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Il Blog del CSI

Steve Blank: le sei tipologie di startup

In un articolo comparso recentemente su The Accelerators, il blog sulle startup del Wall Street JournalSteve Blank spiega come non tutte le startup sono uguali: esistono almeno sei tipologie differenti di startup, e per ciascuna di esse ci sono caratteristiche peculiari di cui tener conto.

Secondo Blank, infatti, le tipologie di startup sono: lifestyle, di piccole dimensioni, scalabile, acquisibile, sociale e all’interno di una grande azienda. I fondatori di queste aziende sono tutti imprenditori, ma ci sono differenze significative tra le persone da coinvolgere, gli strumenti di finanziamento e le strategie da mettere in pratica. Se non si tengono presenti queste differenze, scrive Blank, è probabile che si vadano ad abbassare le probabilità di successo della startup.

Nel suo articolo, Blank analizza uno alla volta le sei tipologie, partendo con quella che definisce Lifestyle Startups: Work to Live Their Passion. Gli imprenditori lifestyle sono paragonati ai surfisti californiani, che danno lezioni di surf per pagare le bollette in modo da poter stare un po’ di più in acqua. queste persone vivono la vita che amano, non lavorano per nessuno, ma per se stessi per perseguire la loro passione personale. Quello che Blank indica come “l’equivalente in Silicon Valley” è il programmatore o web designer dipendente, che ama la tecnologia e accetta lavori di coding e U/I, per poter perseguire con tali incarichi la sua passione.

La seconda “categoria” è quella che Blank definisce “Small-Business Startups: Work to Feed the Family”. Si tratta della maggioranza delle startup presenti attualmente negli Stati Uniti, nelle quali l’imprenditore è colui che gestisce direttamente l’attività. Si tratta di persone che investono il proprio capitale nel business (o quello preso in prestito da familiari e amici, o dalle banche), assumendo spesso familiari o persone del luogo come dipendenti. Spesso queste attività sono a malapena redditizie, ma nella maggior parte dei casi questi imprenditori sono quelli che Blank definisce più rappresentativi del concetto di “imprenditorialità”, in quanto lavorano con passione e dedizione creando nuovi posti di lavoro a livello locale.

Blank prosegue con le Scalable Startups: Born to Be Big: è questo terzo tipo di startup quello che tutti gli imprenditori e venture capitalist della Silicon Valley sognano. Esempi di questo tipo di startup sono nomi come Google, Twitter, Skype e Facebook: startup in cui i founders lavorano fin dal primo giorno con il desiderio di cambiare il mondo. Il loro scopo finale non è quello di guadagnarsi da vivere, bensì quello di scalare il proprio business e costruire un’azienda che verrà quotata in Borsa o acquisita con profitti di svariati milioni di dollari. Per funzionare davvero, le startup scalabili necessitano secondo Blank di venture capitalist che siano folli almeno quanto i founders: questi ultimi hanno infatti bisogno di ingenti quantità di capitale di rischio per costruire il proprio modello di business ripetibile e scalabile.

Dopo le startup scalabili, Blank esamina quelle che definisce “Buyable Startups: Acquisition Targets”. Blank spiega come negli ultimi anni i costi e i tempi per avviare una produzione nel settore delle applicazioni web e mobile sono diminuiti vertiginosamente. Ciò significa per le startup la possibilità di bypassare i VC tradizionali e rivolgersi a business angels o al crowdfunding per finanziare il proprio avvio. Il rischio per questo tipo di startup è quello di vendere per cifre tra i 5 e i 50 milioni di dollari delle imprese che in realtà potrebbero fruttare miliardi di dollari di profitti.

Blank dedica a questo punto la propria attenzione alle “Social Startups: Driven to Make a Difference”. Le startup sociali sono guidate da imprenditori che non hanno nulla da invidiare ai loro colleghi di altri settori, in termini di ambizione, passione e voglia di raggiungere gli obiettivi prefissati. La differenza rispetto alle startup scalabili sta nel fatto che il loro obiettivo è quello di rendere il mondo un posto migliore, non gli interessa prendere quote di mercato o creare ricchezza per i fondatori. Queste startup possono essere senza scopo di lucro, a scopo di lucro o ibride.

Infine, Blank spiega quali sono le caratteristiche delle “Large-Company Startups: Innovate or Evaporate”: esse nascono dalla constatazione che il ciclo di vita di una grande azienda è finito e, negli ultimi anni, si è fatto decisamente sempre più breve. Ormai è chiaro che l’approccio “Lean” non è più da riservare esclusivamente alle startup: si tratta di regole e politiche che sono molto utili anche per le grandi aziende già consolidate. Non è più sufficiente, infatti, concentrarsi sull’esecuzione e il miglioramento del modello di business esistente: per sopravvivere nel nuovo contesto economico, le grandi aziende devono puntare ad un approccio innovativo, che riesca a dar vita a nuovi modelli di business attraverso il ricorso a nuovi modelli organizzativi e nuove competenze (trovate qui un altro articolo del nostro blog su questo argomento).

In conclusione, Blank afferma che tra tutte queste tipologie di startup, differenti in termini di obiettivi di mercato, team di lavoro e strumenti di finanziamento, c’è un punto in comune: bisogna cambiare il punto di vista “classico” secondo cui le startup vanno trattate come versioni “in piccolo” delle aziende consolidate e prevedere approcci e strategie innovative che si adattino al nuovo contesto economico e siano il più possibile ripetibili e scalabili.

Napoli, 03/07/2013

 

 

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