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Categoria: News

Startupbootcamp Berlin: la call per startup nel settore Smart Transportation & Energy è aperta fino al 31/05/14

Sono aperte le selezioni per il programma di accelerazione 2014 di Startupbootcamp Berlin, l’acceleratore di startup dedicato a progetti nel settore Smart Transportation & Energy in partenza il prossimo 6 agosto.
Le candidature possono essere presentate fino al 31 maggio compilando l’application form disponibile al link http://www.f6s.com/startupbootcampberlin2014#/apply

I progetti dovranno concentrarsi su innovazioni relative la mobilità di persone e cose, in particolare Startupbootcamp Berlin elenca le seguenti aree di interesse:

Smart mobility solutions & services: soluzioni e servizi smart per la mobilità;
Smart & connected vehicles: per i singoli, condivisi o pubblici, anche nel settore della robotica;
Smart logistics & supply: trasporti e servizi multimodali, robot e droni, e-mobility, logistica urbana efficiente;
Smart energy: produzione e fornitura di energia, stoccaggio, energie rinnovabili;
Monitoring & Management: gestione del traffico, della supply chain, dell’energia, delle emergenze;
Smart Signaling & Sensing: sensori, tracking & tracing, mappatura.

I team selezionati per Startupbootcamp Berlin avranno a disposizione uno spazio di lavoro in modalità coworking presso l’acceleratore situato nel Rainmaking Loft, l’hub per startup con sede a Berlino, per un periodo di 6 mesi.
Inoltre, Startupbootcamp Berlin offre a ciascun team un finanziamento seed di 15.000 euro, la possibilità di lavorare con una squadra di mentor ed esperti internazionali, l’accesso ai contatti dello Startupbootcamp Global Network e la partecipazione agli eventi organizzati da Startupbootcamp Berlin.

Startupbootcamp offre alle startup selezionate la possibilità di partecipare al suo programma “Alumni” che comprende la partecipazione all’evento “Investor Demo Days” a Londra e un viaggio di 2 settimane in Silicon Valley, durante il quale le startup potranno entrare in contatto con gli investitori, dirigenti e mentor direttamente a San Francisco.

In cambio, Startupbootcamp Berlin riceve l’8% del patrimonio netto della società (equity).

Infine, Startupbootcamp Berlin offre, tutti i venerdì fino al 31 maggio, la possibilità a chi voglia informazioni sul programma di partecipare ad “Hangout With Alex”: si tratta di sessioni da 15 minuti via Google Hangout per parlare direttamente con Alex Farcet, il founder di Startupbootcamp.

Per ulteriori informazioni, il link di riferimento è http://www.startupbootcamp.org/accelerator/berlin.html

Napoli, 10/04/2014

Consigli alle startup: come gestire il lancio di un nuovo prodotto sul mercato

Janine Popick è founder e CEO della “VerticalResponse”, una società di commercializzazione specializzata in web-based marketing software con sede a San Francisco. Recentemente Inc.com ha pubblicato un suo post, nel quale racconta la sua esperienza della più grande release fatta dalla società negli ultimi 13 anni.

Di recente, infatti, la VerticalResponse ha affrontato un’esperienza di totale riscrittura da zero del codice, allo scopo di poter offrire ai suoi clienti un prodotto totalmente nuovo, che andasse ad integrare tutte le più recenti innovazioni tecnologiche.
Il progetto di innovazione della VerticalResponse, inoltre, è stato affidato ad un team totalmente nuovo: si tratta quindi di una situazione che può essere d’esempio sia per una startup che per un’azienda già avviata che decide di implementare un’innovazione di prodotto.

Ecco alcuni degli insegnamenti utili che Janine Popick ha ricavato dalla sua esperienza per la release di VerticalResponse:

1) I team vogliono lavorare insieme. Hanno solo bisogno che gli si dia un motivo per farlo.

Il team di VerticalResponse voleva offrire ai propri clienti il miglior prodotto possibile, ed era impossibile farlo con le tecnologie esistenti in azienda. Volevano anche creare un prodotto gratuito per piccole imprese in fase di startup.

Per farlo, il team si è riunito e ha iniziato a confrontarsi per capire chi erano i clienti, di cosa avevano bisogno e come la VerticalResponse poteva risolvere i loro problemi.
E’ stato fatto un piano con le attività da completare, a breve e a lungo termine.

Al termine della riunione, ciascun componente del team sapeva cosa avrebbe dovuto fare, di quali competenze aveva bisogno, quale era la vision aziendale e come comportarsi per raggiungerla. Il risultato è stato una strategia concreta su come e quando il nuovo software sarebbe stato lanciato sul mercato.

2) Tutti vogliono raggiungere il successo, ma come?

Qual è il successo che vogliamo ottenere? Quali indicatori chiave di performance utilizzeremo per monitorarlo e misurarlo? Occorre avere dati e informazioni facilmente accessibili e comprensibili per tutti i livelli aziendali.

Dare accesso ai risultati di ciò che si sta facendo è importante. Il team deve essere informato ed aggiornato sull’evolversi dei processi aziendali e del piano nel suo complesso. Occorre quindi far circolare le informazioni in maniera efficace e trasparente.

VerticalResponse ha deciso di tenere informati i componenti del team attraverso un sistema di comunicazione che invia a tutto il team una mail ogni volta che qualcuno acquista il nuovo prodotto: può sembrare eccessivo, ma sapere che i clienti rispondono positivamente al lavoro fatto riesce a strappare un sorriso a tutti.

3) Bisogna dire alle persone che hanno fatto un buon lavoro.

L’intera squadra aziendale lavora per costruire il successo dell’impresa, ed è importante riconoscere regolarmente gli sforzi di ognuno. Questo fa sentire le persone soddisfatte del modo in cui contribuiscono al risultato dell’azienda e aiuta a tenere alto il livello di entusiasmo per il lavoro.

Nell’esperienza di VerticalResponse, le persone hanno lavorato di notte, hanno fatto il doppio delle ore di lavoro, hanno contribuito in ogni modo possibile al lancio del nuovo prodotto: è stato un lavoro duro ed incredibile, ed era fondamentale che le persone coinvolte lo sapessero.

4) Quando tutto è finito, in realtà è appena iniziato.

Il post di Janine Popick si chiude con questa consapevolezza: quando tutto il lavoro per il lancio è finito, e il prodotto è finalmente sul mercato, il team si trova di fronte al vero banco di prova. Ci saranno nuove metriche da misurare, nuovi risultati da raggiungere: tutto è più facile se si riesce a prenderla come un’avventura.

Per leggere il post originale da Inc.com: http://www.inc.com/janine-popick/4-things-i-learned-from-the-biggest-software-release-in-our-history.html

Napoli, 09/04/2014

“Spain Startup – Bases Startup Competition”: le migliori startup per il mercato mediterraneo e latinoamericano in finale a Madrid

Spain Startup – Bases Startup Competition 2014 è la seconda edizione di un concorso per startup legato all’evento Spain Startup The South Summit, che lo scorso anno ha visto 50 progetti di startup in finale, 300 investitori presenti, oltre 2.000 progetti coinvolti e circa 4.000 partecipanti.

Anche quest’anno i finalisti di Bases Startup Competition parteciperanno al Summit che quest’anno si terrà nei giorni 8, 9 e 10 ottobre a Madrid: l’evento rappresenta un’importante occasione di visibilità, networking ed incontro con potenziali investitori per startup di qualsiasi settore e nazionalità interessate ad espandersi nel mercato che comprende Spagna, America Latina e Paesi dell’Area Mediterranea.

Le categorie in concorso per l’edizione 2014 della Competition spagnola dedicata alle startup sono due:

Early Stage: neoimprese esistenti da meno di 3 anni, con opportunità di business a livello globale, a carattere innovativo e con un progetto scalabile.

Growth Projects: imprese esistenti da almeno 3 anni, con un business già implementato o proiettato a livello internazionale, un business model già validato e una forte penetrazione di mercato.

Per partecipare a Spain Startup – Bases Startup Competition 2014 occorre registrarsi all’apposita piattaforma (http://spain-startup.com/), compilare il form di iscrizione on-line e allegare un Elevator Pitch della durata massima di 3 minuti. La deadline è fissata per il 18/06/2014 e sia il modulo che il pitch dovranno essere in lingua inglese.

I progetti saranno valutati sulla base dei seguenti criteri:

  • Innovazione,
  • Scalabilità,
  • Fattibilità tecnica ed economica,
  • Caratteristiche del team,
  • Validità dal punto di vista economico-finanziario.

Tra tutti i progetti che avranno presentato la propria candidatura, un’apposita Commissione di Valutazione selezionerà i 100 finalisti che avranno l’opportunità di partecipare all’evento finale Spain Startup The South Summit (Madrid, 8-10 ottobre 2014): tutti i finalisti avranno la possibilità di uno stand espositivo per la propria startup, di ottenere colloqui one-to-one con potenziali investitori, di incontrare i media e tutti gli stakeholders internazionali presenti all’evento.

Inoltre, per i 30 migliori progetti tra le startup finaliste è prevista la possibilità di presentare il proprio pitch di fronte alla platea composta da imprenditori, esperti di startup, investitori, media internazionali presenti al Summit.
Una Giuria composta dalla Commissione di Valutazione più gli investitori presenti all’evento finale sceglierà i vincitori (uno per ciascuna categoria). Infine, altri due vincitori (anche in questo caso uno per categoria) saranno decretati dal voto popolare.

Per maggiori informazioni su Spain Startup – Bases Startup Competition è possibile visitare il sito ufficiale dedicato all’iniziativa: http://spain-startup.com/

A questo link, invece, è disponibile il Regolamento della Competition (in lingua inglese): http://spain-startup.com/wp-content/uploads/2014/03/BASESeng.pdf

Sia il sito internet che il Regolamento della Competition sono disponibili anche in lingua spagnola:

Napoli, 09/04/2014

Bando “Sportello dell’Innovazione” Regione Campania: alcune modifiche e comunicate le date di apertura per l’invio delle domande

Con Decreto Dirigenziale n. 18 del 04 aprile 2014, pubblicato nel BURC n.23 del 2014, la Regione Campania effettua alcune modifiche ed integrazioni al Bando “Sportello dell’Innovazione”, pubblicato con Decreto Dirigenziale n. 1 del 05/02/2014, attraverso il quale sono state individuate tre linee di intervento per un impegno totale pari a 75 milioni di euro:

1) Progetti Cultural and Creative Lab (budget stanziato: 15 milioni di euro) 

2) Campania Start-up (budget stanziato: 10 milioni di euro)

3) Progetti di trasferimento tecnologico cooperativi e di prima industrializzazione per le imprese innovative ad alto potenziale (budget stanziato: 50 milioni di euro).

Abbiamo parlato delle linee di intervento previste dal Bando in questo post del nostro blog: https://www.incubatorenapoliest.it/nuovi-finanziamenti-per-startup-e-pmi-lo-sportello-dellinnovazione-della-regione-campania-mette-75-milioni-di-euro-a-disposizione-per-progetti-di-innovazione-e-ricerca/

Le rettifiche ed integrazioni sono agevolmente rintracciabili nella nuova versione del Bando pubblicata dal BURC n.23 del 2014, cui rimandiamo per tutti i dettagli e le informazioni. In questa sede, segnaliamo la pubblicazione delle date di apertura per le procedure di invio delle domande di partecipazione (art. 24):

1) Progetti Cultural and Creative Lab: le domande potranno essere inviate a partire dalle ore 9,00 del 26 maggio 2014  N.B. la data di apertura dello sportello telematico per la presentazione delle istanze è fissata al 12/06/2014 con D.D. n. 27 del 22/05/2014;  

2) Campania Start-up: le domande potranno essere inviate a partire dalle ore 9,00 del 19 maggio 2014 – N.B. la data di apertura dello sportello telematico per la presentazione delle domande è stata posticipata al 22 maggio 2014 con D.D. n. 25 del 15/05/2014; 

3) Progetti di trasferimento tecnologico cooperativi e di prima industrializzazione per le imprese innovative ad alto potenziale: le domande potranno essere inviate a partire dalle ore 9,00 del 03 giugno 2014 – N.B. la data di apertura dello sportello telematico per la presentazione delle istanze è fissata al 05/06/2014 con D.D. n. 27 del 22/05/2014.

Inoltre, già da ieri è possibile accedere ai format per le domande di agevolazione e ai relativi allegati, mentre a partire dal giorno 11/04/2014 sarà possibile registrarsi al portale istituzionale della Regione Campania e accedere alle guide sull’utilizzo dello Sportello Telematico attivato per l’invio delle domande allo Sportello dell’Innovazione.

Il link di riferimento del sito ufficiale della Regione Campania, da cui accedere a informazioni, modulistica e al testo integrale del Bando, è il seguente: http://www.regione.campania.it/portal/media-type/html/user/anon/page/HOME_DettaglioRegioneInforma.psml?itemId=5259&ibName=NotiziaHomePage&theVectString=-1

AGGIORNAMENTO DEL 24/06/2014 – La Regione Campania, con DD n. 34 del 19/06/2014, ha comunicato che il 27 giugno 2014 è l’ultimo giorno utile per la presentazione tramite piattaforma SIM delle istanze per le linee di intervento del Bando “Sportello dell’Innovazione”. Maggiori informazioni al seguente link: http://redazione.regione.campania.it/rcnews_ce/showDocumentsNletter.php?04e2cb8004f27fa7b8d0af5c5f9d0e39=845306e5f26f8bc525d0290b99b28d77&nletter=nletter&num_newsletter=292&pgCode=G6I56R5538&refresh=on

Napoli, 08/04/2014

Processi di innovazione e metodologia Lean: analogie e differenze tra startup e impresa dal blog di Steve Blank

Henry Chesbrough è noto come il padre della Open Innovation, autore dell’omonimo libro e di altri testi come Open Business e Open Services Innovation. Chesbrough è direttore del Garwood Center for Corporate Innovation dell’Università di Berkeley, dove insegna Corporate Innovation assieme a Steve Blank.

E’ proprio il blog di Steve Blank ad ospitare un interessante contributo di Chesbrough, che offre una serie di spunti di riflessione al lettore partendo da alcuni concetti di base del pensiero di Blank sulle differenze tra startup e impresa e su come l’innovazione sia un processo diverso, a seconda che nasca in un startup o in un’impresa già avviata.

Il punto di partenza delle riflessioni di Chesbrough è proprio la definizione di startup data da Steve Blank: una startup è un’organizzazione temporanea in cerca di un modello di business scalabile e ripetibile. Un’impresa, al contrario, è un’organizzazione permanente, progettata per eseguire un modello di business scalabile e ripetibile. In queste definizioni, secondo Chesbrough, c’è un’intuizione molto importante che riguarda in particolare le imprese già esistenti, che decidono di innovare il proprio modello di business: i processi aziendali già ottimizzati ed in esecuzione interferiscono con i processi di ricerca necessari all’innovazione e alla scoperta di nuovi modelli di business.

Questo aspetto ha grosse implicazioni sulla decisione di intraprendere o meno un percorso di innovazione all’interno di un’impresa già esistente: il contesto dell’innovazione nel business model per un’impresa già esistente è totalmente diverso dal contesto dell’innovazione per una startup.
Le aziende già avviate possono comunque contare su un punto di forza importante quando decidono di innovare: hanno accesso a risorse e capacità che le startup non hanno a disposizione, in termini di cash flow, di brand, di rapporti con i fornitori, di distribuzione, ecc. La cattiva notizia, però, è che tutte queste attività sono regolate su misura per il modello di business esistente, e non aiutano nella ricerca di un modello di business nuovo: ecco che dei punti di forza dell’azienda si trasformano in un ostacolo ai processi innovativi, diminuendo la propensione al rischio.

Ma le differenze tra l’innovazione per una startup e quella per un’azienda già esistente, secondo Chesbrough, non finiscono qui: quando un’impresa avviata cerca di innovare trovando un nuovo modello di business ripetibile e scalabile deve condurre una lotta su due fronti. Una startup deve lavorare duro per ore ed ore, facendo molti pivot, per trovare il product-market fit e convalidare il MVP e, infine articolare tutto ciò in un business model ripetibile e scalabile. Un’azienda avviata che decide di innovare, oltre a fare tutto questo, deve tenersi pronta ad affrontare e sostenere i conflitti che il processo di ricerca ed innovazione potrà causare all’interno dell’organizzazione (richiesta di permessi e autorizzazioni, assegnazione di risorse, gestione della bassa propensione al rischio, ecc).

Quindi, un’azienda avviata che decide di innovare il proprio business model deve lavorare sia sul mercato esterno (come una startup) sia su eventuali conflitti interni: per fare un esempio, Chesbrough ricorre al caso Xerox.

Xerox ha lanciato nel 1989 il fondo XTV (Xerox Technology Ventures), che nel giro di sette anni è cresciuto dai 30 milioni di dollari iniziali ai 200 milioni di dollari e ha lanciato aziende di successo come Documentum e Document Sciences ottenendo ottimi rientri di capitale. Nonostante il successo ottenuto sul mercato, nel 1996 Xerox ha deciso di chiudere il fondo XTV: il successo ottenuto dalle aziende lanciate grazie al fondo infatti, aveva portato forti insoddisfazioni all’interno della Xerox.

Chesbrough sostiene che l’esempio Xerox serve a comprendere un altro punto fondamentale riguardo al processo di innovazione in un’impresa già avviata: c’è sempre bisogno di avere il supporto interno per innovare, e in alcuni casi per ottenere e mantenere tale supporto è possibile servirsi di un pivot.
Ad esempio, per affrontare la “guerra su due fronti”, i manager che si occupano del processo di innovazione possono decidere inizialmente di fare un pivot concentrandosi esclusivamente su nuovi clienti, e lasciano la clientela già consolidata al reparto vendite già esistente.

Le conclusioni cui giunge l’analisi di Chesbrough suggeriscono a quest’ultimo l’importanza di progettare e preparare l’organizzazione interna dell’azienda in modo tale da essere in grado di offrire e mantenere il supporto interno per le iniziative di innovazione che l’impresa deciderà di mettere in atto nel corso del tempo. In caso contrario, l’innovazione rischia di diventare davvero difficile da portare avanti, soprattutto una volta svanito l’entusiasmo iniziale.
Inoltre, un’azienda che non riesce a dotarsi di una struttura flessibile e adatta a sostenere i cambiamenti e le innovazioni rischia di andare incontro a grosse difficoltà.

Tutto ciò, secondo Chesbrough, porta ad un’ulteriore modifica ad uno dei concetti base della metodologia Lean Startup: Get Upstairs in the Building. Significa che è fondamentale per avviare processi di innovazione dotare l’impresa di una forte struttura di sostegno interno, per poter poi tentare la scalata al successo sul mercato esterno. Per avere una struttura interna di questo tipo, occorre che chi prende le decisioni abbia una buona propensione al rischio, occorre avere un’organizzazione dei processi aziendali tale da mettere al riparo le attività in esecuzione già esistenti quando ci si adopera per processi di ricerca e innovazione: quindi, occorre “salire al piano superiore dell’edificio”, per poter riuscire costruire questa struttura interna di sostegno.

Per leggere il post originale dal blog di Steve Blank: http://steveblank.com/2014/03/26/why-internal-ventures-are-different-from-external-startups/

Napoli, 08/04/2014

Il branding e la relazione con il cliente: i consigli a startup e imprese per ottenere dei “Die-Hard Followers”

Luke Summerfield è responsabile dell’Inbound Marketing a Savvy Panda, agenzia specializzata in consulenza aziendale che lavora ogni giorno per costruire casi di successo di imprese non profit, e-commerce e tecnologiche.
Un suo interessante post, pubblicato qualche giorno fa da Entrepreneur, è dedicato al tema del Branding e a come sia possibile costruire un marchio che riesca ad attrarre i cosiddetti “Die-Hard Followers”, ossia delle community di seguaci “irriducibili” che diffondono la cultura del marchio.

Nel suo post, Luke Summerfield cerca proprio di spiegare come è possibile per un brand strategist costruire una community in cui siano presenti e numerosi i Die-Hard Followers: punto di partenza dell’autore è spiegare esattamente cosa si intende con la parola “Branding”.

Il Branding è il processo attraverso il quale si formano ricordi, emozioni e una vera e propria relazione tra il marchio e il cervello del consumatore. Obiettivo di una strategia dedicata al brand è quello di costruire tale relazione in modo tale che il legame sia talmente forte da far assumere al consumatore l’identità del marchio come se fosse la sua. Il brand deve diventare lo strumento del quale il cliente si serve per aiutare se stesso a definirsi come individuo.

Un esempio di grande successo nel branding è Harley Davidson: sono stati capaci di costruire una relazione così forte con i clienti che molti di loro si fanno chiamare “Harley Rider”, si vestono con abbigliamento e accessori del marchio e sono addirittura disposti a tatuarlo in maniera permanente sulla pelle.

Creare relazioni di questo tipo non è assolutamente semplice ed è un processo che richiede molto tempo: tuttavia, Summerfield suggerisce alcune strategie utili per iniziare a sviluppare con i propri clienti delle relazioni tali da trasformare questi ultimi in veri e propri sostenitori del brand.

1) “Brandizzare” i propri clienti: una delle azioni più potenti per creare un brand “potente” è partire da tutti i dipendenti e i clienti, promuovendo il proprio marchio come un simbolo di appartenenza ad una “tribù” molto esclusiva. In questo processo è fondamentale creare nel cliente la sensazione di essere coinvolti in qualcosa di grande, di importante che li rende migliori per il solo fatto di farvi parte.

Savvy Panda, ad esempio, invia ad ogni nuovo cliente un dono di benvenuto con adesivi, gadget, e un panda di peluche.

2) Praticare atti casuali di gentilezza: si tratta di impostare dei veri e propri programmi di “random acts of kindness”, offrendo ai clienti qualcosa di inaspettato: si tratta di un modo per scatenare una profonda emozione nel cliente. Ad esempio, è possibile individuare i clienti più attivi ed inviare loro un omaggio, specificando che lo ricevono proprio perchè sono tra i clienti migliori dell’azienda.

Un’altra possibilità è quella di individuare gli influencers nella community dei clieni e offrirgli la possibilità di visitare l’azienda per conoscere chi c’è dietro il brand.

3) Andare oltre il digitale: è facile mantenere la comunicazione con i clienti attraverso mezzi esclusivamente digitali, come le e-mail o i canali social. TUttavia, le comunicazioni digitali non sono in grado di attivare la produzione di ossitocina, una componente chiave nel processo di brand building. L’ossitocina è una sostanza chimica che il cervello umano rilascia soltanto quando interagiamo personalmente con gli altri, ed è alla base della creazione di emozioni e ricordi.

Ecco perché diventa fondamentale fare uno sforzo supplementare (in termini di costi e di tempo) per comunicare con i clienti anche attraverso canali telefonici o di persona.

4) Personalizzare: come ha detto Dale Canergie, “Il suono più dolce in qualsiasi lingua è il proprio nome”. Utilizzare il nome del cliente all’interno delle comunicazioni rende il messaggio molto più potente: occorre tenerne conto, ad esempio nella gestione della customer service e nei messaggi inviati alla clientela attraverso il web.

Oltre al nome, è fondamentale cercare di conoscere gli interessi e gli hobby del cliente per provare a personalizzare sempre di più i messaggi: può sembrare una procedura difficilmente scalabile, ma in realtà la raccolta dati oggi è molto più semplice di quanto di pensi.

In conclusione, il branding è sicuramente un’attività impegnativa e onerosa, di lungo termine, che richiede un’accurata pianificazione ed una fiducia incrollabile nel proprio marchio: ma i benefici per l’azienda che riesce ad ottenere dei Die-Hard Followers altamente fidelizzati al brand sono alti, ed è per questo motivo che i Die-Hard Followers sono l’obiettivo cui ogni marketer aspira.

Per leggere il post originale di Luke Summerfield: http://www.entrepreneur.com/article/232805

Napoli, 07/04/2014

E’ in partenza domani da Milano l’IW Digital Tour: opportunità per startup nel settore FinTech e Digital Banking

IW Digital Tour è l’iniziativa dedicata da IWBank a sostenere i giovani talenti creativi italiani con un progetto che possa favorire la crescita e l’innovazione nel settore FinTech e Digital Banking: il progetto nasce in collaborazione con Barcamper e TechGarage, cui IWBank ha affidato l’intero percorso di selezione delle migliori idee di startup per il settore bancario che potranno usufruire di un percorso di formazione e mentorship e partecipare all’evento finale dell’ITForum a Rimini il 22 e 23 maggio 2014.

Si tratta di un’iniziativa che rappresenta un ulteriore esempio dell’importanza attribuita dai maggiori attori del mondo bancario e finanziario all’innovazione tecnologica e digitale, che si affianca ad altre iniziative come CheBanca! GrandPrix Fin – Startup Program UniCredit Start Lab, anch’essi dedicati alle migliori idee innovative nel settore FinTech.

Il Barcamper partirà domani, 8 aprile, con la prima tappa dell’IW Digital Tour prevista a Milano presso la sede di IWBank in Via Cavriana, 20: in totale il tour prevede 6 tappe che attraverseranno l’Italia dall’8 aprile al 9 maggio, toccando Bologna, Roma, Bari, Padova per poi tornare a Milano per l’ultima giornata di scouting. Per presentare la propria idea di startup al team di dPixel basta prenotare uno slot per un colloquio one-to-one nella data corrispondente alla propria città: qui, il link di riferimento con le date in programma dove è possibile compilare il form di prenotazione.

Al termine del tour in Barcamper, l’IW Digital Tour prosegue con la TechWeek programmata a Milano (presso la sede IWBank) dal 12 al 16 maggio: si tratta di una settimana di formazione e mentorship intensiva dedicata ai 20 migliori progetti di startup selezionati tra i partecipanti al Barcamper, che vedrà alternarsi lezioni frontali, lavori di gruppo e momenti dedicati ai singoli progetti con particolare focus su aspetti finanziari, tecnologici e di marketing.

Tra i partecipanti alla TechWeek di Milano, saranno selezionati i 10 migliori progetti di startup che avranno l’opportunità di partecipare al TechGarage finale: l’evento si terrà durante l’ITForum, in programma a Rimini il 22 e 23 maggio e sarà l’occasione per i migliori 10 team di presentare il proprio pitch di fronte a stakeholder, giornalisti, esperti e potenziali investitori.

Per maggiori informazioni:

Napoli, 07/04/2014

Il 16 aprile a Napoli, Mobile Innovation Day 2014 di GDG Campania: tra i progetti presentati anche Pizza Now!

GDG Campania (Google Developer Group Campania) è la community campana dedicata a sviluppatori, aziende, studenti ed appassionati di tecnologie Google che nasce allo scopo di condividere tra i partecipanti discussioni ed esperienze anche attraverso l’organizzazione di eventi dedicati.

Il prossimo evento di GDG Campania è Mobile Innovation Day 2014 – Napoli, in programma per il 16 aprile presso l’Università degli Studi di Napoli “Parthenope” (Isola C4 – Centro Direzionale di Napoli).

L’inizio dell’evento è fissato per le ore 10:00 con l’intervento di apertura affidato a Fabrizio Lapiello (Founder e Group Lead di GDG Campania), il quale si occuperà dei saluti istituzionali e dell’introduzione e presentazione della giornata e dei nuovi partner della community.

Seguirà l’intervento di Raffaele Montella (Università Parthenope) sul tema “Nell’era dei server inossidabili”: si parlerà dello smartphone e delle prossime evoluzioni della tecnologia, verso il web 3.0 e “the next big fat thing”.

A seguire, Salvatore Carotenuto (Open Maker Day) parlerà ai presenti del tema “Making in action: facciamo il caffè con Android ed Arduino”, per spiegare le possibilità di automatizzazione degli elettrodomestici casalinghi attraverso Android e Bluetooth.

La giornata del Mobile Innovation Day prosegue con Francesco Baldassarri (Intel) e il suo intervento dedicato a “Android* on Intel platforms …and what it means for you, developers”, seguito da Vincenzo Chianese (MobOz Technology Srl) con una presentazione dedicata all’applicazione “TEMPUS, nel sottosuolo di napoli in realtà aumentata”.

Prossimo intervento in programma quello di Valentina Lipari (GDG Campania) dedicato a “Chromecast. The easiest way to watch online video on your tv”: si tratta di un dispositivo di streaming multimediale per il televisore controllabile da smartphone, tablet o computer portatile.

Seguirà la presentazione dedicata a “LibrEye, la prima app per comprare e vendere i tuoi libri usati”, proposta dal team composto da A. Nunziante (COO), C. Di Monaco (CTO) e S. Ranucci (CEO).

Dopo la pausa pranzo, il Mobile Innovation Day riprende alle 14:00 con l’intervento di Giovanni Meo (GDG Campania) intitolato “Google Glass: l’intelligenza elegante”: una presentazione per conoscere meglio il discusso dispositivo e per capire come una tecnologia di questo dipo possa entrare a far parte della vita quotidiana dell’utente.

Ancora, il programma prevede l’intervento di Luigi Carabiniere (0 Infinito) con “TheUndroid”, progetto dedicato al Development Mobile Device basato su un’evoluzione di Android OS.

A seguire, Alessandro Ionni (PizzaNow) presenta “PizzaNow – pizza a portata di app”: tra i progetti finalisti di VulcanicaMente: dal talento all’impresa 2, si pone l’obiettivo di “spostare l’intero mondo degli ordini dall’analogico al digitale” tenendo in considerazione i bisogni degli utenti e dei venditori.

Ultimo intervento in programma è quello di Valentina Pelliccia e Alessio Piromallo (GDG Campania) che presentano OR.C.HE.S.T.R.A. “Organization of Cultural Heritage for Smart Tourism and Real‐time Accesibility”. Si trata di un progetto di ricerca industriale e sviluppo sperimentale che offre a turisti e residenti soluzioni tecnologiche per valorizzare il patrimonio culturale del centro storico di Napoli.

Per partecipare al Mobile Innovation Day 2014 – Napoli, il form di registrazione è disponibile a questo link: http://www.eventbrite.it/e/biglietti-mobile-innovation-day-2014-napoli-11087865103

Napoli, 04/04/2014

Premio Start Up Sociali: finanziamenti fino a 25.000 euro per idee d’impresa ad utilità sociale da giovani universitari

Il Premio Start Up Sociali – “Giovani Idee per il Social Business” nasce dalla collaborazione tra Fondazione San Patrignano, Banca Prossima, Federsolidarietà-Confcooperative e Fondazione Italiana Accenture allo scopo di selezionare e sostenere le migliori idee imprenditoriali proposte da studenti universitari che si affacciano al mondo del lavoro, finanziando la creazione di nuove startup con finalità sociali.

La partecipazione al Premio è aperta a studenti universitari iscritti ad un corso di laurea di un’Università italiana o con sede in Italia, in particolare:

laureandi (che abbiano già presentato domanda di laurea) se iscritti a corsi di laurea triennale;
studenti del biennio, se iscritti a corsi di laurea magistrale.

Come accennato, le idee imprenditoriali candiadibli al Premio Start Up Sociali devono essere caratterizzate dal perseguimento di scopi di utilità sociale e da un orientamento al mercato finalizzato alla sostenibilità economica.
Nello specifico, inoltre, i progetti candidabili dovranno prevedere la costituizione di società (sono escluse le idee imprenditoriali da realizzarsi in forma individuale).

Le idee di startup dovranno inoltre avere come obiettivo principale il raggiungimento di impatti sociali positivi misurabili e in particolare:

– avere come attività principale la fornitura di prodotti/servizi a persone vulnerabili, emarginate, svantaggiate o precluse e/o l’impiego di un metodo di produzione di beni/servizi che incorpori un obiettivo sociale;
– prevedere un utilizzo esclusivo o prioritario dei propri utili per il raggiungimento di un obiettivo sociale;
– prevedere modalità di gestione responsabili e trasparenti, che coinvolgano dipendenti, clienti e stakeholder nelle proprie attività a scopo sociale;
– essere ecosostenibili.

Le candidature al Premio Start Up Sociali dovranno pervenire entro il 10/05/2014 attraverso la registrazione e compilazione del form di iscrizione alla pagina dedicata alla competition dalla piattaforma IdeaTre60: http://social.startup.ideatre60.it/

Un’apposita Commissione di esperti selezionerà le migliori startup partecipanti: le prime 5 in graduatoria potranno presentare il proprio pitch alla Giuria di Esperti durante l’evento finale di premiazione, “LH Forum San Patrignano”, che si terrà il 13 giugno 2014.

In occasione dell’evento saranno premiati i migliori 3 progetti di startup sociali, che si aggiudicheranno la possibilità di un finanziamento bancario per implementare la propria impresa (fino ad un massimo di 25.000 euro per ciascun vincitore) ed un percorso di supporto e monitoraggio per le prime fasi di startup.

Per maggiori informazioni e ulteriori dettagli, il Regolamento è disponibile a questo link: http://social.startup.ideatre60.it/upl/ckuploads/files/Regolamento%20Premio%20Start%20up%20sociali.pdf

Napoli, 04/04/2014

 

Consigli alle startup: come gestire le attività in Outsourcing?

In uno dei più recenti articoli apparsi su Tech in Asia, Terence Lee (giornalista di Singapore, esperto in startup e tecnologia) raccoglie i consigli fondamentali sulle possibilità e modalità di outsourcing per le startup raccolti in occasione di una recente tavola rotonda organizzata da Startup Jobs Asia, alla quale hanno partecipato come relatori: Michael Cheng (web developer e startupper), Jeffrey Paine (partner di Golden Gate Ventures), Brendan Goh (founder di Pirate3D, startup nel settore della stampa 3D) e Jaryl Sim (dell’agenzia di web development Tinkerbox).

Il tema dell’outsourcing rappresenta una delle prime decisioni fondamentali che una startup si trova a dover affrontare, non tanto per capire se esternalizzare o meno alcune attività, quanto per stabilire quali attività esternalizzare e in che modo farlo.
Il post di Terence Lee si propone di riassumere ed elencare i punti più interessanti del dibattito.

1) Sai cosa stai facendo?

Tutti i relatori si sono detti d’accordo sul fatto che una startup molto giovane, agli inizi del suo percorso, spesso non ha ben chiara la strada da percorrere per realizzare la propria idea imprenditoriale: in questi casi, affidare alcune attività all’esterno ricorrendo all’outsourcing potrebbe essere la strada più giusta da percorrere.

Assumere dei dipendenti quando non si è ancora sicuri dei futuri passi della propria startup è infatti un rischio, che si traduce in un possibile spreco di risorse qualora la persona assunta dovesse ritrovarsi in realtà a non poter far nulla. L’outsourcing è invece un’ottima modalità per capire se c’è bisogno di svolgere determinate attività e, di conseguenza, se è necessario assumere qualcuno che se ne occupi.

Le startup più mature, invece, potrebbero trovarsi in difficoltà con l’outsourcing: spesso, infatti, dopo le prime fasi l’infrastruttura aziendale diventa troppo grande ed intrecciata per affidare ad esterni lo svolgimento di determinate attività.

2) La startup è product-based o ad alto contenuto tecnologico?

La natura di una startup ha una rilevanza fondamentale per capire se e cosa esternalizzare: per una società di e-commerce, ad esempio, la tecnologia non è sicuramente un aspetto fondamentale. In questo caso, conviene esternalizzare la costruzione del sito web aziendale, riuscendo ad ottenere qualcosa di semplice e funzionale in maniera relativamente semplice e veloce.

Viceversa, una startup technology-based, nella quale è fondamentale la proprietà intellettuale, ha bisogno di assumere uno sviluppatore software in-house. Non è il caso, quindi, di affidarsi all’outsourcing, ma è preferibile sviluppare il codice da zero all’interno dell’azienda.

3) Che tipo di attività si vuole affidare in outsourcing?

Può essere molto difficile trovare delle persone in possesso di determinate tipologie di competenze da assumere. Pirate3D, ad esempio, ha avuto grosse difficoltà per il mechanical development, attività di importanza basilare per un’azienda che costruisce stampanti 3D.

In casi come questi l’outsourcing rappresenta una soluzione molto efficace per una startup agli inizi: con il tempo, dopo una certa crescita e dopo aver eventualmente raccolto i primi capitali, si può provare a portare le funzioni inizialmente esternalizzate in-house.

Un altro aspetto fondamentale di cui tener conto è la natura delle attività che si intende affidare in outsourcing: ad esempio, Goh afferma che è possibile esternalizzare le attività sensibili solo fin quando i fornitori non sanno come le parti da loro sviluppate si inseriscono nel processo complessivo.

In generale, il consiglio è che le attività che possono essere esternalizzate non devono essere critiche nè sensibili, il rischio deve essere sempre ridotto ai minimi termini.

4) Il fornitore prescelto è startup-oriented?

Si tratta di una discriminante fondamentale: Tinkerbox, ad esempio, è una società fortemente orientata alle startup e i suoi lavori di sviluppo software per startup rappresentano alcune delle best practices del settore.

L’atteggiamento di un fornitore startup-oriented è quello di insegnare ed educare le startup all’importanza della qualità e della produttività aziendale.

5) Nel tuo team vuoi dei generali o dei fanti?

Tutti i relatori della tavola rotonda sono stati d’accordo su un punto: i dipendenti sono solitamente disposti a lavorare di più rispetto ai fornitori.

Un fornitore in outsourcing ha sicuramente interesse a svolgere al meglio il compito che gli è stato affidato, a portare a termine il proprio lavoro nel migliore dei modi, ad aiutare la startup ad avere successo: ma c’è un confine che i fornitori non attraversano.

I dipendenti, invece, sono disposti ad andare oltre le semplici attività “di routine” per le quali sono stati assunti, perché fanno propria la vision e la mission della startup.

6) Può essere utile esternalizzare attività a società estere?

Anche se ci sono alcuni Paesi in cui determinate attività costano meno, coinvolgere persone troppo lontane ha dei costi nascosti molto ingenti. Spesso, un team costruito in questo modo è più lento e rallenta il progresso dell’intera startup.

7) Sai essere un buon cliente per i tuoi fornitori?

Un buon cliente è colui che sa esattamente ciò che vuole e sa spiegarlo al proprio fornitore: quando sceglie di ricorrere all’outsourcing, la startup deve avere un atteggiamento altamente collaborativo con i fornitori.

Inoltre, spesso una mancata corrispondenza tra i risultati finali e le aspettative del cliente dipendono da una cattiva comunicazione: bisogna saper spiegare fin dall’inizio cosa si vuole ed effettuare il più spesso possibile dei check-in per seguire i progressi del fornitore.

Nel caso in cui la startup abbia dei problemi a comunicare ogni giorno con l’agenzia fornitrice, è utile chiedere fin dall’inizio a quest’ultima di inviare dei report quotidiani.

8) Stai cercando di assumere qualcuno attraverso l’outsourcing?

Anche se può sembrare rischioso, in realtà la pratica di assumere qualcuno con delle particolari skills mentre sta lavorando per l’agenzia fornitrice è molto diffusa.

Tra i relatori, il founder di Tinkerbox spiega che il modello della sua agenzia è basato esattamente sull’attrarre persone di talento, per poi rilasciarli nuovamente sulla scena startup.

Inoltre, vedere come lavora una persona affidandogli delle attività in outsourcing per brevi periodi può essere un modo efficace ed economico per testare le sue capacità e competenze prima di assumerla.

9) Ti interessa la reputazione del tuo fornitore?

Le startup si affidano molto spesso alla reputazione dell’agenzia per prendere le proprie decisioni sull’outsourcing: si tratta di un approccio che può essere sicuramente valido. Tuttavia, Cheng mette in guardia sul fatto che le società si evolvono, e chi in passato ha lavorato male non è detto che continui a farlo.

In ogni caso, un approccio utile per testare l’efficacia dei fornitori è quello di “tenergli il guinzaglio corto”: significa affidargli dei piccoli compiti e, se svolti bene, affidargli mansioni più importanti. Si tratta di un approccio che consente di costruire la fiducia ed, eventualmente, affidare un progetto completo al fornitore.

Un altro approccio utile consiste nell’affidare un lavoro di breve durata a due o tre agenzie contemporaneamente, per stabilire i loro standard e poi scegliere il migliore.

10) Cosa pensano i vostri investitori del outsourcing?

I founders di una startup che ha raccolto capitali da investitori devono sicuramente tenere in considerazione la loro opinione quando si trovano a dover scegliere se ricorrere o meno all’outsourcing.

Paine, relatore della tavola rotonda ed investitore, ha una risposta piuttosto semplice per la questione: “Il vostro obiettivo è quello di fare quello che dovete. Che lo facciate da soli, o che paghiate qualcuno per farlo, non ha importanza”.

Inoltre, Paine spiega che spesso per le startup più mature è preferibile avere i propri team in-house, mentre le giovani startup dovrebbero affidarsi all’outsourcing almeno fino a quando non saranno pronte a gestire un team di dipendenti.

L’articolo originale è disponibile al link: http://www.techinasia.com/10-questions-outsourcing-work-startup/?utm_source=feedly&utm_reader=feedly&utm_medium=rss&utm_campaign=10-questions-outsourcing-work-startup

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