova normativa;
Utilizzare gli outsider, per moltiplicare la capacità di rompere schemi e modelli;
 Studiare la scena social, alla ricerca di nuovi comportamenti e tendenze tra i consumatori;
Informarsi attraverso tutti i media possibili, sia online che offline.

Per leggere il post originale: http://www.examiner.com/article/how-to-be-an-entrepreneur-who-can-see-around-corners

Napoli, 05/08/2015

Affrontare il fallimento e ripartire verso il successo: i consigli alle startup di Neil Patel

Neil Patel è co-founder di Crazy Egg, Hello Bar e KISSmetrics e si occupa di consulenza in tema di revenue per grandi colossi quali Amazon, NBC, HP e Viacom. Inserito dal Wall Street Journal tra i top influencer del web, ha pubblicato un articolo molto interessante su Forbes relativo alle problematiche che possono portare una startup al fallimento, elencando una serie di spunti utili per evitarlo.

I consigli di Patel sono basati sulle sue esperienze come co-founder di startup di successo, e partono da un assunto fondamentale: le startup falliscono. I numeri citati da Patel parlano di 3 startup fallite su 4, e secondo il suo punto di vista alla base di questi dati negativi c’è la credenza diffusa dell’inevitabilità del fallimento per una startup. Secondo Patel, anche a causa delle statistiche negative, gli startupper lavorano inconsciamente in maniera tale da causare il fallimento, in un vero e proprio circolo vizioso basato su una sorta di “profezia che si auto-avvera”.

Ma in che modo è possibile difendersi? Il primo passo è , secondo l’autore, identificare bene quali, tra le startup considerate nelle statistiche, sono effettivamente da annoverare tra quelle fallite. Il termine stesso “fallimento” ha dei contorni decisamente sfocati: che cosa significa, esattamente, fallire? Dopo quanto tempo si può parlare di fallimento? Quanto deve essere grave la situazione? Come si fa a capire se la crisi è ormai a livelli irrecuperabili?

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Quello che bisogna fare, dice Patel, è identificare il più possibile i “fatti”, analizzare le attività e le situazioni nel dettaglio. Ad esempio, in un’accezione piuttosto ampia del termine, una startup potrebbe essere definita fallita quando scompare a causa di una fusione o di una acquisizione: ma in questi casi, il fatto che non ci sia più fatturato, non è definibile fallimento e pertanto non andrebbe calcolato all’interno delle statistiche.

Un’altro aspetto rilevante riguarda le tempistiche: secondo il Commerce Department degli Stati Uniti, il 50% delle startup sopravvive oltre i primi cinque anni. Un terzo delle nuove imprese arriva a superare i primi dieci. Ma se una statistica è basata sul calcolo delle startup chiuse senza considerare un lasso di tempo specifico, bisogna capire bene quante siano effettivamente le startup da considerare fallite tra quelle conteggiate.

Il secondo modo per difendersi dal fallimento è quello di cedere ad esso, per poi rimettersi in gioco e ricominciare. L’esperienza insegna che gli imprenditori che hanno fallito con la prima startup hanno molte più probabilità di successo con la seconda. In sostanza, è possibile affermare che il successo è spesso frutto del fallimento: se hai fallito, sei in grado di ripartire da capo tenendo conto degli errori commessi e di tutto quello che è stato possibile imparare sul business.

Purtroppo, la realtà è che la maggioranza degli startupper (secondo Bloomerang Business addirittura il 71%) si ferma al primo fallimento, senza provare a lanciarsi di nuovo sul mercato. Ma l’esperienza di chi ha avuto successo (Patel cita a proposito il caso di Nathan Blecharczyk, multimilionario co-founder di Airbnb) insegna invece che “ci vuole un gran numero di tentativi falliti per raggiungere il successo”.

Lo stesso Patel ha affrontato più volte l’esperienza del fallimento: sono stati proprio gli errori fatti a rendere possibile il successo dell’autore, che non si è mai arreso ed ha sempre riprovato, si è rimesso in gioco, startup dopo startup.

Ecco quindi, in sintesi, il consiglio di Patel per aspiranti startupper: non temere il fallimento, ma provare, provare, provare ancora.

Per leggere il post originale: http://www.forbes.com/sites/neilpatel/2015/06/25/heres-why-your-startup-will-fail-and-what-to-do-about-it/

Napoli, 16/07/2015

Il CFO – Chief Financial Officer: chi è, di cosa si occupa e quando diventa necessario assumerlo in una startup

Jeff Thomson ha recentemente intervistato per Forbes Tridivesh Kidambi, CFO della startup tecnologica CallFire: il tema centrale dell’intervista è capire quando un’azienda necessita di un CFO e cosa significa essere CFO in una startup.

Il CFO (Chief Financial Officer) è il manager responsabile della gestione delle attività finanziarie di un’azienda. Negli ultimi anni la figura del CFO ha assunto un ruolo sempre più rilevante per una startup: il compito centrale del CFO è infatti quello di guidare le decisioni aziendali in maniera efficace, stabilendo su quali opportunità puntare e, di conseguenza, come impiegare il capitale e le risorse per massimizzare le probabilità di successo della startup. Uno dei compiti principali del CFO, quindi, sta nel guidare il focus dell’azienda e della strategia di business.

Interessante è anche la differenza tra il ruolo del CFO in una startup e in un’azienda già consolidata: basandosi sua esperienza, infatti, Kidambi afferma che il ruolo chiave di un CFO all’interno di una startup è quello di costruire l’infrastruttura organizzativa da zero. In un’azienda già consolidata, invece, si presuppone che tale infrastruttura sia già pronta e in grado di fornire le risorse necessarie in termini, ad esempio, di risorse umane, IT, sistemi e processi, etc.
Quando si è CFO di una startup, invece, occorre rimboccarsi le maniche e dare la migliore direzione possibile alla strategia aziendale, in modo tale da rendere il business scalabile e costruire sistemi e processi in grado di supportare la crescita futura.

Riguardo alle competenze necessarie ad un buon CFO per una startup, Kidambi afferma che sono fondamentali la capacità di comunicare in maniera efficace e la logica decisionale. Questo perchè, quando ci si occupa di aspetti finanziari, non basta costruire un modello finanziario integrato o prendere decisioni stratgiche in materia: occorre saper spiegare quali sono le motivazioni alla base di ciascuna decisione, e quali sono le implicazioni per ciascuno degli stakeholders coinvolti. Per guadagnare e mantenere la fiducia dell’organizzazione per cui lavora, infatti, il CFO deve saper essere onesto e trasparente sul come e sul perchè delle decisioni prese, e concentrarsi sull’approccio collaborativo che permetta a tutti gli stakeholders di raggiungere gli obiettivi alla luce del modello finanziario costruito per l’azienda.

Entrando più nello specifico della sua esperienza a CallFire, Kidambi spiega il rapporto con i founder della startup e cerca di aiutare i lettori a capire come individuare il momento giusto per assumere un CFO. Prima di tutto, nel rapporto tra CFO e founder risultano fondamentali la comunicazione e la trasparenza: bisogna sempre essere aperti al confronto con i founder, che conoscono la startup meglio di chiunque altro. Il ruolo del CFO è quindi quello di collaborare allo sviluppo di un progetto cercando di razionalizzare gli aspetti finanziari di un percorso che i founder hanno già in mente.

Riguardo invece al momento giusto per una startup di assumere un CFO, Kidambi afferma che all’inizio le responsabilità inerenti gli aspetti di gestione finanziaria sono condivise tra il team executive e quello finance. Quando, però, la startup inizia a crescere e raggiunge la scalabilità, anche le funzioni relative alla finanza, alla tesoreria, alla contabilità devono essere messe a fuoco in maniera più specifica e precisa. In questo caso diventa importante avere in squadra un CFO, che riesca a gestire gli aspetti finanziari di una startup preoccupandosi del successo futuro dell’azienda.

Il ruolo del CFO è ancora più importante in una situazione economica come quella attuale, caratterizzata da continui e repentini cambiamenti: chi si occupa degli aspetti finanziari dell’azienda deve infatti avere una visione a 360° su tutto ciò che accade nell’organizzazione, occupandosi inoltre di costruire connessioni tra le varie parti di cui l’azienda si compone, offrendo idee e soluzioni creative a sfide che a volte la startup non sa nemmeno di dover affrontare.

A differenza di quanto accadeva in passato, quando gli aspetti finanziari venivano presi in considerazione solo dopo aver preso le decisioni, la gestione finanziaria oggi è vista come parte integrante dell’azienda e del team, che tiene sempre in considerazione il punto di vista finanziario di qualsiasi questione. Il ruolo del CFO non è più quello di dire sì o no ad una decisione già ampiamente discussa, oggi il CFO viene interpellato fin dall’inizio.

Per essere un buon CFO per una startup, Kidambi consiglia di impiegare tempo e buona volontà ad imparare più possibile sul settore di riferimento dell’azienda. Bisogna imparare a capire il punto di vista degli operatori del settore e, solo a questo punto, si può dimostrare loro quanto gli aspetti finanziari possano avere un impatto positivo sulla loro attività. La fiducia e il rispetto dei founder sono assolutamente imprescindibili per il CFO.

Infine, Kidambi dà un consiglio ai giovani che vorrebbero diventare CFO in una startup: dire sempre di sì. Anche se la richiesta è totalmente estranea ai propri compiti, o in generale non rientra negli aspetti strettamente finanziari, potrebbe trasformarsi in un’opportunità per costruire la fiducia con qualcuno all’interno del team, o potrebbe essere la base per creare una connessione significativa. Occorre imparare il business, non fermarsi ai numeri: il contributo di un buon CFO va infatti al di là del bilancio, ma può essere un modo per costruire l’azienda e plasmare il business.

Il post originale è disponibile qui: http://www.forbes.com/sites/jeffthomson/2014/07/15/why-a-startup-cfo-is-like-a-personal-trainer/

Napoli, 15/07/2014